Gli immobili efficienti si vendono prima e con più guadagno

In Trentino Alto Adige e in Veneto oltre il 10% degli annunci di vendita riguarda immobili in classe A; record negativi in Toscana e Lazio, dove circa il 70% degli annunci ha per oggetto abitazioni energivore.


Quella della riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare italiano è una partita ancora aperta, sebbene qualcosa sembra essere cambiato negli ultimi due anni, soprattutto quando si parla del mercato delle compravendite. 

Analizzando gli annunci di immobili residenziali in vendita in Italia su Immobiliare.it è emerso infatti che il 23,5% delle abitazioni sul mercato vanta una classe energetica alta o media (D e superiori). A una domanda che, in un caso su due (53%), sia per l’acquisto sia per l’affitto si orienta su immobili efficienti, il mondo delle locazioni non risponde allo stesso modo, considerando che solo il 13,7% delle case in affitto è in classe D o superiore.


La sensibilità di chi cerca casa verso il valore di una classe energetica efficiente, inoltre, è in crescita: confrontando il dato della domanda con quello della rilevazione del 2015, risultano in aumento sul sito le ricerche di immobili in classe A (+3% sia per gli acquisti che per le locazioni).


"Chi vuole vendere casa ha chiaro il valore della riqualificazione energetica del suo immobile, che porta a concludere le trattative in tempi mediamente più veloci e con un guadagno maggiore –  dichiara Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it – La percezione del valore di questi interventi non è altrettanto forte in chi decide di affittare: a una domanda di locazione sempre più esigente e in aumento non corrisponde ancora un incremento della qualità degli alloggi offerti".


Le differenze regionali        

A fronte del quadro nazionale appena delineato, fra le regioni sussistono consistenti differenze. Per quanto riguarda gli annunci di vendita di immobili in classe energetica A e superiori, vale a dire di nuova costruzione, il Trentino Alto Adige e il Veneto risultano le Regioni più virtuose: in entrambe la percentuale di immobili in queste classi rappresenta circa il 10% del totale delle inserzioni.
Di contro, le Regioni dove oltre il 60% degli immobili in vendita è energivoro (dalla classe E alla classe G) sono quattro e sono, nell’ordine, Toscana, Lazio, Liguria e Sicilia.


Fonte articolo: Infobuild.it

Nuovo bonus verde nella Legge di Bilancio

Il nuovo bonus per il verde urbano del 36% vale 600 milioni di euro.


È questo, secondo le stime del Governo, l'impatto che potrà avere lo sconto fiscale, inserito nella legge di Bilancio 2018, dedicato a giardini, terrazzi, balconi.

Gli interventi riguarderanno soprattutto ville, villini e palazzi di pregio ma anche normali condomini. Non è, però, la sola novità in arrivo. Cambia anche l'ecobonus del 65%, che sarà supportato da un nuovo fondo di garanzia pubblico e che non riguarderà più alcuni interventi, come la sostituzione di infissi e schermature e le caldaie a condensazione e a biomasse.


Il bonus per il verde urbano 

Per il 2018 sarà detraibile una cifra pari al 36% delle spese documentate relative al verde, fino a un massimo di 5mila euro per ogni unità immobiliare. Le detrazioni attualmente esistenti (50% e 65%) coprono, infatti, solo gli interventi sugli edifici ma non il verde urbano. Il nuovo sconto, allora, sarà dedicato alla sistemazione a verde "di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni". Quindi, soprattutto terrazzi, balconi, giardini condominiali. Ma anche giardini pensili e coperture, messa a dimora di piante e arbusti. La detrazione spetterà anche per le spese condominiali: anche in questo caso si applica il tetto massimo di 5mila euro per unità.

 
Le stime sul possibile impatto 

Tra le spese che sarà possibile recuperare ci sono anche quelle di progettazione e manutenzione connesse all'esecuzione degli interventi. I pagamenti, come avviene già oggi, dovranno passare da bonifici speciali, mentre gli sconti fiscali saranno ripartiti in dieci quote annuali. Secondo le stime del Governo, questa misura agisce su un bacino potenziale di 1,2 miliardi di euro. Sono soprattutto investimenti in ville, villini e palazzi di pregio ma anche normali condomini. Di questa cifra, circa la metà (600 milioni) sono investimenti aggiuntivi.


