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Social Housing: casa efficiente e a basso costo

Case belle, efficienti, “vivibili” e a basso costo? Grazie alla collaborazione tra pubblico e privato non sono più una chimera. Sul territorio diversi progetti stanno diventando realtà, come dimostrano gli esempi illustrati in questa pagina. Le diverse formule proposte di affitti low cost rappresentano la via italiana al social housing, un tipo di edilizia che sembra finalmente decollare, dopo anni di incertezze, anche nel nostro Paese.

L'idea di fondo è semplice: grazie a concessioni e finanziamenti pubblici, i privati sviluppano complessi residenziali da dedicare, almeno in parte, alle fasce più deboli della popolazione. 

Il mix nell’offerta prevede quasi sempre diverse formule: affitto calmierato, vendite a prezzi convenzionati, riscatto della proprietà nel lungo periodo. Il risultato sono abitazioni “sociali” (quindi più accessibili) di cui gli italiani hanno sempre più bisogno, in tempi di crisi: più calano i redditi, più crescono le disuguaglianze, e maggiore è il fabbisogno di abitazioni da assegnare a canone “sociale”.

La soglia di sostenibilità di una locazione si aggira intorno al 25% del reddito dichiarato da una famiglia. A dirlo è una ricerca realizzata da Caire, cooperativa architetti e ingegneri, insieme alla Camera di Commercio, al Comune e all’Acer (azienda per il diritto alla casa) di Reggio Emilia. L'indagine fotografa il progressivo impoverimento del territorio (nel Modenese metà delle famiglie ha registrato redditi in calo oltre il 10%) e definisce, per le diverse fasce di reddito, il tetto di sostenibilità dei canoni d’affitto: rispetto all’offerta attuale le maggiori criticità emergono sotto gli 11mila euro. Queste famiglie spesso sul mercato non trovano una risposta adeguata. Ecco perché le politiche di social housing devono rivolgersi soprattutto a questo target, promuovendo la costruzione di alloggi a basso costo sul territorio.

In questa direzione si muovono le scelte di Cdp Investimenti Sgr, impegnata ormai da diversi anni con il «fondo dei fondi» Fia (Fondi investimenti per l'abitare, attivo a livello nazionale dal 2010). Finora sono stati approvati progetti che impegnano tre quarti dei 2 miliardi messi a disposizione del fondo ed entro il 2015 verrà completata l’approvazione degli accordi. Tra gli ultimi, ad esempio, lo scorso febbraio Cdp ha siglato con il Comune di Reggio Emilia e Acer un impegno da 10 milioni di euro per realizzare 100 alloggi sociali da locare a canoni calmierati e vendere a prezzi convenzionati alle famiglie in difficoltà. Finora Cdp Investimenti Sgr ha deliberato investimenti per 1.515 milioni di euro, attraverso 27 fondi immobiliari locali gestiti sul territorio da 11 Sgr. In tutto sono previsti oltre 220 progetti. L’obiettivo è realizzare 14.081 alloggi sociali e 6.783 posti letto in residenze temporanee.

In questa fase diventa sempre più importante accompagnare le operazioni, dopo la prima iniezione di liquidità, e definire un mix nell’offerta finale capace di rispondere davvero al fabbisogno del territorio. L’analisi di posizionamento dell’operazione rispetto alla domanda locale, insieme alla qualità abitativa, sono le principali chiavi di successo del social housing. Rispetto alle prime operazioni, infatti, oggi il Fia preferisce focalizzarsi sull’affitto a lungo termine o con riscatto, riducendo al minimo la quota di appartamenti messi in vendita, incrementando il sostegno ai progetti esistenti e ai fondi immobiliari locali più virtuosi, senza disperdere le risorse.

Ci vorranno anni, però, per iniziare a vedere i primi risultati. Basta pensare, ad esempio, che ce ne sono voluti circa otto per arrivare a inaugurare Cascina Merlata (nel 2007 l'acquisto delle aree da parte di EuroMilano): il villaggio da 397 alloggi, che oggi ospita 1.334 delegati da tutto il mondo per Expo 2015, al termine della manifestazione (a ottobre) sarà convertito in residenze “sociali”. 

Fonte articolo: quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web

Quanti stipendi occorrono per comprare casa?

