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Aumentano le compravendite di immobili di classe A

La classe energetica si conferma tra i fattori che incidono maggiormente sulla scelta di un immobile. 


Secondo il “Rapporto annuale sull’andamento del mercato immobiliare urbano”, realizzato da ENEA, Istituto per la Competitività (I-Com) e Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (FIAIP), le compravendite di nuovi immobili delle classi A+, A e B sono aumentate del 10% nel 2016.

 

Il 60% delle trattative concluse nel mercato nuove costruzioni ha avuto come oggetto immobili nelle classi energetiche più efficienti.

E’ un dato incoraggiante che evidenzia come l’efficienza energetica sia ormai una prassi consolidata nel mercato dell’edilizia, anche se ad oggi è ancora la classe G, quella meno performante, a dominare il mercato.


A livello globale, stando al Rapporto 2016 il nostro Paese si colloca fra i leader in Europa in questo campo.
In particolare va evidenziato che il livello d’intensità energetica è del 18% inferiore alla media UE. E’ un dato positivo, poichè più è basso il valore dell’intensità energetica, maggiore è l’efficienza energetica del Paese.


Sempre dall’analisi l’Italia ha raggiunto il 32% dell’obiettivo di risparmio al 2020 fissato dal Piano Nazionale di Efficienza Energetica 2014.


Uno dei principali strumenti per promuovere l’efficienza sono stato i cosiddetti Ecobonus, che hanno favorito in particolare gli interventi di isolamento termico degli edifici, la sostituzione di infissi e l’installazione di impianti di riscaldamento più efficienti.

Le riqualificazioni energetiche e gli acquisti di immobili in classe A+, A o B sono premiati da un maggior valore dell’abitazione, nonchè da congrui risparmi in bolletta.


Il Rapporto evidenzia anche aree di miglioramento, grazie alle interviste a oltre 500 agenti immobiliari associati alla FIAIP in tutta Italia per sondare l’importanza del tema efficienza energetica. Il 58% del campione, contrariamente ai trend immobiliari, ha dichiarato che gli acquirenti non sono particolarmente interessati all’Attestato di Prestazione Energetica (APE).
In realtà sappiamo che conoscere i consumi energetici di un immobile è fondamentale.


Il Rapporto Enea ha proposto a riguardo alcune iniziative, volte a sensibilizzare il mercato e i professionisti che vi operano. Una delle ipotesi è quella di rendere l’Ape dinamico, così da permettere all’acquirente di comprendere quali saranno i suoi consumi energetici reali nel momento in cui andrà ad abitare nell’immobile acquistato. 


Una delle ulteriori ipotesi riguarda l’inserimento nei listini immobiliari di una voce specifica legata ai “ristrutturati green”: il 52% degli intervistati si è pronunciato sfavorevole, evidenziando come vi sia ancora una scarsa percezione del valore di mercato degli immobili efficienti. Questa è sicuramente una barriera all’accesso al credito per le ristrutturazioni energetiche. 


Sicuramente la riconferma delle detrazioni, come evidenziato in precedenza, può costituire un incentivo, così come i tassi dei mutui particolarmente vantaggiosi anche in ambito ristrutturazioni. 


Fonte articolo: Mutuionline.it

Truffa chi vende un immobile con APE non conforme

Vendere un immobile con prestazioni energetiche non conformi a quelle dichiarate nell'attestato di prestazione energetica (A.P.E.) costituisce una truffa contrattuale.


Ad affermarlo la seconda sezione penale della Corte di Cassazione.

 

Con la Sentenza Penale n. 16444 del 10 marzo 2017) la Suprema Corte di Cassazione ha annullato una precedente sentenza della Corte di Appello del Comune di Milano che aveva assolto un costruttore accusato di truffa contrattuale per aver vendito un immobile le cui prestazioni energetiche non erano conformi a quanto dichiarato nell'Ape (attestato di prestazione energetica). Il tribunale di Milano aveva assolto il costruttore dichiarando la sua buona fede perché aveva confidato nelle valutazioni dei tecnici.

Il ricorso davanti ai giudici della Cassazione era stato allora interposto sulla base di due vizi:

  • di motivazione: perché il costruttore non poteva essere in buona fede in quanto aveva realizzato lavori in economia, utilizzando materiali di qualità inferiore a quella dichiarata, di aver installato serramenti ed impianto di riscaldamento non conformi e di non aver rifatto il tetto.

  • di legge: perché almeno si sarebbe dovuto riconoscere un dolo eventuale in quanto la difformità delle opere rispetto al progetto avrebbero potuto presumibilmente avere delle conseguenze sulla classificazione energetica dell'immobile.

  • I giudici della Corte di Cassazione hanno quindi riconosciuto la responsabilità del costruttore perché la difformità tra i lavori eseguiti e quelli progettati e la conseguente vendita con una classe energetica effettiva non corrispondente a quella dichiarata non poteva sfuggire al costruttore.  

    Fonte articolo: Idealista.it

     

    Cos'è la polizza globale di fabbricato?