Come cambia l'ecobonus 

L'intervento sull'Ecobonus della legge di Bilancio 2018 punta a migliorare il rapporto tra costi e benefici del meccanismo. Viene, quindi, prorogata fino al 31 dicembre del 2018 la detrazione del 65% per gli investimenti di efficientamento energetico di singole unità immobiliari, insieme allo sconto del 50% per le ristrutturazioni. Viene, invece, confermata la scadenza al 31 dicembre del 2021 per le detrazioni "pesanti" del 70 e 75%, dedicate agli investimenti strutturali, come il cappotto termico. Accanto a questo, ci sarà una revisione della struttura delle aliquote. Alcune tipologie di investimento, cioè, transitano dal 65 al 50%: sostituzione di infissi e schermature, ma anche caldaie a condensazione e a biomasse.


Il nuovo fondo di garanzia 

Per rendere più utilizzabile il bonus, viene istituito un fondo nazionale per la concessione di garanzie sui prestiti finalizzati alle operazioni di riqualificazione energetica. La dotazione sarà di 50 milioni all'anno tra il 2018 e il 2020, ripartiti tra ministero dell'Ambiente e ministero dello Sviluppo economico. In questo modo le famiglie a basso reddito potranno accedere più facilmente ai prestiti bancari: con questi 50 milioni sarà possibile stimolare 600 milioni di investimenti. Per completare il tagliando alla sconto fiscale, infine, vengono aggiornati i requisiti tecnici minimi che gli interventi di efficientamento devono rispettare per rientrare nel perimetro dello sconto.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Accensione riscaldamento: e se l'impianto non è a norma?

L’accensione degli impianti termici è un rito che, immancabile, si ripete ogni anno, con l’arrivo dell’autunno e dei primi freddi.


Rappresenta però solo l’atto conclusivo di attività di manutenzione che, all’attivazione, devono essere ormai terminate.

L'ACCENSIONE DEGLI IMPIANTI

L’accensione degli impianti termici è funzione del sito in cui è collocato l’edificio e, più precisamente, della zona climatica di riferimento. L’intero territorio italiano è infatti suddiviso in 6 zone climatiche, dalla A (la più calda) alla F (la più fredda). Il 15 ottobre è la data dell’accensione degli impianti negli edifici collocati in zona climatica E (in cui ricadono pressoché tutte le città del Nord Italia). 

Nella zona F non vi sono limitazioni temporali, mentre per l’accensione in zona climatica A o B si deve attendere il 1° dicembre!


Al di fuori di tali periodi, gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio, e previa autorizzazione del Sindaco del Comune in cui sono collocati. 
Sussistono inoltre limiti anche sulla durata giornaliera di attivazione dell’impianto (dalle 14 ore in zona E alle 6 ore in zona A). Qualora vi sia un sistema di termoregolazione e contabilizzazione del calore, si può superare quest’ultima limitazione. Queste prescrizioni non si applicano agli edifici in cui vi sia permanenza di soggetti deboli, quali ospedali, case di cura, asili e scuole materne.


CHE FARE SE L'IMPIANTO NON È A NORMA?

condomìni che, in contesto centralizzato, non abbiano ancora installato un sistema di contabilizzazione e termoregolazione ai sensi del D.Lgs. 102/2014 (la proroga dopo il 30 giugno non c’è stata), dovranno attendere la prossima primavera per potersi adeguare. L’impianto sarà però non a norma, e i proprietari delle unità immobiliari saranno sanzionabili in caso di controllo da parte dei pubblici funzionari preposti (ammenda tra le 500 e le 2.500 euro).


La responsabilità (civile epenale) dell’impianto termico dell’amministratore in caso di impianto centralizzato, o dell’amministratore delegato in caso di soggetto giuridico proprietario dell’impianto. È però possibile delegare tale responsabilità ad un terzo soggetto, il Terzo Responsabile, purché sia dotato di adeguata capacità tecnica ed economica e, soprattutto, purché l’impianto sia a norma di legge, dal punto di vista tecnico e documentale.
Qualora l’impianto non sia a norma, o cessi di esserlo, il Terzo Responsabile non può assumere la delega e, se in carica, deve segnalare il problema e dimettersi entro 10 giorni qualora nulla venga fatto per porvi rimedio. 


La garanzia della piena conformità dell’impianto si può avere solo rispettando le scadenze indicate. È il libretto di uso e manutenzione del generatore di calore che dice quali siano le operazioni di manutenzione da svolgere e con quale frequenza (in genere i produttori richiedono attività manutentive almeno annuali, svolte da personale qualificato. 

