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Magazzini e box sotto i 100mila euro, acquisti senza passare dal notaio

Magazzini, garage, depositi e, in generale, tutti i piccoli immobili ad uso non abitativo. Il disegno di legge in materia di concorrenza, approvato dal Consiglio dei ministri di venerdì, punta a semplificare notevolmente le transazioni per questi beni. Acquirente e venditore, infatti, non dovranno passare più dal notaio, ma potranno rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio. A condizione che il valore dell'operazione non superi i 100mila euro. La norma, va precisato, non è definitiva. Il Ddl, infatti, dovrà compiere il suo iter parlamentare prima di tradursi in realtà.
Un capitolo molto ampio del disegno di legge viene dedicato alla semplificazione delle professioni: si parla di accesso al notariato e di concorrenza nella professione forense. E, all'articolo 29, si affronta la questione del passaggio di proprietà di beni immobili ad uso non abitativo. Il testo qui si occupa degli «atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto la cessione o la donazione di beni immobili adibiti ad uso non abitativo» o «la modificazione di diritti sui medesimi beni». La semplificazione non riguarda tutti i casi, ma solo gli immobili di «valore catastale non superiore a 100mila euro». Quando è necessaria «l'autenticazione della relativa sottoscrizione», essa non dovrà passare per forza dal notaio.

Si tratta di un cambiamento importante, perché acquirenti e venditori, nelle transazioni che riguardano questi beni, potranno rivolgersi anche ad un'altra tipologia di professionista: gli avvocati abilitati al patrocinio, purché siano muniti di polizza assicurativa pari almeno al valore del bene dichiarato nell'atto. Quindi, per piccoli magazzini e depositi, garage e altri immobili ad uso non abitativo si abbassano notevolmente i costi e si velocizzano i tempi. Il Ddl precisa anche che le visure ipotecarie e catastali per la redazione di questi atti sono a carico «della parte acquirente, donataria o mutuataria».

La novità non è piaciuta ai notai. Il Consiglio nazionale del notariato, in una nota, spiega che con queste norme «il sistema Paese, e in particolare le fasce più deboli dei cittadini, saranno esposte a forti rischi di criminalità, abusi e frodi con un grave danno economico e sociale». Con le nuove competenze degli avvocati ci sarà «una inevitabile rarefazione delle verifiche in materia di antiriciclaggio (oggi il 91% delle segnalazioni delle professioni provengono da notai), minando l'affidabilità dei pubblici registri».

In Italia «il settore è caratterizzato da un sistema di governo pubblico che assicura trasparenza alle transazioni immobiliari e tutela le parti da eventuali vizi che possono inficiare il mercato. Ciò è possibile attraverso una sinergia virtuosa tra agenzie pubbliche e un numero programmato, e dunque controllabile, di "concessionari" (notai-pubblici ufficiali) all'avanguardia mondiale nella trasmissione digitale in sicurezza degli atti». Con il Ddl concorrenza questo sistema potrebbe crollare.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/edilizia-privata/2015-02-23/magazzini-sotto-100mila-euro-130054.php?uuid=AbpeaVHL

Nuovo catasto costruito su più dati. Riforma a invarianza di gettito in ogni Comune - Al via le commissioni censuarie

Un catasto più conforme alla delega fiscale, con invarianza di gettito a livello comunale e una base dati più ampia. È quanto emerso ieri al termine degli incontri che il vice ministro Luigi Casero, che segue la vicenda della riforma del catasto (il cui tracciato è indicato all’articolo 4 della legge 23/2014), ha avuto con i membri della mini bicamerale che deve vagliare i contenuti dei decreti legislativi prima che inizino l’iter ufficiale Governo-Parlamento.
Alla bicamerale (Casero ha incontrato separatamente i membri di Camera e Senato, a causa dell’incalzare dei lavori parlamentari) è stato presentato un sunto dei contenuti del decreto legislativo, che solo venerdì vedrà la luce al Consiglio dei ministri. A quanto risulta al Sole 24 Ore, rispetto alle versioni che circolavano sino a pochi giorni fa, salvo l’impianto generale basato sulle funzioni statistiche, sarebbero state recepite due importanti modifiche, proposte da Confedilizia e sostenute anche dal presidente della commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone.

