Smart working: l'ufficio più richiesto è open space

Trend in crescita per lo smart working, modalità di lavoro innovativa e flessibile, che incentiva l’autonomia del lavoratore e gli permette di interagire e comunicare al meglio con i propri colleghi.


Requisito fondamentale, la scelta di spazi a uso ufficio moderni, nuovi e corredati da impianti tecnologici avanzati e da layout sempre più aperti e confortevoli. 

 

Dopo l’entrata in vigore della legge 81 del 22 maggio 2017, che ne regolamenta le diverse forme, lo smart working è diventata una delle tipologie più richieste dalle aziende.


Marco Clerici, managing director di World Capital: "Dalle richieste, che la divisone office di World Capital tratta ogni giorno, si evidenzia come l’85% dei richiedenti si orienta su soluzioni con layout open space. Tale tipologia di ufficio, infatti, favorisce al meglio l’interazione e la comunicazione, capisaldi dello smart working. Le richieste, inoltre, vertono su uffici, dagli ambienti confortevoli, capaci di favorire un lavoro più fluido e veloce, situati in location di grande business come Milano".


Dall’ultima analisi del dipartimento interno di ricerca di World Capital, emerge che è Milano la meta italiana più attrattiva nel comparto office, con un’ampia disponibilità di spazi moderni e all’avanguardia, rendimenti lordi che nel Centro si aggirano intorno al 5,5 % e tagli che, sempre nel Centro, oscillano da un minimo di circa 300 mq a un massimo di circa 6.000 mq, sposando così qualsivoglia esigenza.


Facendo un confronto con lo scenario europeo, anche in questo caso la città di Milano si conferma come destinazione vincente, classificandosi al 5° posto in Europa per canoni di locazione (500 euro/mq/anno).


Fonte articolo: Monitorimmobiliare.it

Scenari Immobiliari: la ripresa italiana è mediocre

Secondo Scenari Immobiliari prezzi in lieve calo e compravendite in aumento nel residenziale in attesa della sospirata ripresa. Continua l'interesse dei grandi investitori esteri per il segmento commerciale. È una view positiva quella che emerge dall'outlook 2016 di Scenari Immobiliari. A livello europeo più che italiano.


"La crescita media del real estate nei cinque principali Paesi europei nel 2015 è stata del 3,1 per cento, dall'1,7 per cento della Francia al 5,9 per cento dell'Inghilterra. L'Italia si colloca al di sotto della media, ma comunque in miglioramento rispetto agli ultimi anni" recita il report.

Il mercato residenziale italiano 

Sul fronte residenziale italiano il peso fiscale rimane alto, secondo Mario Breglia, Presiedente di Scenari Immobiliari, anche se la cancellazione dell'Imu e della Tasi sulla prima casa a fine anno hanno migliorato le aspettative delle famiglie.
Le banche hanno ripreso a erogare mutui, creando le premesse per un potenziamento dei mercati nel 2016. Positiva anche l'introduzione del Jobs Act, le imprese hanno ripreso ad assumere, con effetti positivi sul mercato sia residenziale che terziario/uffici. "La leggera ripresa dell'occupazione, soprattutto giovanile, contribuisce a rilanciare il mercato della casa anche in questa fascia di età", recita l'Osservatorio.
Il crollo dei prezzi reali delle abitazioni nella fase recessiva, pari secondo Scenari Immobiliari a un -20% con punte del 25 % (escluse le top location) – ma secondo altre voci il calo ha raggiunto e superato in provincia anche un -30-40% – ha reso il mercato accessibile a settori sempre più ampi di popolazione perché i redditi sono rimasti stabili.