 

Il mercato immobiliare è sempre più sovente oggetto di studi e osservatori che ne parlano in maniera approfondita con la consapevolezza che il mattone, in linea generale, è lo specchio della situazione economica di un Paese e del suo momento storico. Le valutazioni a cui siamo abituati, i report di cui leggiamo quasi giornalmente, misurano questo settore in base al rapporto del prezzo di vendita al metro quadro; l’ultima analisi di Tecnocasa, però, misura tutto in base a un nuovo parametro: il numero di stipendi che servono agli italiani per comprare casa.


L’analisi non ha calcolato il numero di anni che servono a un italiano per comprare la casa dei suoi sogni, ma quelli che servono per comprarne una piuttosto “normale”, ovvero un immobile usato di 65 metri quadri.

Ebbene i calcoli riferiti all’appena chiuso 2014 rivelano che per l’agognata residenza servono ben 5,8 anni di lavoro e di stipendi interamente versati sul conto casa.
La notizia ha diverse possibilità di interpretazione: se da una parte il bicchiere mezzo vuoto rivela come bisognerebbe lavorare (e basta) quasi sei anni per pagarsi una casa; chi ama vedere il lato positivo delle cose, apprezzerà sapere che il numero di annualità rispetto al 2013 è sceso di ben due mensilità, visto che due anni fa servivano esattamente sei anni di lavoro a tempo pieno per lo stesso tipo di immobile. Servono ancora meno stipendi se si confrontano i dati relativi al 2006/2007, anni pre-crisi in cui erano necessari ben 8,6 anni di stipendio.


Ovviamente il calo va di pari passo con quello dei prezzi che dall’inizio della crisi è stata, come sappiamo, una costante del mattone insieme a quello delle compravendite. Ma nel 2014 si è profilata una mini ripresa dal punto di vista del numero delle transazioni immobiliari e gli esperti del gruppo Tecnocasa si sbottonano anche per ciò che sarà questo 2015 che, a detta loro, vedrà continuare questo trend di risalita. Se le transazioni aumenteranno, i prezzi continueranno a scendere, come si legge nello studio, in un range stabilito da -1 a -3%. 


Le città. Se si vuole puntare la lente sulle singole città italiane, Roma è quella in cui c’è un maggiore dislivello tra i prezzi e il numero di stipendi che servono a comprare un immobile: nella Capitale si supera la media nazionale e bisogna lavorare per ben 9,5 anni. Anche Milano va oltre e qui servono 7,9 anni di lavoro per un immobile da 65 metri quadri. Le città in cui, di contro, servono meno anni di lavoro sono Palermo Verona: qui i cittadini si possono dire fortunati e a loro bastano rispettivamente 3,6 e 3,9 anni di duro impegno per pagarsi una casa.


Differenze col periodo pre-crisi. 
Nonostante serva uno dei più alti numeri di buste paga, il capoluogo meneghino è quello che ha visto più di tutti abbassarsi il numero di annualità necessarie a coprire il costo di una casa tipo: nel 2004, infatti, ne servivano 11,1. Se a Milano la variazione dall’inizio della crisi è stata la più evidente, anche a Bologna Firenze si è ridotto il numero dei mesi di stipendio da destinare per l’acquisto di un immobile: nel capoluogo dell’Emilia Romagna il calo è stato di 3 annualità, mentre a Firenze si parla di 3,1. L’unica a tenere, stando allo studio, è proprio Roma.


Fonte articolo: http://news.immobiliare.it/quanto-si-lavora-per-comprare-casa-21206

Aumento tassazione per i terreni incolti

Per tutti i terreni non coltivati (agricoli o edificabili), dal 2014 non è più possibile beneficiare della detassazione del reddito agrario, in quanto il decreto competitività 2014 (Dl 91/2014), ha abrogato questa agevolazione. Non è più possibile neanche ridurre il reddito dominicale del 70%, nel caso in cui il terreno non locato sia esente da Imu e, quindi, sia assoggettato ad Irpef e alle relative addizionali.

Questo aumento di tassazione è confermato dall’eliminazione del codice 1, relativo alla “mancata coltivazione”, nella colonna 7 del quadro RA del modello Unico e del 730. Questo codice è sparito anche nel modello precompilato da parte dell’agenzia delle Entrate, in corrispondenza dei terreni non coltivati, che lo scorso anno lo utilizzavano, per beneficiare dei due incentivi per il calcolo del reddito del 2013.