I controlli di efficienza energetica sono invece esplicitamente previsti dall’Allegato A del Dpr 74/2013. Per gli impianti a combustione a gas, sono previsti controlli ogni 4 anni sino ai 100 kW e ogni 2 anni oltre tale soglia. Da sottolineare come le Regioni possano richiedere frequenze minori: è il caso della Lombardia che ha dimezzato tali scadenze portandole a 2 ed 1 anno.
Per verificare quanto è stato fatto sull’impianto, e se son state rispettate tutte le scadenze previste, si può consultare il Libretto di Impianto di Climatizzazione, che, ai sensi di DM 10/02/2014, è presente per ogni impianto termico.


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

Perchè le classi energetiche non corrispondono al comfort casalingo?

La classe energetica degli edifici ha assunto sempre più importanza negli ultimi anni, specie nelle contrattazioni immobiliari.


È fatto conclamato che il mercato guardi sempre con maggiore attenzione alla classe dell’edificio, dando maggior pregio (anche in termini economici) a quelli che ricadono in classi energetiche elevate, o comunque dalla “B” in su. 

 

Non tutti sanno, però, che alcune volte la classe energetica dell’edificio può non coincidere con l’effettivo benessere termico all’interno dell’edificio; questo si verifica soprattutto nei fabbricati realizzati in data anteriore all’emanazione delle varie leggi sul risparmio energetico, in particolare dal 2005/2008 all’indietro.

Classe energetica e benessere termico

La classificazione energetica delle APE, detto in maniere ultra-semplificata, pone in una classe più elevata quegli edifici che consumano poche fonti non rinnovabili e più fonti rinnovabili; l’edificio energeticamente migliore, secondo tale classificazione, è dunque quello che consuma poco e rinnovabile. Per completezza d’informazione, nel rinnovabile troviamo ad esempio i pannelli solari, i pannelli fotovoltaici e le biomasse.


Quando si parla di benessere termico, però occorre precisare che non esiste una regola fissa che disciplini quando un’abitazione è termicamente confortevole o costi poco riscaldarla, ma esistono alcuni principi chiari che rendono bene l’idea del significato del comfort o benessere: per esempio la temperatura deve più possibile uniforme in tutto il volume dell’unità immobiliare, le pareti che racchiudono l’unità devono essere a temperature non eccessivamente più basse dell’aria presente nei locali, non deve essere presente un’enorme differenza di temperatura tra l’aria più in basso e quella più in alto dei locali, non deve esservi eccessiva umidità relativa né correnti di aria.

Esempi di metodi di riscaldamento

Incrociando i principi di classificazione e di benessere come sopra chiariti, si noterà, tanto per fare un esempio, che nelle abitazioni dove è presente un caminetto a legna non vengono rispettati i principi del benessere termico, ma, ciò nonostante, essendo il legno rinnovabile, l’unità immobiliare avrà una classe energetica più elevata rispetto alla medesima unità immobiliare senza caminetto, ma riscalda, per esempio, a metano.

Con un impianto radiante a pavimento, alimentato da una caldaia a metano, si raggiunge molto facilmente il comfort termico (la temperatura è uniforme, non ci sono particolari differenze tra l’aria in alto e quella in basso, le pareti si scaldano etc.), ma se nella stessa abitazione fosse presente una stufa pellet, con la quale non si raggiunge il medesimo comfort (si scalda solo l’aria vicino alla stufa, si influisce negativamente sull’umidità etc.) è possibile che quest’ultima risulti in una classificazione energetica migliore.


L’intento di chi ha scritto tali leggi energetiche era, certamente, quello di favorire le fonti rinnovabili, ma nel farlo non ha tenuto in considerazione le numerose realtà dell’Italia in cui il legno, per esempio, rappresenta una fonte imprescindibile del riscaldamento, sebbene non soddisfi in pieno i requisiti del benessere termico.


Il massimo, sarebbe avere un impianto che rispetti i principi del benessere, come potrebbe essere l’impianto a pavimento, alimentato tramite un sistema rinnovabile come potrebbero essere le pompe di calore abbinate al fotovoltaico. Ma fotografando il patrimonio immobiliare e gli usi e consuetudini italiane, noteremo che in molti luoghi, dove soprattutto la legna è facilmente reperibile, tale disciplina legislativa ha favorito l’aumento dei consumi proprio del legname, mentre il fotovoltaico viene ancora accantonato poiché troppo più oneroso.

Su come il consumo del legno e dei boschi incida sull’ecosistema è ormai un fatto chiaro, mentre sulla bontà delle celle fotovoltaiche, ricche di silicio, nei confronti dell’ambiente e degli esseri umani, non è possibile per lo scrivente esprimere un giudizio fondato poiché rappresenta un argomento estremamente delicato; in tale ambito è opportuno che il trattamento delle celle avvenga in modo tale da non disperdere ciò che di buono hanno fatto i pannelli fotovoltaici durante la loro vita utile. 

