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Quali immobili rendono di più?

Nel corso del 2016 sono saliti i rendimenti di abitazioni e immobili ad uso commerciale (rispettivamente del 5,3 e del 7,6%) mentre sono scesi quelli di uffici e box (6,7 e 4,7%).


Lo rileva l’ultima analisi condotta dall’ufficio studi di idealista, che mette in relazione i prezzi di vendita e affitto delle diverse tipologie immobiliari per calcolare il loro rendimento lordo.

 

Acquistare un immobile di qualsiasi tipologia per metterlo a reddito produce rendimenti superiori a quelli dei Buoni del Tesoro a 10 anni attestatosi all’1,4% nell’anno appena trascorso.

Rendimenti nel residenziale

Tra le città capoluogo italiane, Biella (8,1%) è al top dei rendimenti per quanto riguarda le abitazioni, seguita da Vercelli (8%) e Brindisi (7,8%). Si tratta di città dove i prezzi delle case sono più contenuti rispetto alla media e questo incide positivamente sui rendimenti.


La redditività più alta a livello di grandi centri spetta a Milano (5,9%), dove i rendimenti sono sopra la media nazionale, dopo il rimbalzo dello 0,4% dell’anno appena trascorso; mentre Roma, con un rendimento pari al 5,1%, si colloca poco sotto la media nazionale in compagnia di altri 48 comuni. Nella parte bassa della graduatoria troviamo 10 centri con redditività inferiore al 4%, di questi ben 3 sono in Campania, con Napoli (3,9%), Caserta e Avellino (3,7%), che precedono il fanalino di coda Siena, con il suo 3,6%.

Rendimenti dei locali commerciali (no capannoni)

Il settore retail è il prodotto con i maggiori tassi di rendimento nelle città italiane monitorate, in lieve incremento rispetto al 2015. Nel segmento commerciale i picchi si raggiungono in Toscana, a Grossetto (18,8%) e Firenze (17,5%), seguite da Milano (16,1%%).


A due cifre i ritorni di altre 12 città, da Rimini (13%) a Roma (10%). Tra i capoluoghi di regione ritorni importanti anche a Torino (12%), Bologna  (11,9 %) e Genova (11%). All’opposto le peggiori performance dei negozi si registrano a Caserta (5,9%), Trento (5,4%) e Vercelli (4,8%).


Rendimenti degli uffici

Registra una lieve flessione il settore degli uffici dove Bergamo primeggia garantendo un 7,3% di rendimento lordo, seguita da Catania (6,8%), stabile sopra la media nazionale, e Milano (6,7%) che rimane particolarmente ambita per gli investimenti in uffici. Roma (6,1%), dove i valori di mercato sono i più alti d’Italia con 3.735 euro al metro quadro, e Napoli (5,2%) si segnalano in calo per via della flessione dei canoni d’affitto nel corso del 2016 dovuta all’andamento lento del mercato del lavoro.


Rendimento dei box

I box auto sono il prodotto meno profittevole per gli investitori in quasi tutti i mercati monitorati, con rendimenti lordi comunque nettamente superiori ai buoni a 10 anni,  anche nel “caso limite” di Firenze (1,9%). Delle 11 città monitorate, Monza (5,1%) è la più profittevole, seguita da Trieste e Bologna (4,6%). A Milano (4,4%), Roma (4,3%) e Napoli (3,5%) rendimenti decisamente meno vantaggiosi di un anno fa, segno che, in una situazione d’incertezza economica,  pochi sono disposti a investire per il posto auto così i proprietari hanno dovuto abbassare pretese e i rendimenti sono in calo.


Fonte articolo: Simplybiz.eu/immobiliare-idealista

Donazione ai figli: i problemi di natura fiscale

Accade spesso che un genitore decida di acquistare una casa al proprio figlio. Attenzione però. In questo caso, infatti, si possono presentare problemi di natura fiscale con l’Agenzia delle Entrate e con gli altri eventuali eredi.