In generale, il reddito fondiario dei terreni è la somma di quello dominicale e di quello agrario e queste due componenti vanno dichiarate, indipendentemente dalla loro percezione, da chi possiede il fondo a titolo di proprietà, di enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale.

Principio di sostituzione 
Solo per i redditi dominicali dei terreni non affittati (come per quelli dei fabbricati non locati), l’Irpef e le relative addizionali non sono dovute, perché sono sostituite dall’Imu, mentre continua ad essere tassato il reddito agrario. Quindi, sul reddito dominicale dei terreni non affittati non va pagata l’Irpef in tutte le ipotesi in cui è dovuta l’Imu, anche quando l’imposta è solo giuridicamente dovuta, ma non è stata versata, ad esempio per effetto del riconoscimento delle detrazioni o perché l’importo è inferiore al minimo da versare.
L’Irpef è dovuta sul reddito dominicale, però, se il terreno non affittato è esente dall’Imu (casella 9, “Imu non dovuta”, del quadro RA di Unico o del 730), come ad esempio nel caso dei terreni agricoli ubicati nei Comuni montani in base al decreto 28 novembre 2014 e al decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4 (e descritti nel paragrafo “Terreni esenti Imu” delle istruzioni di Unico pf 2015).

Mancata coltivazione 
Fino allo scorso anno, per beneficiare della riduzione del 70% del reddito dominicale dei terreni (agricoli o edificabili) contemporaneamente non coltivati, non affittati ed esenti da Imu (quindi, tassati ad Irpef), di quelli locati, ma non coltivati ovvero per non tassare ad Irpef e alle relative addizionali il reddito agrario dei terreni non coltivati, i contribuenti potevano dichiarare nel 730 o nel modello Unico, che il terreno non era stato «coltivato, neppure in parte, per un’intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria», indicando nella colonna 7 (“casi particolari”) del quadro A il codice 1 (o il codice 5 per i terreni dati in affitto per usi agricoli a giovani sotto i 40 anni). L’articolo 7, comma 3, decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, però, ha abrogato dal 2014 queste due agevolazioni previste dagli articoli 31, comma 1 e 35 del Tuir. 

La novità riguarda tutti i contribuenti, quindi, dal 2014 (Unico 2015 o 730 2015), per questi terreni incolti, i redditi dominicali devono essere aumentati (per quelli non locati, solo se vige l’esenzione da Imu) e quelli agrari devono essere tassati ex novo, ad esempio, da parte di tutte le persone fisiche, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno una partita Iva “agricola”.
Sono interessati da questo aumento di tassazione anche gli imprenditori e le società che hanno terreni “patrimonio” incolti (quelli locati a terzi o non utilizzati per l’attività) ovvero gli agricoltori che hanno terreni incolti (di proprietà o ricevuti in affitto), indipendentemente dal regime adottato e dal loro volume d’affari, superiore o meno ai 7mila euro.
Anche le società semplici e le Snc, Sas e Srl agricole devono aumentare il loro reddito imponibile per gli eventuali terreni incolti. 

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20150505&startpage=1&displaypages=2

Il Real Estate riparte da Milano

Un fermento nuovo permea Milano. La sfilata di star giovedì scorso all’inaugurazione dello spazio Silos di Giorgio Armani o la coda chilometrica di chi si mette in fila per un biglietto dell’Expo 2015 ne sono un esempio. Energia che si respira anche sul fronte immobiliare. Perché è questa la meta italiana dove i capitali internazionali cercano “casa”.
Metropoli del mondo messa quasi sullo stesso asse delle capitali europee, Milano ha ritrovato la vitalità e la creatività della città “da bere” degli anni Ottanta, ripulita da eccessi e sbavature. 
Buona parte di quel 70% di investitori esteri che nell’ultimo anno hanno dominato il real estate italiano ha scelto le strade all’ombra della Madonnina come meta principale, ripiegando su altri centri soltanto per la mancanza di offerta. E la città si offre con una skyline di grattacieli ultramoderni, alcuni incoronati tra i più belli del mondo come è avvenuto per il Bosco Verticale di Stefano Boeri.