La prima riguarda la base di dati a disposizione: mentre all’inizio si parlava di lavorare solo sulle compravendite rogitate nel triennio 2012-2014, con la conseguenza che le zone in cui elaborare gli immobili campione avrebbero dovuto essere molto larghe a causa della scarsità di acquisti nei singoli Comuni, ora si dovrebbero considerare quanto meno anche le vendite giudiziarie. Una scelta che avrà parecchie conseguenze: non solo, infatti, le zone almeno in alcuni casi, potrebbero restare di dimensioni umane, ma i valori medi da cui partire sarebbero sensibilmente più bassi, dato che il peso delle case vendute all’incanto influirebbe sulla media generale per categoria: in media alle vendite giudiziarie si realizza dalla metà a un terzo del valore di mercato. La seconda è sull’invarianza di gettito: nelle versioni di dicembre del decreto si accennava solo a un’invarianza a livello nazionale, e sui Comuni si accettava l’idea di sacrificare l’invarianza per evitare che dove lo scarto tra vecchi e nuovi valori fosse troppo elevato, complice il passaggio da vani ai metri quadrati, si creassero nuove sperequazioni. Con la rassicurazione che è stata data su un’inversione di rotta che riporterebbe al centro i singoli Comuni occorrerà poi vedere come risolvere questo problema. Va sottolineato che il dettato della delega è nel senso di un’invarianza strettamente comunale, come sottolinea Capezzone, che con Mauro Marino presiede la mini bicamerale: «Ma vedremo i testi definitivi», aggiunge Capezzone. Per Marino la scelta è positiva, «anche se rimane la sperequazione territoriale. Ma soprattutto si è ripreso si è ripreso uno spirito di collaborazione tra Governo e Parlamento».
La grande attenzione del mondo professionale sulla riforma è attestata anche dall’iniziativa, annunciata ieri, di Agefis (geometri fiscalisti) e Ifel: costituire un osservatorio per il monitoraggio dell’impatto che la revisione del Catasto avrà nell’ambito della normativa tributaria locale.
Sul fronte dell’unico decreto già approvato per la riforma del Catasto, quello sulle commissioni censuarie, che hanno una funzione chiave perché devono validare le funzioni statistiche catastali indispensabili per attribuire i nuovi valori, l’agenzia delle Entrate ha diffuso ieri la circolare 3/E che ricorda le procedure di attivazione e sollecita i direttori regionali per i necessari adempimenti.
Mentre nella prima parte vengono riassunte le competenze delle commissioni censuarie, in parte dettate dal nuovo Dlgs in aggiunta a quelle già definite dal titolo III del Dpr 650/73 (modificato dal Dpr 138/98), nella seconda si riprendono le fila dell’iter procedurale per la formazione.
Il primo passo deve essere fatto proprio dai direttori regionali dell’Agenzia, che devono richiedere tramite Pec ai dipendenti uffici provinciali dell’ex Territorio, ai prefetti, all’Anci e alle Province autonome di Trento e Bolzano di designare i candidati a occupare le poltrone nelle commissioni locali. Richiesta che andrà indirizzata per conoscenza anche al presidente del Tribunale competente. Gli uffici provinciali del Territorio dovranno, entro 60 giorni, inviare al presidente del Tribunale l’elenco dei nomi proposti in numero almeno doppio rispetto alle necessità. Tra questi il presidente del Tribunale farà la sua scelta nei 30 giorni successivi. In mancanza di designazioni, provvederà attingendo dall’albo dei consulenti tecnici d’ufficio del Tribunale. A questo punto il presidente del Tribunale invierà i nomi scelti al direttore regionale delle Entrate, cui spetta l’ultimo atto della procedura con un «decreto di nomina». Per la commissione censuaria centrale l’iter è identico ma parte dall’Agenzia a livello centrale.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&issue=20150219&edizione=SOLE&startpage=1&displaypages=2

La dismissione dell'impianto centralizzato va fatta all'unanimità

Deliberare di dismettere l'impianto centralizzato di riscaldamento senza il consenso unanime dei partecipanti al condominio può costare caro al condominio.
Quest'ultimo, infatti, può essere citato in giudizio dal condomino dissenziente per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di tale soppressione (procedimento giudiziario da parte dei conduttori perché non potevano fruire del servizio di riscaldamento, a seguito della dismissione dello stesso, e di cui ne rivendicavano il diritto previsto nel contratto per l'intero periodo della locazione).
Nella fattispecie la Corte di Cassazione (sent. n. 862/2015), preso atto della nullità della delibera di dismissione dichiarata dalla Corte di Appello, rinviava nuovamente alla corte di merito in diversa composizione, affinché valutasse la richiesta di risarcimento del danno cagionato, al condomino attore, dall'illegittimo comportamento dei condomini che lo avevano privato dell'impianto.

