Euribor ai minimi storici avvantaggia chi stipula mutui


Una discesa ininterrotta da ormai 238 giorni. Con qualche piccola pausa qua e là, il movimento al ribasso degli indici Euribor prosegue ormai a tamburo battente dal 20 gennaio, tanto che ieri l’indice a 3 mesi ha toccato il nuovo minimo storico a -0,038%. Ancor più giù il “fratello” a 1 mese che che questa mattina ha aggiornato il minimo personale a -0,105%.


Gli Euribor sono tanto cari a coloro che stanno rimborsando un mutuo a tasso variabile o pensano di stipularne uno nuovo, perché è sulla base di questi indici che viene calcolato il tasso finale su cui poi calcolare la rata mensile (il tasso finale si ottiene sommando l’Euribor allo spread fisso concordato con la banca). 

La discesa degli indici Euribor non pare destinata ad esaurirsi. Potenzialmente, in base alle condizioni attuali, l’indice a 1 mese e quello a 3 mesi hanno spazio di discesa fino a -0,2%, con un incrementale vantaggio per il calcolo della rata dato che in condizioni normali l’Euribor negativo dovrebbe essere sottratto (in quanto sommato algebricamente) allo spread nel calcolo della rata.
Quindi se lo spread è dell’1,5% e l’Euribor a 1 mese è a -0,105, il tasso su cui calcolare la rata diventa dell’1,395%. Pertanto è opportuno controllare che effettivamente la propria banca stia sottraendo l’Euribor negativo. Per un mutuo di 150mila euro da rimborsare in 20 anni si tratta di un risparmio netto di quasi 10 euro al mese, 120 euro l’anno. 


Nei mutui stipulati prima di febbraio 2015 questo dovrebbe essere scontato. Perché prima di allora nessuna banca aveva inserito nei contratti delle clausole per tutelarsi da un’eventuale scorribanda in territorio negativo del tasso Euribor. Questo perché l’Euribor sottozero ha difatti sorpreso anche le banche. Da febbraio invece alcuni istituti hanno iniziato ad inserire nei nuovi contratti delle clausole che difatti impediscono di calcolare la rata sottraendo l’Euribor negativo indicando che «il tasso non può in ogni caso essere inferiore allo spread». 
Al momento questo “ombrello” a favore delle banche non sta suscitando molte polemiche soprattutto perché finora l’Euribor è stato negativo, ma solo per pochi centesimi, con scarso impatto sulle rate. Ma adesso che entriamo nel campo dei decimi e che il ribasso potrebbe continuare qualcuno potrebbe alzare la voce, seguendo gli spunti già segnalati in articoli precedenti.


Detto ciò, cerchiamo di capire perché l’Euribor ha ancora spazio per scendere. Per capirlo bisogna analizzare cosa è effettivamente l’Euribor. Rappresenta il tasso a cui un panel di banche prevalentemente europee dichiara di prestarsi denaro fra loro su scadenze da 1 settimana a 12 mesi (è questo il motivo per cui ci sono più Euribor). 
L’Euribor è quindi uno dei tassi che sintetizza il costo del denaro all’ingrosso (prima che venga cioè maggiorato con uno spread dalle banche e rivenduto al dettaglio a famiglie e imprese sotto forma di prestiti). L’altro tasso più importante è quello di riferimento stabilito dalla Bce, fermo ormai da un anno allo 0,05%. Gli indici Euribor sono solitamente collegati e molto vicini al tasso Bce ma in questa fase volano più basso (sono negativi mentre il Bce resta leggermente positivo) perché la Banca centrale europea ha deciso anche di portare sottozero (a quota -0,2%) un altro tasso all’ingrosso, quello pagato dalla Bce alle banche che vi parcheggiano la liquidità. Una mossa pensata per incentivare le banche ad utilizzare la liquidità in modo più profittevole, per spingerle a oliare l’economia reale.


Il tasso sui depositi presso la Bce fissato a -0,2% è una soglia chiave e rappresenta in effetti il pavimento tecnico massimo al momento fino a cui l’Euribor può spingersi al ribasso. 
"La discesa ulteriore dell’Euribor riflette diversi fattori - spiega Andrea Terzi, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica di Milano. L’aspettativa di un "Qe" a più lunga durata e l’aumento delle riserve liquide delle banche, che è l’effetto fisiologico degli acquisti della Bce via “quantitative easing”. Le riserve bancarie sono passate da circa 200 miliardi a fine 2014 a oltre 600 milardi. Le banche che le hanno in pancia possono disfarsene solo prestandole a un’altra banca, e l’abbondanza di riserve ne fa precipitare il prezzo, verso il pavimento dello 0,20% negativo, che è la tassa che la Bce impone sulle riserve in eccesso dal giugno 2014". 


Le probabilità nel brevissimo di assistere a nuovi mini-cali degli indici Euribor c’è tutta ed è quindi anche alimentata dalle dichiarazioni dei giorni scorsi della Bce, governatore Mario Draghi compreso, che ha difatti aperto ad estendere "se fosse necessario" la durata del “Qe” anche oltre la scadenza fissata a settembre 2016. Il “Qe” - attraverso cui un istituto centrale acquista titoli sul mercato aperto - si attua quando lo stesso istituto ha già spinto al massimo (cioè a 0) la leva dei tassi. Per continuare a espandere e a sostenere l’economia non resta che immettere nuova moneta. 


