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Cos'è il contratto di vendita con riserva della proprietà?



Tra le formule alternative di acquisto di una casa troviamo un contratto forse poco conosciuto, si tratta della vendita con riserva della proprietà.


L'immobile viene consegnato al compratore al momento della stipula, mentre la proprietà si trasferisce solo con il pagamento dell'ultima rata.

 

Nel contratto di vendita con riserva di proprietà l'immobile viene pagato a rate e il mancato pagamento di una rata (nel caso essa non superi l'ottava parte del prezzo) non comporta la risoluzione dell'accordo tra le parti. Nel caso in cui vi sia una risoluzione del contratto per colpa dell'acquirente, il venditore deve restituire le rate riscosse, ma ha diritto a un compenso per l'uso del bene e a titolo di risarcimento danno. L'acquirente è inoltre responsabile delle spese di manutenzione e per la custodia dell'immobile

Si tratta di un atto scritto che deve essere autenticato o pubblico per poter poi procedere alla sua trascrizione. Vediamo quali sono i vantaggi di questa modalità di acquisto alternativo tanto per i proprietari che per gli inquilini

I vantaggi per il proprietario/venditore

- Mantiene la proprietà dell’immobile sino al pagamento dell’intero prezzo convenuto;

- le spese di manutenzione e il rischio del deperimento del bene sono a carico dell'acquirente.

I VANTAGGI PER L'ACQUIRENTE

- Opponibilità dell’acquisto a terzi poiché la compravendita con riserva di proprietà è trascrivibile;

- disponibilità immediata dell’immobile;

- Il carico fiscale, per imposte dirette e per imposte locali (IMU, TASI) che grava sulla proprietà, rimane a carico del venditore/proprietario.

GLI SVANTAGGI PER IL PROPRIETARIO/VENDITORE

- In caso di inadempimento dell’acquirente dovrà restituire le rate pagate; il venditore ha diritto solo a un equo compenso per l’uso del bene e al risarcimento dei danni;

- sarà necessario ricorrere all’autorità giudiziaria per recuperare la disponibilità dell’alloggio in caso di sua mancata restituzione una volta cessati gli effetti del contratto (per risoluzione, per recesso, ecc.); dovrà essere attivato il procedimento “ordinario”che richiede, attualmente, tempi lunghi per la sua conclusione;

- sarà impossibile fruire delle agevolazioni prima casa nel caso di acquisto di nuova abitazione;

- il carico fiscale, per imposte dirette e per imposte locali (IMU, TASI), che grava sulla proprietà, rimane a carico del venditore/proprietario.

GLI SVANTAGGI PER L'ACQUIRENTE

- Le spese di manutenzione e il rischio del deperimento del bene sono a carico dell’acquirente;

- per quanto riguarda il carico fiscale, sia l’imposta di registro che l’IVA debbono essere pagate tutte, per intero, al momento della sottoscrizione del contratto (anche se non immediatamente produttivo dell’effetto traslativo).


Fonte articolo: Idealista.it

Compravendita di un immobile oggetto di detrazioni edilizie: i passi da compiere

L’anno scorso 8,2 milioni di contribuenti hanno usato la detrazione sul recupero edilizio nella dichiarazione dei redditi.


Basta questa cifra, ricavata dalle statistiche delle Finanze, a spiegare perché è importante sapere cosa succede quando si acquista una casa ristrutturata.

 

La possibilità di imbattersi in un venditore che sta sfruttando i bonus sui lavori è tutt’altro che remota. E il destino della detrazione andrebbe affrontato in anticipo per evitare brutte sorprese o discussioni.
La regola è dettata dall’articolo 16-bis del Tuir, norma-base della detrazione del 36% (maggiorata al 50% fino a fine 2017). Al comma 8 si dice che in caso di vendita dell’unità immobiliare "la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare". 