 

Dagli investitori meno conosciuti alle operazioni con protagonisti noti, come l’acquisto da parte del fondo sovrano del Qatar del 100% del complesso Porta Nuova sviluppato da Hines Italia (in due tranche, l’ultima del 60% siglata a fine febbraio e per la quale l’emiro avrebbe speso tra i 500 e i 700 milioni di euro di equity, il resto è debito), il real estate raccoglie dopo quasi sette anni di crisi la forte liquidità che viaggia nel mondo in cerca di rendimenti appetibili e da qualche mese anche il ritorno di interesse dei compratori con una moneta “forte” rispetto all’euro. Ed è sempre qui che ha fatto il suo primo acquisto italiano poco più di una decina di giorni fa la conglomerata cinese Fosun, sbaragliando la concorrenza con un’offerta di 345 milioni di euro per lo storico Palazzo Broggi, ex sede di Unicredit in piazza Cordusio. 

Sul fronte residenziale il capoluogo lombardo conta sei trimestri consecutivi – da giugno 2013 fino a fine 2014 - di rialzi nelle compravendite (15.899 le transazioni registrate nel 2014, in aumento del 9,4% su un anno prima). Negli ultimi tempi, e i numeri si vedranno nelle prossime rilevazioni dell’Osservatorio dell’agenzia delle Entrate, anche la debolezza dell’euro e la risonanza dell’Expo hanno riportato potenziali acquirenti privati da Stati Uniti, Inghilterra, Asia e Medio Oriente a considerare di investire qui. Ma anche di molti svizzeri che contano sugli sconti dovuti alla rivalutazione del franco. 
I compratori internazionali cercano alloggio nelle molte riqualificazioni di lusso, quasi tutte in centro, che recuperano palazzi storici e li mettono sul mercato oggi, lontano dai tempi d’oro ma ancora con prezzi elevati, spesso oltre 10mila euro al metro quadrato. Dalle residenze di via Illica disegnate da Michele De Lucchi (da 12mila al metro quadrato) all’indirizzo Ponte Vetero 16-18 dove un edificio nuovo si compone di appartamenti i cui prezzi variano tra 11mila e 13mila euro al metro quadro. 

Nella partita degli immobili non residenziali il fondo americano Blackstone è stato unico player per qualche mese, il primo a scommettere sul nostro Paese, senza aspettare crolli delle quotazioni del mattone come avvenuto in Spagna e Irlanda, Paesi con i quali siamo stati a lungo gemellati dai più. E il fondo Usa ha scelto di concentrare il proprio patrimonio a Milano, dove ha rilevato diversi complessi per uffici in zone centrali, l’ex Palazzo delle Poste in piazza Cordusio e prima ancora la storica sede del Corriere della Sera in via Solferino. 

"Se nel 2014 c’erano dieci investitori internazionali che compravano immobili in Italia, oggi sono 50 – dice Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari -. L’offerta è scarsa, ma sul mercato arriveranno alcuni miliardi di euro di edifici dai fondi immobiliari che devono dismettere il patrimonio perché arrivati a scadenza". 
Le operazioni di sviluppo in città non mancano, ma molte sono state bloccate per anni. Si spera che l’ondata di liquidità e i tassi di interesse al lumicino le facciano ripartire. La più attesa, e discussa, è quella del Portello, dove potrebbe arrivare lo stadio del Milan o un centro per i cittadini tra arte e musica (il Magnete di Prelios sembra l’altro dei quattro progetti in pole position). Ci sono ampie aree con potenzialità di recupero all’interno della città. E un segmento che viaggia proprio sul filo della trasformazione è quello degli hotel, che sta beneficiando dell’effetto Expo. Oltre al Gallia appena aperto e al Mandarin, non sono pochi gli investitori internazionali che cercano palazzi in centro da riconvertire in alberghi extra lusso “all suite”. Per i quali si potrebbero recuperare, con regole più elastiche per il cambio di destinazione d’uso, parte di quel milione e più di metri quadrati di uffici sfitti in città e che solo in parte saranno riassorbiti dal mercato direzionale. 
L’ultima sfida sarà la riconversione delle aree dove oggi sorgono i padiglioni dell’Esposizione Universale. Ma i valori in gioco sono alti e non è facile prevedere a breve sviluppi positivi.

Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20150505&startpage=1&displaypages=2

 

 

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