La ripresa del 2015 si è concentrata soprattutto nelle grandi città̀, ma è destinata ad ampliarsi al resto del Paese nel 2016. Secondo Scenari le quotazioni medie hanno mostrato ancora una lieve flessione, intorno allo 0,6 per cento, nel corso dell’anno. Tuttavia, nelle zone più richieste come i centri storici o le aree residenziali di pregio, ci sono stati incrementi lievi rispetto all'anno precedente. Il 2016 dovrebbe rappresentare una fase di stabilizzazione delle quotazioni medie, con tendenza alla riduzione degli sconti in sede di trattativa. Premieranno la qualità e la location.


Il fronte degli investimenti “commercial” in Italia. 
L'Italia ha chiuso il 2015 con volumi di investimenti arrivati verso gli 8 miliardi di euro, se si mettono insieme i settori non residenziali. Il nostro Paese ormai da un biennio è tornato ad attirare l’interesse degli investitori immobiliari mondiali, prima fondi speculativi principalmente di private equity e prima ancora fondi sovrani mediorientali, interesse che poi si è esteso anche a fondi di investitori e grandi investitori privati.
L’interesse oggi è polarizzato sugli immobili di qualità elevata e trophy asset, con forte concentrazione a Milano e Roma, con conseguente riduzione dell’offerta disponibile. Come dimostra il forte interesse per esempio per le ultime gare per trophy asset come La Rinascente di Firenze e il palazzo Ipi in Montenapoleone a Milano (quest'ultimo venduto a una cifra pari a 75mila euro al mq). La scarsa offerta e la compressione dei rendimenti portano oggi il mirino degli investitori da un lato verso le location secondarie, dall'altro verso operazioni di riqualificazione e value add.


Quale la sfida per il mercato italiano? Fornire oggetti di alta qualità, che oggi mancano, e rispondere alle nuove richieste nei comparti a maggiore potenziale di sviluppo, quali coworking, housing sociale, residenze universitarie, Rsa.
Rimane il fatto che il nostro mercato rimane di piccole dimensioni e ancora non è riuscito a fare un balzo in avanti. Come hanno dimostrato le difficolta delle nuove Siiq per approdare a Piazza Affari.


IL QUADRO EUROPEO 

In rapida crescita la Spagna, grazie al forte afflusso di investimenti esteri ma anche alla graduale ripresa delle quotazioni. E non dimentichiamolo alle riforme incisive attuate dal governo, riforme che invece in Italia si muovono ancora al rallentatore, come si torna ad accusare a livello internazionale.
Le previsioni al 2020 sono di un consistente aumento dei fatturati in tutti i principali Paesi europei, grazie alla probabile allocazione di una parte dei capitali in fuga dall'Asia.
Il settore immobiliare residenziale è in crescita nella maggior parte dei mercati. Le previsioni per il 2016 sono di un aumento graduale e costante delle compravendite – come certificato dall'Agenzia delle Entrate anche in Italia – guidate dall'andamento positivo dell'usato, che rappresenta oltre due terzi degli scambi.


In costante crescita il volume di mutui, mentre i prezzi medi dovrebbero registrare una fase di stabilità̀ in alcune zone, come Francia e Italia, e crescita negli altri Paesi. E qui bisogna sottolineare che altri enti di ricerca ritengono che, invece, ancora nel 2016 le quotazioni in Italia viaggeranno in lieve discesa. Non solo. Le stime appena uscite dall'Unione Europea vedono le variazioni dei prezzi in Italia quest'anno e nel 2017 praticamente intorno allo zero. Ci avviamo cosi a una fase di calma piatta in attesa di vedere la sospirata ripresa? Nessuno osa più dirlo. Per troppo tempo è stata spostata in avanti la lancetta che avrebbe dovuto segnare una ripresa consistente del mercato immobiliare italiano. Ora si viaggia a vista.
Gli aumenti più̀ consistenti sono attesi anche nel 2016 nel Regno Unito, con particolare riferimento a Londra e Dublino. Per la prima volta dopo diversi anni è in lieve ripresa l'attività edilizia, con una media europea di circa tre alloggi ogni mille abitanti, rispetto a 1,2 del biennio precedente.