Come sottolineato da La legge per tuttiquesti problemi possono emergere anche a distanza di diversi anni. E’ bene dunque che operazioni di questo tipo avvengano nel modo più trasparente possibile.

 

Nel caso della donazione della casa al figlio, l’atto può essere considerato “definitivo” solo dopo un anno. Nei primi 12 mesi, i creditori del genitore possono pignorare l’immobile nonostante esso sia stato già trasferito ed entrato nel patrimonio del figlio.
Per fare ciò, essi dovranno trascrivere il pignoramento nei registri immobiliari entro un anno dall’atto notarile di donazione. Una volta compiuto tale adempimento, il figlio, benché nuovo titolare della casa, può essere espropriato per i debiti del padre.


Per cinque anni ci può essere poi la revocatoria. Dopo il primo anno, infatti, ce ne sono altri quattro in cui la donazione può essere revocata.
Il creditore può intraprendere la cosiddetta azione revocatoria di tutte quelle donazioni o atti di vendita che abbiano leso i suoi interessi e che risultino essere stati compiuti in “malafede”, che è presunta tutte le volte in cui il debitore, all’esito della cessione, rimane senza beni tali da garantire ai suoi creditori un efficace pignoramento e una tutela delle proprie ragioni.
La donazione è revocabile anche se il creditore non ha ancora agito in causa per il recupero del credito o anche se il debitore ha proposto una formale contestazione contro la richiesta di pagamento.


Ma non finisce qui. Se il debito è di natura fiscale per Iva o Irpef e l’importo supera 50mila euro, e nello stesso tempo risulta che il donante non ha altri beni pignorabili, si verifica anche un illecito penale. In questo caso, scatta il reato di sottrazione fraudolenta alle imposte.


Fonte articolo: Idealista.it

 

Domotica: 1 italiano su 4 ha un dispositivo intelligente

L'internet delle cose, cioè gli oggetti connessi alla Rete presenti nelle abitazioni, entra sempre di più anche nelle case degli italiani.


Il giro di affari legato alla smart home in Italia sul 2015), ma soprattutto – secondo la ricerca Smart Home dell'Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano – ha ancora un potenziale di crescita molto elevato.



Secondo il report, il 26% dei consumatori dispone di almeno un oggetto “intelligente”, con sicurezza e gestione energetica che la fanno da padrone. Il 58% ha intenzione di acquistarne in futuro, probabilmente anche in attesa di offerte più complete e accattivanti, dato che, secondo l'indagine effettuata in collaborazione con la Doxa, il 50% dei consumatori ritiene che le tecnologie non siano ancora abbastanza mature e che il 67% teme rischi per la sicurezza dei propri dati personali.
L’82% del mercato è ancora legato alla filiera tradizionale, composta da installatori e distributori di materiale elettrico, ma cresce la quota dei “nuovi” canali come ecommerce e assicurazioni, che insieme rappresentano il 18% del settore (circa 30 milioni di euro).


Un terzo dei prodotti sul mercato sono dedicati alla sicurezza (videocamere di sorveglianza, serrature, videocitofoni connessi e sensori di movimento), seguono controllo remoto degli elettrodomestici (10%), gestione dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento (8%), monitoraggio dei consumi dei dispositivi elettrici (10%). 

Se oggi il 52% delle soluzioni è offerto da startup, i brand più affermati (Google Home, Amazon Echo, Nest di Apple) stanno aggredendo il mercato e questo secondo i ricercatori del Politecnico "spingerà certamente lo sviluppo della casa connessa, renderà più facile l'interoperabilità tra i vari oggetti (che resta ancora una grande barriera) e sarà fondamentale per aumentare la fiducia dei consumatori".