In generale, il fatto che il bonus segua la casa pone il venditore in una posizione di debolezza negoziale, perché deve esplicitare la presenza di un rimborso fiscale che la legge – in assenza di accordi diversi – attribuisce al compratore. E questo potrebbe dare agli acquirenti più attenti una leva da azionare nella trattativa, reclamando ad esempio una riduzione del prezzo. Il venditore, comunque, non è tenuto a specificare gli importi in ballo, né il numero di rate rimaste. 

I LAVORI E LE DETRAZIONI TRASFERIBILI

Le detrazioni trasferibili riguardano gli interventi agevolati dal 36-50% che il proprietario può eseguire nelle singole unità abitative (il comma 8 richiama le opere indicate al comma 1 dello stesso articolo 16-bis del Tuir): dalla manutenzione straordinaria, (come lo spostamento di una parete), fino alle opere per la prevenzione di atti illeciti (come l’installazione di inferriate), la costruzione di box auto pertinenziali e la bonifica dell’amianto.


La legge cita la vendita dell’unità "sulla quale sono stati realizzati gli interventi", ma nella lista dei lavori ammessi sono compresi gli interventi sulle parti comuni (alla lettera a) del comma 1). Si deve ritenere, quindi, che chi compra un appartamento – salvo diverso accordo con il venditore – acquisisca anche le rate residue della detrazione per lavori condominiali. In questo caso, sarà l’amministratore di condominio a dover dare al compratore una copia della certificazione per i lavori che aveva rilasciato a suo tempo al venditore.


In virtù del rimando generale al 36%, tutte le regole viste fin qui si applicano anche alla detrazione sulla riqualificazione energetica del 55%, ora al 65%, aumentabile fino al 75% per lavori ad alta efficienza (circolare 19/E, par. 1.7). Non si trasferisce, invece, il bonus del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici abbinato ai lavori.
Le Entrate l’hanno detto rispondendo a un quesito che riguardava il decesso del beneficiario e il trasferimento dell’immobile mortis causa (circolare 17/E/2015, par. 4.6) . Secondo l’Ance, però, la motivazione vale anche per la cessione per atto tra vivi: il motivo per cui il bonus mobili non si trasferisce, infatti, è che l’articolo 16-bis riguarda solo le agevolazioni per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica degli edifici.

LE CESSIONI

L’espressione "vendita" non va presa alla lettera. Il trasferimento dei bonus si applica a tutte le ipotesi di cessione, comprese quindi le permute e le donazioni (circolare 57/1998 delle Finanze).
Se invece viene venduta solo una quota della proprietà, o la nuda proprietà, la detrazione resta al venditore (circolare 24/E/2004), a meno che la quota ceduta non ricomponga la piena proprietà in capo all’acquirente: in quest’ultimo caso l’operazione è assimilata alla cessione vera e propria.

I DOCUMENTI CHE VANNO CONSEGNATI A CHI COMPRA

Anche se la legge parla di "accordo", il fisco vuole che l’intesa sulle rate residue di detrazione sia scritta nel rogito. Lo si comprende dalla circolare 19/E/2012 (par. 1.8) e dalla guida "Ristrutturazioni edilizie" dell’Agenzia, che richiede "specifiche indicazioni nell’atto di compravendita". Così, ad esempio, se ci fosse un accordo nel compromesso che per una svista non viene “ripetuto” nel rogito, la detrazione passerebbe al compratore.


Né la normativa, né l’Agenzia richiedono formule particolari, sarà quindi il notaio a valutare la dicitura più appropriata.
L’eventuale intesa tra le parti ha anche delle ricadute a livello documentale. Infatti, quando il bonus transita all’acquirente, il venditore è tenuto a consegnargli le ricevute dei bonifici, le fatture, gli eventuali titoli abilitativi e gli altri documenti che dovranno essere mostrati alle Entrate in caso di controllo, come ad esempio gli allegati tramessi all’Enea per gli interventi agevolati dall’ecobonus.