    Per mettersi al riparo da eventuali danni causati a terzi o che potrebbero verificarsi all’interno dello stabile, ogni condominio è libero di stipulare la cosiddetta “polizza globale fabbricati”.


    Tale contratto di assicurazione non è contemplato da nessuna norma e, di conseguenza, ha carattere facoltativo, a meno che non sia previsto dal regolamento condominiale: solo in questo caso l’amministratore può sottoscrivere la polizza senza il placet dell’assemblea. 

     

    L'assemblea deve comunque essere informata sui termini contrattuali, così da valutare durata, coperture, costi e altri elementi fondamentali, ad esempio le franchigie, ossia gli importi che, a fronte di un danno, non sono rimborsati dalla compagnia assicurativa e ricadono sui singoli condòmini. 


    La polizza è definita “globale” perché nella maggior parte dei casi copre un ampio ventaglio di sinistri, che possono interessare direttamente lo stabile (incendi, fulmini, allagamenti, esplosioni, ecc), i condomini che vi abitano o terze persone, ad esempio il passante colpito da un pezzo di cornicione staccatosi dall’edificio. 
    Il costo dell’assicurazione è suddiviso fra tutti i condomini proprietari, che pagano in proporzione ai millesimi di proprietà in loro possesso.


    Nel caso in cui la polizza non sia contemplata dal regolamento, pur essendo l’amministratore il soggetto che materialmente firma l’accordo, a decidere è sempre l’assemblea, che delibera con il quorum previsto dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
    La stessa maggioranza si applica in caso di rinnovo o disdetta dell’accordo, tenendo presente che in quest’ultimo caso, interrompendo il contratto prima della sua scadenza naturale, il condominio potrebbe essere costretto a pagare una penale.


    Può accadere che l’amministratore decida di sottoscrivere, rinnovare o risolvere in modo arbitrario la polizza. In casi simili, oltre al risarcimento danni, il condominio può chiedere la revoca giudiziale del professionista. Revoca che, come disposto dall’articolo 1129, comma 11, può essere deliberata in qualsiasi momento dall’assemblea, con la stessa maggioranza prevista per la nomina, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. 


    A più riprese la Corte di Cassazione (in ultimo la sentenza 6 luglio 2010, n. 15872) ha specificato come il professionista "(...) non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione". E poco importa che l’amministratore, legato al condominio da un contratto di mandato, sia tenuto ad agire "con la diligenza del buon padre di famiglia" o che, a norma dell’articolo 1130, numero 4), del Codice civile, sia obbligato a "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio".


    La Suprema Corte ha, infatti, chiarito come la norma si riferisca "(...) ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato". 


    Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

    La casa è il bene più sicuro da regalare ai figli

    Il bene più prezioso su cui investire in caso di figli? La casa, senza dubbio, così da poterla lasciare in eredità.


    La pensa così la maggioranza degli italiani, precisamente il 51,7%, stando a un sondaggio di Immobiliare.it.

     

    Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it, commentando i dati, ha affermato: "Se i dati mostrano come gli italiani siano ancora molto legati alla proprietà immobiliare, ben più di quanto accada nei Paesi del Nord Europa, rispetto agli anni della bolla questa convinzione comincia a vacillare. Nel 2006, infatti, oltre il 60% degli intervistati nel nostro stesso sondaggio dichiarava che avrebbe scelto una casa come bene da tramandare ai propri figli, considerando il momento storico in cui i valori immobiliari continuavano a salire e la domanda si manteneva su livelli molto sostenuti".


    Analizzando le 10mila risposte del sondaggio, inoltre, si è evidenziato che non ci sono grosse differenze fra le diverse fasce d’età e le aree geografiche: le percentuali di chi investirebbe in una casa per i figli sono poco più elevate della media nazionale al Sud (54,38%) e fra gli over 60 (58,23%).


    LE MOTIVAZIONI DELL’ACQUISTO

    Il 41,65% degli intervistati ha affermato di volere lasciare una casa ai propri eredi perché ritiene che sia l’unico bene durevole; il 29%, inoltre, lo farebbe perché ha poca fiducia che le nuove generazioni possano fare altrettanto in modo autonomo. Il 18%, poi, ha dichiarato che comprerebbe un immobile ai figli affinché possano evitare di sprecare denaro in affitto.

    Oltre il 48% di chi ha risposto al sondaggio di Immobiliare.it ha anche manifestato la volontà di comprare una casa prima per sé per poi lasciarla in eredità ai figli, mentre il 37,81% ne acquisterebbe un’altra direttamente per loro. Solo il 13,93% investirebbe in una casa vacanza.


    E LA FUGA DEI CERVELLI?

    Si sa, quello che stiamo vivendo è un periodo dove molti giovani devono spostarsi per trovare un posto di lavoro degno di questo nome, soprattutto dal Sud verso il Centro – Nord e dall’Italia verso il Nord Europa. Nonostante ciò, però, il 61,36% dei genitori acquisterebbe una casa nella propria città; il 19,20% punterebbe a uno dei grandi centri italiani; il 13,34% opterebbe per una località di villeggiatura; solo il 6,10% investirebbe in un Paese estero.


    Fonte articolo: Quifinanza.it

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