"Verso la casa connessa oggi si muovono grandi player globali, startup, retailer, produttori, assicurazioni, utility e operatori delle telecomunicazioni. Per aprire davvero la porta all'innovazione – dice Angela Tumino, direttore dell'Osservatorio Internet of Things – è fondamentale offrire nuovi servizi ai consumatori: quelli più elementari come l'installazione, ancora indispensabile per una fetta importante della popolazione, e quelli evoluti che possano convincere gli utenti ancora scettici sul valore di una casa connessa".


"Le applicazioni smart home consentono di raccogliere moltissimi dati sul funzionamento dei dispositivi connessi e sul comportamento delle persone nell'abitazione: questo sarà uno degli aspetti cruciali per lo sviluppo del mercato, anche se le strategie per la valorizzazione dei dati sono ancora poco definite dalle aziende – aggiunge il ricercatore Giulio Salvadori – ed è fondamentale prestare molta attenzione alla tutela della privacy e della sicurezza, perché i consumatori sono tendenzialmente restii a condividere i propri dati, a meno di ricevere in cambio vantaggi concreti".


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

La riqualificazione immobiliare è oggi il futuro

In Italia non si edificano più nuove case, mentre lo stock residenziale italiano è vetusto perché costruito, per la maggior parte, prima del 1990.


Cambiano la domanda e la richiesta da parte di affitta o compra casa, mentre rimangono vuoti o inutilizzati milioni di metri quadri in tutta Italia

 

Ma se a prima vista queste possono sembrare difficoltà critiche, dall'altra parte rappresentano un'enorme opportunità.
Secondo il “Primo Rapporto sul recupero edilizio in Italia”, realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con Paspartu Italy e presentato a Milano, in Italia il 62,2% degli immobili è stato costruito prima del 1990 (il 30,1 per cento addirittura prima del 1970). Un patrimonio superato, energivoro, spesso inadeguato a rispondere alla domanda che si è venuta a creare in questi anni. D'altro canto esistono sul mercato almeno 147 milioni di metri quadrati di immobili vuoti e pronti ad essere venduti, in contrasto con quei 123 milioni di metri quadrati inadatti e tutti da ristrutturare.


Con questo quadro risulta evidente come il recupero del patrimonio immobiliare possa rappresentare oggi una delle migliori opportunità per tutto il settore: un mercato potenziale di 50 miliardi di euro. “Dobbiamo creare un nuovo mercato”, spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. “E questo ruolo può essere ricoperto dalla ristrutturazione del patrimonio esistente. Interventi che possono realizzare case più comode, più fruibili, più belle. Non possiamo più consumare territorio, per questo dobbiamo intervenire sui palazzi, non solo sui singoli appartamenti”.


Il mattone pare non essere più il bene rifugio, soprattutto per le nuove generazioni. L'acquisto della casa non è più una priorità, sia per le mutate condizioni economiche dei cosiddetti Millenials (generazioni che vanno circa dai 25 ai 40 anni), più povere rispetto alle generazioni precedenti, sia a causa di un cambiamento negli stili di vita. Sharing economy, sostenibilità ambientale, precarietà lavorativa hanno cambiato profondamente la domanda: ora la casa deve essere tecnologicamente avanzata, sicura, pensata per il risparmio energetico e l'utilizzo di materiali naturali, o comunque salubri. “È necessario cominciare a progettare considerando la corretta localizzazione ed orientamento, l'ermeticità della costruzione ma anche il controllo della ventilazione, con apparecchi e sistemi di energia rinnovabile”, si legge nel rapporto.


“Oggi si chiede una casa online, efficiente, salubre”, spiega Gaetano Coraggio, chief executive officer di Paspartu. “Le nostre case dovranno assomigliare sempre più a delle automobili, customizzabili e da revisionare negli anni, per mantenerle efficienti. L'imperativo è quello di puntare verso la rigenerazione urbana”.
In uno scenario dove il 19% delle compravendite, con punte del 25 per cento a Napoli, riguarda case da ristrutturare, il recupero edilizio è oggi il futuro dell'edilizia italiana e del mercato. 


Fonte articolo: Idealista.it

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