Si tratta di un punto molto delicato: è evidente che il venditore potrebbe non aver voglia di collaborare, se non conosce la legge e dopo il rogito si accorge di aver perso la detrazione. E a quel punto l’acquirente dovrebbe iniziare una discussione e forse un contenzioso in sede civile. Ragion per cui è bene pattuire la consegna dei documenti al rogito.
Un altro punto delicato è la possibilità di rettificare in seguito l’atto d’acquisto con l’intervento del notaio: operazione teoricamente fattibile con l’ok dell’acquirente, perché dopotutto cambia solo la spettanza del bonus e non vengono violati i princìpi fissati dallo Statuto del contribuente, ma sull’ammissibilità della quale non ci sono prese di posizione dell’Agenzia.

Il DOVERE DELL'AGENTE IMMOBILIARE E' DI AVVISARE CHI VENDE

Il passaggio del bonus edilizio da venditore ad acquirente può facilitare la trattativa di compravendita immobiliare, rendendo l’immobile più interessante agli occhi di chi cerca casa. Eppure chi vende spesso è disinformato e, se in ballo ci sono detrazioni importanti, difficilmente è disposto a cederle dopo aver investito.
Il più delle volte la normativa non è conosciuta dalle parti, tanto che in alcuni casi il venditore rischia di perdere l’agevolazione senza saperlo.


"Quando ci affidano un incarico – afferma Marco Anzini, team manager per il Nord Est di Tecnocasa – noi avvisiamo sempre il venditore, anche se poi in pochi di fatto chiedono di esplicitarlo nel rogito". Veniamo da periodi di mercato molto difficili, tanto che pur di vendere ora “si è disposti a tutto”. "Gli incentivi – aggiunge Anzini - possono essere usati per fare gola e invogliare gli acquirenti che, non solo oggi comprano a un prezzo migliore, ma con i bonus inoltre si portano a casa un immobile più interessante".


Durante le trattative per la vendita di unità su cui è “attivo” un bonus edilizio (o più di uno) a fare la differenza è l’importo della detrazione ancora da incassare. Nonostante, infatti, l’immobile acquisti valore se corredato di bonus, non tutti i proprietari sono disponibili a cedere i benefici dopo aver sostenuto investimenti ingenti. In particolare se l’intervento è stato fatto da poco e, quindi, sono ancora tante le quote da portare in dichiarazione dei redditi. "Di solito, anche per un fattore psicologico, il proprietario tende a tenere per sè l’agevolazione", afferma Fabrizio Segalerba, agente immobiliare Fiaip di Genova. "In questi casi – aggiunge – è bene chiarire le cose fin dalla proposta di acquisto, per evitare fraintendimenti poi".


La chiarezza è ancor più fondamentale quando all’unità immobiliare sono legati bonus edilizi per lavori condominiali sostenuti (o deliberati) dal venditore: il solo saldo delle spese condominiali è sempre stato un elemento cruciale delle trattative e ora il nodo dell’eredità fiscale delle detrazioni rende ancora più urgente la collaborazione tra agenti immobiliari e amministratori di condominio. Sono questi ultimi, infatti, a dover fornire prontamente tutta la documentazione alle parti, per valutare al meglio l’accordo. 


"Per non scendere troppo con i ribassi sul prezzo – spiega Segalerba della Fiaip di Genova – alcuni venditori sono disposti a lasciare la detrazione legata ai lavori condominiali. Ad esempio, l’installazione delle termovavole. Un po’ meno quando sono stati rifatti il tetto o le facciate, e quindi gli importi sono più elevati". 


Dall’altra parte, accade sempre più spesso che gli acquirenti interessati alle nuove costruzioni chiedano informazioni sulle agevolazioni fiscali: sul mercato non mancano i costruttori che usano come leva pubblicitaria la vendita con il bonus a favore dell’acquirente.


Come in tutte le trattative di natura negoziale, avere più opzioni di scelta aiuta a trovare un accordo e, quindi, a favorire il mercato immobiliare. 


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Danni all'edificio dopo ristrutturazione: impresa responsabile per 10 anni

L’appaltatore è sempre responsabile per dieci anni dei difetti dell’opera, non solo in caso di nuova costruzione, ma anche nelle ristrutturazioni.


È arrivata a questa conclusione la Corte di Cassazione, che con la sentenza 7756/2016 ha spiegato che l’articolo 1669 del Codice Civile si applica a tutti gli interventi che influiscono sul normale godimento dei beni.