Pur essendo la fattispecie riconducibile a due delibere, una del 1987 (ante L. 10/1991, quando i condomini decisero di non eseguire il lavori di sostituzione della caldaia perché troppo onerosi) e l'altra del 1992 (post 10/91, nella quale gli stessi rinunciavano ad ogni ipotesi di ripristino dell'impianto senza che nessun progetto era stato presentato ex art. 28 della legge 10/91), volendola analizzare alla luce della normativa attuale, si potrebbe dire che, in linea di principio, non è più possibile la trasformazione degli impianti centralizzati in impianti unifamiliari a gas senza il consenso unanime, proprio come richiesto prima dell'entrata in vigore della legge 10/91 (Trib. di Roma n.19966/2010).
Ed invero, l'art. 26, comma 2 della legge 10/1991 nota come "Legge sul risparmio energetico" disponeva che "per gli interventi in parti comuni di edifici volti al contenimento del consumo energetico……, compresi quelli di cui all'art. 8" (trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas….), sono valide le relative decisioni "prese a maggioranza delle quote millesimali ".
Solo successivamente, a seguito di numerose modifiche subite dall'art. 26 cit. - non prive di disquisizioni interpretative dottrinarie – scomparve il richiamo all'art. 8 ( D. Lgs n. 311/2006) per cui, conseguentemente, l'intervento finalizzato alla trasformazione degli impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas necessitava del consenso unanime dei partecipanti al condominio.

Tuttavia, le possibilità di poter eseguire oggi tale trasformazione sono molto scarse perché il DPR n. 59/2009 ha disposto che in tutti gli edifici già esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 (o con una particolare potenza nominale del generatore di calore) è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti e, in caso di ristrutturazione o di installazione dell'impianto termico, è obbligatorio, ove tecnicamente possibile, l'adozione dei sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore ( salvo impedimenti tecnici da evidenziarsi nella relazione tecnica) da deliberarsi ex art. 1120 comma 2 c.c.; l'adozione di tali sistemi è divenuta obbligatoria, poi, negli edifici di nuova costruzione la cui concessione edilizia sia stata rilasciata dopo il 2006 (Dlgs 311/2006) e lo sarà per tutti gli edifici con riscaldamento centralizzato entro il 31 dicembre 2016 (D. Lgs. n. 102/2014). L'adeguamento è obbligatorio per tutti i condomini, per cui il rischio che il conduttore rimanga privo di riscaldamento, sembrerebbe scongiurato.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/condominio/2015-02-16/dismissione-impianto-centralizzato-fatta-193832.php?uuid=AbPJwgDL

Gli operatori iniziano a credere in una ripresa del mattone

Sarà finalmente il 2015 l’anno in cui il settore immobiliare italiano uscirà dalla crisi? Tutti se lo augurano e molti iniziano a crederci, complice l’arrivo degli investitori internazionali, la debolezza dell’euro e occasioni sul mercato. Una ulteriore speranza arriva oggi dalle rilevazioni dell’indice Fiups, che rappresenta graficamente il sentiment degli operatori, e che passa da 18 (nella prima rilevazione del 2011) a 19,5 nel quarto quadrimestre 2014. Il valore si era attestato a 17,98 nel secondo quadrimestre 2014.

L’indice elaborato dall`Università degli Studi di Parma in collaborazione con Sorgente Group Spa e Federimmobiliare sottolinea come stiano aumentando gli investimenti sul mattone, in particolare quelli degli investitori istituzionali, come si accorcino i tempi di vendita degli immobili e le banche stiano riaprendo le linee di credito. Su quest’ultimo punto qualche esperto però non è concorde.

Secondo l’osservatorio in questione, gli operatori del settore immobiliare scommettono sull'uscita del Paese dalla crisi quest'anno e sulla ripresa dell'attività del comparto. «Incidono molto - sottolinea la ricerca - le aspettative del panel degli operatori e dei professionisti, secondo i quali la propria attività migliorerà nei prossimi mesi: lo sostiene il 50,7% degli intervistati contro il 36,7 dello scorso quadrimestre. Solo il 7% pensa invece ad un ridimensionamento, contro il 21,11% dell`anno scorso. Interessante il dato di chi pensa di assumere nuovo personale (32,79%) contro lo scarso 4,92% degli operatori che intende invece effettuare licenziamenti».

Sulla scia di Expo 2015, le interviste evidenziano come si stimi una crescita dei prezzi o almeno una stabilità, superando la caduta degli anni precedenti, soprattutto per alberghi e negozi. Rilevante è la stima di una riduzione dei tempi di compravendita.

Nel panorama italiano è l’area del Nord Est a brillare per attrattività, sia nel residenziale che nell'industriale e alberghiero, al Sud solo Roma desta l'interesse per le residenze secondo il 47% degli intervistati. Va leggermente meglio il Sud per il 17,65% degli operatori, che considerano redditizio soprattutto il settore degli hotel. Cambia poco nei principali mercati immobiliari italiani rispetto agli anni scorsi: Roma è al primo posto per le opportunità di business nel residenziale, nel commerciale e nell'alberghiero, mentre Milano vince su uffici e nel settore industriale. Tra le novità Bologna che conquista posizioni per le offerte immobiliari sugli uffici e sui negozi, e compare anche Padova, new entry nella classifica.
Tra le località di vacanza, Portofino è ai primi posti per il residenziale mentre Capri ha una vocazione piuttosto commerciale.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/real-estate/2015-02-18/operatori-iniziano-credere-ripresa-155529.php?uuid=Abb90vEL 

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