Nel comparto uffici l'attività è in crescita non solo nelle principali città̀ globali, come Londra e Parigi, ma anche nelle metropoli più importanti dell’Europa del Sud. I volumi assorbiti sono in aumento, ma sono rari gli scambi relativi a grandi superfici, superiori a diecimila mq. La vacancy rate europea si aggira intorno al 10,5 per cento, con previsione di ulteriori flessioni nel prossimo biennio, anche se permangono forti differenze tra fasce di mercato. Il problema comune, ma più sentito in Paesi come il nostro, è rappresentato dalla carenza di offerta di prodotti di qualità. Bisognerà attendere il 2017 per vedere l'arrivo sul mercato di prodotti di alta qualità.


A livello europeo le quotazioni saliranno 2,5% nei prossimi cinque anni. Gli aumenti più̀ consistenti sono attesi nei mercati più importanti dell'Europa del sud, dove però̀ il gap rispetto alle punte del 2007 è ancora elevato. Guardando a Milano, per esempio, che ha attirato oltre 4 miliardi di euro di investimenti nel 2015 secondo i dati di Cbre, iniziano a scarseggiare le operazioni forse perché la forte concorrenza fa pressioni sui prezzi. E i rendimenti iniziano a comprimersi.


Fonte articolo: Casa24.IlSole24ore.com

Quando dedurre la Tasi sugli immobili produttivi

La Tasi versata sugli immobili strumentali si può dedurre dalla base imponibile Irap. La riduzione del corrispettivo originariamente pattuito conseguente a una lite sulla fornitura rileva ai fini dell’imposta regionale e quindi consente di abbattere l’imponibile perché non costituisce una perdita su crediti. 
Sono solo due aspetti a cui i contribuenti interessati dalla proroga dei versamenti d’imposta al 6 luglio devono fare attenzione nel liquidare l’Irap dovuta (naturalmente qualora siano soggetti passivi d’imposta). 

Procediamo con ordine. Si ritiene che sia deducibile la Tasi relativa al 2014 imputata per competenza a conto economico. Nel caso della Tasi non opera, infatti, una preclusione allo sgravio considerato che l’articolo 14, comma 1, del Dlgs 23/2011 sancisce espressamente soltanto l’indeducibilità dell’Imu relativa agli immobili strumentali. 


Andando avanti, la circolare 26/E/2013 (paragrafo 3.1) ha chiarito che non costituisce una perdita su crediti la riduzione del corrispettivo originariamente pattuito conseguente a una lite sulla fornitura. La riduzione infatti non origina, in tale richiamato caso, da un’inadempienza del debitore, bensì da una modifica bilaterale del rapporto commerciale, con conseguente rilevanza ai fini Irap: della rettifica del ricavo per il cedente, e del costo per l’acquirente, qualora la transazione venga definita entro lo stesso esercizio in cui è stata registrata l’operazione; ovvero della sopravvenienza passiva per il cedente e attiva per l’acquirente, nell’anno in cui la transazione si perfezioni, qualora la rettifica avvenga in un esercizio successivo a quello dell’operazione.


Altro aspetto riguarda le remunerazioni corrisposte nel consolidato fiscale, secondo le regole statuite nel contratto di consolidamento, a fronte dell’utilizzo delle perdite fiscali o delle eccedenze Ace. Si ritiene che siano escluse dalla base imponibile Irap, in quanto vengono di regola imputate alla voce 22 del conto economico, che non è rilevante nella determinazione della base imponibile di tale imposta.
A maggiore ragione si ritiene esclusa da tassazione Irap la contabilizzazione del credito d’imposta Irap derivante dalla conversione dell’eccedenza Ace, contabilizzato in contropartita di un componente di conto economico (per esempio, come minore imposta Irap).