 

Nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, tutti i condòmini avevano fatto causa alla società venditrice e all’impresa che, su incarico della società, aveva effettuato gli interventi di ristrutturazione. Secondo i ricorrenti, dopo i lavori erano emersi dei danni, come la presenza di un quadro fessurativo sulle pareti interne ed esterne del fabbricato, che testimoniavano una condizione di degrado, e lo scollamento di quasi tutte le mattonelle del pavimento.
 

Impresa responsabile per dieci anni

In primo grado, i giudici avevano dato ragione ai condòmini sulla base dell’articolo 1669 del Codice Civile. L’articolo del Codice prevede che se l’opera, realizzata su edifici o altri immobili destinati alla lunga durata, rovina o causa difetti all’immobile, l’appaltatore, cioè l’impresa che ha realizzato i lavori, è responsabile nei confronti dei committenti. L’impresa risponde dei danni se questi si verificano entro dieci anni dalla fine dei lavori e se i committenti hanno denunciato i danni entro un anno dalla loro scoperta.

In appello, però, il giudice aveva affermato che l’articolo 1669 potesse essere applicato solo alle nuove costruzioni e non alle ristrutturazioni.
 

Responsabilità per dieci anni anche nelle ristrutturazioni

La situazione è stata ribaltata dalla Cassazione. I giudici hanno ribadito che l’impresa è responsabile non solo in caso di lavori ex novo, ma anche per le opere di ristrutturazione.
Come si legge nella sentenza, anche le opere più limitate, come le riparazioni, le ristrutturazioni e i restauri, possono rovinare o mettere in pericolo l’immobile.


I giudici hanno spiegato che per gravi difetti devono intendersi quelli riguardanti le parti essenziali degli immobili che garantiscono la stabilità e la conservazione. Tra questi rientrano i vizi della pavimentazione, delle scale, delle recinzioni, degli impianti e l’umidità.
L’impresa che aveva realizzato i lavori è stata quindi condannata al risarcimento e alla riparazione dei danni causati.


Fonte articolo: Edilportale.com

Nuovo o vecchio proprietario, chi paga le spese in condominio?

E' il condominio, il quale invochi in giudizio la responsabilità solidale dell'acquirente per le spese di straordinaria manutenzione, ad essere gravato della prova dei fatti costitutivi del proprio credito, fra i quali è certamente compresa l'inerenza della spesa all'anno in corso o a quelle precedente al subentro del nuovo proprietario.


È quanto ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7395 del 22 marzo 2017.

 

La Corte ha rigettato il ricorso del Condominio contro i proprietari di un appartamento, chiamati a partecipare alle spese di straordinaria manutenzione (ristrutturazione della facciata condominiale) approvate dall'assemblea di condominio il 30 giugno 2008, antecedente all'acquisto della loro unità immobiliare, avvenuto il 23 luglio 2009.

Gli acquirenti si opponevano alla richiesta di pagamento, perché l'obbligo di spesa era insorto prima del loro subentro.
A loro dire, infatti, la spesa deliberata doveva rimanere estranea all'anno procedente entro cui opera la corresponsabilità dell'acquirente con l'alienante per il pagamento delle spese condominiali ex art. 63,disp. att. c.c., non avendo il Condominio provato che l'anno di gestione coincidesse con l'anno solare.


La Cassazione ha dato ragione ai condomini chiarendo ancora una volta le modalità di applicazione e funzionamento del c.d. vincolo di solidarietà tra venditore e acquirente nel pagamento delle spese condominiali.

Vincolo di SOLIDARIETA' passiva e diritto di rivalsa

La norma di riferimento è l'art. 63, comma 4, disp. att. c.c., ai sensi del quale chi subentra nei diritti di un condominio per effetto di una compravendita è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.


Come ha più volte precisato la giurisprudenza, il meccanismo del subentro dell'acquirente nei debiti condominiali del venditore opera unicamente nel rapporto tra il Condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà della singola porzione immobiliare, e non anche nel rapporto interno tra alienante ed acquirente. In tale ultimo rapporto, ognuno paga le spese sorte quando era condomino.