Questo spiega perché l’Euribor pare destinare a volare basso ancora per molto tempo, nonostante le prospettive di miglioramento dell’economia dell’Eurozona. I future sull’Euribor a 3 mesi - per quanto vadano presi con le pinze perché variano in base alle stime di andamento dell’inflazione futura - indicano che dovrebbe restare sottozero anche per tutto il 2016 per poi tornare in area 1% solo intorno al 2020. 


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-09-15/mutui-ecco-perche-l-euribor-puo-scendere-fino-02percento-e-perche-tornera-all-1percento-solo-2020-115348.shtml?uuid=AC6H60x

Compravendite in rialzo anche secondo l'Agenzia delle Entrate

 

Dopo una crisi dalle dimensioni drammatiche durata sette anni, il mercato immobiliare italiano ha mostrato spunti di ripresa, beneficiando di un miglioramento dell’economia. L’Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate ha infatti messo in evidenza che il 2014 si è chiuso con 418 mila compravendite (+3,6% rispetto all'anno precedente), con una crescita  che si è concentrata soprattutto nell'ultimo trimestre del 2014, grazie al boom di transazioni (+5,5% rispetto allo stesso trimestre del 2013). I tassi d'interesse bassi, il clima di fiducia, l'iniezione di liquidità da parte della Bce potrebbero garantire un 2015 ulteriormente positivo, almeno in questo settore anche perché i prezzi di vendita delle abitazioni dovrebbero rimanere bassi, se non abbassarsi ulteriormente, e quindi appetibili.

 

La liquidità immessa sul sistema finanziario con il Quantitative Easing ha dunque avuto ripercussioni concrete sul credito al consumo e sull’economia reale. L’abbassamento dei rendimenti dei titoli di Stato a lunga scadenza, inoltre, ha contribuito alla riduzione dei tassi d’interesse rendendo più accessibili le offerte di credito per privati ed imprese. Gli istituti bancari iniziano a considerare meno vantaggioso l’acquisto di titoli di Stato e sono portati a erogare più agevolmente credito a famiglie e Pmi. Uno degli obiettivi del QE è proprio quello di concedere alle banche la disponibilità necessaria ad erogare credito per sostenere la ripresa nell’Eurozona. Concretamente gli effetti del QE riguardano una riduzione del costo del denaro sui prestiti alle imprese ed i mutui immobiliari, contrastando il crollo del mercato dei mutui che dal 2007 al 2013 è diminuito di oltre il 72%. Chi ha intenzione di acquistare casa o ha già un finanziamento all’attivo potrebbe infatti approfittare delle offerte di credito o scegliere la surroga del mutuo così da accedere a condizioni maggiormente vantaggiose.

 

Nel 2014 sono cresciuti gli acquisti di abitazioni con ricorso ad un mutuo ipotecario (+12,7% rispetto al 2013), consolidando il trend positivo evidenziato dal mese di luglio 2013 (dati Crif). Per il 40,6% del totale degli acquisti di abitazioni l’acquirente si è rivolto alla banca, ottenendo, come capitale medio erogato, circa 119mila euro, 3mila in meno rispetto al 2013. In calo del 7% rispetto al 2013 la rata media mensile iniziale, pari a 631 euro. Nel 2014 sono diminuiti di circa mezzo punto percentuale anche i tassi di interesse, assestandosi intorno al 3,4%, mentre è rimasta stabile la durata media del mutuo (22 anni). 

Le compravendite di immobili hanno quindi registrato dopo sette anni un segno positivo: il settore commerciale è quello che ha riportato il migliore risultato nel corso del 2014, con un rialzo del 5,7%, seguito dai settori residenziale e produttivo (+3,6%), mentre resta negativo il terziario (-4,6%). Tra le grandi città, crescita a doppia cifra per il mercato residenziale a Bologna (+18,5%), Genova (15%), Roma (+13,9%) e Firenze (+13,3%). Seguono Milano e Torino, che registrano rispettivamente +5% e +5,4%, e Palermo (+4%).

Sono aumentate, infine, le compravendite di nuda proprietà: dal 2010 fino alla fine del 2013, infatti, i proprietari che hanno messo sul mercato la nuda proprietà della propria abitazione sono cresciuti del 20,3% a Roma, del 18,7% a Milano, del 17,4% a Firenze, del 15,5% a Genova e dell'11,1% a Napoli, secondo i dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate. Alla fine del 2014 le vendite di nuda proprietà sono cresciute dell’1,5%, con un aumento più accentuato nei Comuni capoluogo rispetto ai Comuni minori. Attraverso la vendita della nuda proprietà il venditore trasferisce la proprietà dell’immobile, ma non il diritto reale di godimento del bene (usufrutto); quel diritto, cioè, che consente al titolare di mantenerne il possesso e il pieno utilizzo per tutta la vita o per un determinato periodo.

Con la ripresa generale dell’economia, e conseguentemente del mercato immobiliare, i proprietari potrebbero non essere più costretti, per affrontare le difficoltà quotidiane, a vendere la nuda proprietà della loro abitazione: è probabile dunque che questo tipo di transazione possa subire una contrazione dei volumi, lasciando spazio alla compravendita tradizionale.

Fonte articolo: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/mercato-immobiliare-216.htm

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