Per quanto riguarda le spese per il personale dipendente classificate in voci diverse dalla B.9 la circolare 148/E/2000 aveva affermato la deducibilità Irap delle somme erogate a terzi per procurare fringe benefits ai dipendenti. Tale deducibilità sembra confermata dalla circolare 27/E/2009 (risposta 1.4). In quella occasione è stato chiarito che l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 11 del Dlgs 446/1997 risponde solo alla volontà legislativa di attuare una semplificazione del testo normativo, eliminando una regola già desumibile sulla base di una ricostruzione sistematica della disciplina, e che l’impianto normativo dell’Irap è strutturato in modo da rendere indeducibili solo quei costi che non costituiscono, ai fini del tributo, componenti positive imponibili per il soggetto percettore.


Un’ulteriore situazione a cui fare attenzione è stata affrontata dalla circolare 27/2010 di Assonime, che ha affermato la rilevanza Irap dei differenziali contabilizzati in bilancio in seguito alla stipula di derivati di copertura su commodities, in quanto essi costituiscono componenti integrative (con segno positivo o negativo) del costo di acquisto delle materie prime, e hanno dunque la stessa natura dell’elemento reddituale che concorrono a fissare nell’importo.


Infine c’è il trattamento Irap delle svalutazioni del magazzino operate con riferimento alle voci obsolete o a lenta movimentazione, che in base al principio Oic 13 possono essere effettuate voce per voce o creando fondi di deprezzamento. Nel primo caso, stante lo sganciamento dell’Irap dall’Ires, si ritiene di attribuire rilevanza al valore di bilancio, mentre nel secondo caso l’affermazione contenuta nelle istruzioni al modello di dichiarazione sull’irrilevanza degli accantonamenti ai fondi rischi lascia un margine di dubbio. 


Fonte articolo: ilsole24ore.com, edicola24web

Mercato non residenziale in crescita; in negativo solo gli uffici

Il Rapporto immobiliare non residenziale 2015, realizzato dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con l’Associazione nazionale delle società di leasing, Assilea, presentato nei giorni scorsi, ha certificato i primi segnali positivi per il mercato italiano dopo sette anni di cali.


Nel 2014, infatti, il settore commerciale cresce del 5,7%, quello produttivo del 3,6%, mentre resta in negativo il mercato del terziario (-4,6%), per una crescita complessiva del +3%.

Questi dati risentono però degli effetti del nuovo regime per le imposte di registro, ipotecaria e catastale in vigore dal 1° gennaio 2014, che ha reso più conveniente rogitare gli acquisti, compiuti a fine 2013, nei primi mesi del 2014. Al netto dell’effetto fiscale, infatti, i settori commerciale, terziario e produttivo, registrano una crescita pari al +1,3%, più moderata rispetto al tasso osservato del +3%.

 

Sul fronte del leasing immobiliare, si conferma la ripresa registrata a inizio 2014, con un andamento positivo sia per il numero di stipule (+21,4%) che per il valore dei finanziamenti (+38,3%). 


In ripresa il settore dei negozi. Nel 2014 il mercato dei negozi ha registrato 22.271 compravendite, facendo un balzo in avanti di 5,4 punti percentuali. La crescita è stata più accentuata nelle regioni del Nord Ovest (+10,2%), seguite dal Sud (+5,3%), dal Nord Est (+4,1%) e dal Centro (+3,6%). Tra le grandi città, exploit di compravendite a Bologna (+54,2%), Verona (+21,2%) e Torino (+20,9%); pressoché stabili Roma e Firenze, mentre perdono mercato Palermo (-11,7%), Venezia (-15%) ma soprattutto Catania (-38,8%). Sul fronte delle quotazioni, la media rilevata è stata di 1.686 €/mq, in discesa del 3,9% rispetto all’anno precedente, con un calo a doppia cifra registrato per i negozi del Lazio (2.549 €/mq, -12,7%).