Questo vuol dire che l'acquirente risponde verso il venditore soltanto per le spese condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui sia divenuto condomino, mentre ha diritto di rivalsa nei confronti del suo dante causa allorché sia stato chiamato dal Condominio a rispondere di obbligazioni nate in epoca anteriore all'acquisto (Cass. civ., n. 1956/2000).


Quando sorge l'obbligo di pagare le spese?

È di fondamentale importanza, ai fini della corretta applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c., individuare il momento in cui è sorto l'obbligo di partecipazione alle spese condominiale. Sul punto, si ritiene che:

per quanto riguarda le spese relative alla manutenzione ordinaria, l'obbligo di pagamento sorge nel momento in cui viene a compiersi effettivamente l'attività gestionale afferente la manutenzione, la conservazione ed il godimento dei beni comuni o la prestazione dei servizi.
L'erogazione di tali spese, infatti, non richiede la preventiva autorizzazione dell'assemblea (ma solo l'approvazione del consuntivo) trattandosi di esborsi aventi carattere fisso e rientranti nei poteri dell'amministratore (Cass. civ. n. 10235/2013);


per quanto riguarda le spese condominiali per l'esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione delle parti comuni (nella fattispecie, ristrutturazione della facciata dell'edificio condominiale), deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. civ. n. 24654/2010).


Questo momento – sottolinea la Corte – “rileva sia per imputare l'obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, sia per accertare l'inclusione del medesimo obbligo nel periodo biennale di responsabilità solidale di entrambi verso il condominio”.


L'anno in corso e quello precedente

L'anno cui fa riferimento l'art. 63 disp. att. c.c. deve essere inteso con riferimento al periodo annuale costituito dall'esercizio della gestione condominiale, non necessariamente coincidente, perciò, con l'anno solare.

In altri termini il vincolo di solidarietà tra acquirente e alienante funziona con riferimento all'anno “contabile”.


Nel caso preso in esame
dalla sentenza in commento, avendo gli opponenti contestato che l'anno di gestione in corso al momento della compravendita (23 luglio 2009) era quello corrente dal 1.7.2009 al 30.6.2010, e che l'anno di gestione precedente comprendeva il periodo dal 1.7.2008 al 30.6.2009, la spesa deliberata il30 giugno 2008 doveva rimanere estranea all'anno antecedente entro cui opera la corresponsione dell'acquirente dell'unità immobiliare, non avendo peraltro il condominio dato prova, neppure mediante la produzione di un rendiconto, che l'anno di gestione coincidesse, piuttosto, con l'anno solare.


Trasmissione del titolo di acquisto

La sentenza in commento ha applicato al caso di specie, rationetemporis, il testo dell'art. 63 disp. att c.c. precedente alla legge di riforma del 2012.

Nel testo vigente, occorre coordinare il vincolo di solidarietà sopra esaminato con quanto stabilito dal nuovo quinto ed ultimo comma dello stesso art. 63, in base alquale “Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.


In altri termini, anche dopo la sottoscrizione del contratto di compravendita, il venditore rimane, lui solo, obbligato in prima persona per il pagamento dei contributi condominiali, fino a quando non trasmette all'amministratore copia autentica del titolo ablativo. Solo da questo momento l'alienante perde definitivamente lo status di condomino, che passa in capo all'acquirente, e può trovare applicazione la “solidarietà passiva” prevista dal comma precedente.


Ricordiamo, infine, che il vincolo di solidarietà passiva tra venditore e acquirente è derogabile solo con accordo unanime dei condomini. Un recente sentenza del Tribunale di Roma, n. 2265 del 7 febbraio 2017, ha dichiarato nulla (e non semplicemente annullabile) la delibera che attribuisce esclusivamente all'acquirente le spese maturate negli anni precedenti l'acquisto dell'unità immobiliare in condominio e nell'anno in corso.


Fonte articolo: Condominioweb.com

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