Dati positivi anche per i capannoni. Con poco meno di 9.600 compravendite, il mercato dei capannoni mostra un rialzo del +3,6%. A fare da traino al settore è essenzialmente il Nord, che guadagna oltre 8 punti percentuali, mentre restano in negativo il Centro (-4,8%), il Sud (-3,9%) e le Isole (-19,6%). La Lombardia si conferma anche nel 2014 la regione con la più alta intensità di mercato nel produttivo. La quotazione media registrata è stata pari a 525 €/mq, in calo del -1,3% rispetto al 2013.


Calano le compravendite di uffici. In affanno il mercato degli uffici che, con 8.808 compravendite, perde il 5% rispetto al 2013. Il calo è stato più diffuso nelle aree del Centro (-14,4%) e del Nord Est (- 6,5%), più contenuto al Nord Ovest (-3,4%), mentre è in netta ripresa al Sud e nelle Isole (+4,5% e +4,9%). La quotazione media è stata di 1.485 €/mq, in diminuzione del 2,2% rispetto al 2013. 


Il leasing propellente per la ripresa. Nell’immobiliare non residenziale il leasing si conferma nella duplice veste di termometro della crescita degli investimenti produttivi e al contempo di propellente per la stessa ripresa.
Le classificazioni della Banca Dati Centrale Rischi Assilea evidenziano, per gli immobili finanziati nel 2014, che il portafoglio è composto prevalentemente da immobili industriali (49,9% in valore e 49,5% nel numero). Si registra una diminuzione della quota di immobili commerciali, -1,5% in valore nel 2014 rispetto al 2013, per un valore assoluto che si attesta al 28,4%. In aumento la percentuale di alberghi e centri ricreativi, che raggiunge il 5,4% in valore. 
Va segnalato il buon andamento del leasing di immobili a uso ufficio, in controtendenza con il dato delle compravendite, che rappresenta il primo effetto dell’introduzione anche per i professionisti della possibilità di dedurre i canoni introdotta nel 2014. La quota dello stipulato registrato nel 2014 sfiora il 12% in valore, crescendo di 1,3 punti rispetto all’anno precedente.

Motore delle PMI. Il maggior appeal fiscale ha trovato immediata risposta da parte delle PMI, dove proprio le aziende maggiormente colpite dalla crisi economica sono riuscite a trovare una risposta alle proprie necessità di finanziamento di nuovi capannoni, magazzini o uffici. Anche se confrontati con un inizio 2014 molto positivo, i dati del primo quadrimestre 2015 segnano un ulteriore + 3,2% in numero e + 2,5% in valore dello stipulato leasing.
L’aumento del numero di contratti è dovuto principalmente alla crescita inerente il “costruito”, l’incremento dei valori finanziati riguarda invece specialmente la dinamica del “da costruire”, che segna un lusinghiero +8,4%, con il buon andamento dei finanziamenti di valore superiore ai 0,5 milioni di euro che spingono verso l’alto il medio finanziato, salito da 1,9 a circa 2,2 milioni di euro.

Necessario l'intervento legislativo. Assilea ha evidenziato che per recuperare la contrazione dello stipulato immobiliare degli scorsi sei anni occorre un intervento legislativo a costo zero che vada a tipizzare il contratto di leasing, regolando il comportamento delle parti in caso di default, tutelando cliente e società di leasing, riducendo i costi dell’apparato giudiziario, ma soprattutto consentendo procedure più snelle per la rivendita dei beni, utili a smaltire le sofferenze accumulate nel recente passato.
Nell’ottica di individuare strumenti innovativi per dare corpo alla ripresa economica si è posto infine il disegno di legge presentato dalla sen. Camilla Fabbri, per estendere i contratti di leasing alla prima casa per i giovani di età inferiore ai 35 anni e con un reddito massimo di 55.000 euro.


Fonte articolo: http://www.casaeclima.com/ar_22958__immobiliare-non-residenziale-2014-rapporto.html

 

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