Fonte articolo: Ediltecnico.it

 

 

Oltre 4 miliardi spesi dalle famiglie per efficientare casa; gli interventi più richiesti

Oltre 360mila richieste per l’Ecobonus – la detrazione fiscale del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare – nel solo 2016, per un totale di oltre 3,3 miliardi di euro di investimenti attivati e un risparmio stimato di poco più di 95 ktep/anno. E se si guarda agli ultimi tre anni si arriva a circa un milione di interventi per 9,5 miliardi di investimenti.


Sono i dati relativi resi noti a luglio dal sesto Rapporto annuale dell’Enea.

 

Nel periodo 2014-2016, la quota principale pari a 4,36 miliardi di euro ha riguardato "la sostituzione di 1,9 milioni di serramenti", mentre 1,7 miliardi di euro "sono stati destinati ad oltre 52mila interventi sulle pareti orizzontali ed inclinate".


"I risparmi nel triennio– spiega una nota – sono stati di circa 3.300 GWh/anno, poco più di 0,28 Mtep/anno. Nel 2016 in particolare, i risparmi hanno superato i 1.100 GWh/anno, soprattutto per la sostituzione di serramenti (oltre il 41%) e la coibentazione di solai e pareti (oltre il 26%), tipologie di interventi che, insieme alla riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento dell'intero edificio, hanno il miglior rapporto costo/efficacia".


Risultati che confermano quelli riscontrabili fin dall’attivazione degli incentivi, che rischiano a fine anno di essere pesantemente ridimensionati: "Grazie agli incentivi fiscali per la riqualificazione energetica (detrazione fiscale del 65%) e per il recupero edilizio (detrazione fiscale attualmente del 50%, ma con aliquote diverse dalla prima introduzione nel 1998), sono stati realizzati oltre 14,2 milioni di interventi, che hanno riguardato il 55% delle famiglie italiane in poco meno di 20 anni. Gli investimenti corrispondenti ammontano a 237 miliardi di euro, di cui 205 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e circa 32 miliardi la riqualificazione energetica".


Tra i risultati elencati dal Rapporto, da segnalare anche il risparmio di 3,5 miliardi di euro di importazioni di petrolio e gas grazie ai minori consumi dal 2005 ad oggi; le oltre 15mila diagnosi energetiche eseguite da oltre 7mila aziende, "un successo raggiunto anche grazie all'aumentata consapevolezza nelle imprese sul fatto che investire in efficienza porta benefici economici rilevanti"; i 5,5 milioni di Titoli di Efficienza Energetica riconosciuti dal Gse, "con un incremento del 10% rispetto al 2015, a cui corrispondono risparmi di energia primaria pari a 1,9 Mtep/anno" (erano circa 1,7 nel 2015); un incremento del 300% delle richieste sul meccanismo del Conto Termico da parte della Pa locale, "soprattutto per interventi integrati e in grado di sfruttare la sinergia con altre possibilità di finanziamento, offerte dai fondi strutturali a livello regionale".


"Il nostro Paese, nel suo complesso, presenta un buon livello di efficienza energetica, soprattutto nel settore industriale, mentre per la PA è necessario un vero salto di qualità", ha dichiarato il presidente dell’Enea Federico Testa che, nell’occasione, ha annunciato la creazione di un’apposita task force operativa “PA-Obiettivo efficienza energetica” con il Gse,proprio per supportare la pubblica amministrazione nella realizzazione di interventi di riqualificazione energetica.
"I consumi degli immobili della Pa risultano più elevati della media nazionale e ciò rende critico il rispetto della Direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici nel caso di nuove costruzioni o di riqualificazioni importanti (deep renovation), in vigore dal 2019 per gli edifici pubblici", ha spiegato Testa.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

 

Tutto quello che c'è da sapere sull'Ape, anche nelle compravendite

L’Ape, l’attestato di prestazione energetica, è la carta di identità energetica di un immobile. A cosa serve? Cosa contiete?


Ecco tutte le risposte nella guida di seguito.

 

Ape: cos’è

L’Ape è il documento energetico di un edificio che deve contenere specifici elementi quali:

- la prestazione energetica globale sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile, attraverso i rispettivi indici;

- la classe energetica determinata attraverso l’indice di prestazione energetica globale, espresso in energia primaria non rinnovabile;

- la qualità energetica del fabbricato ai fini del contenimento dei consumi energetici per il riscaldamento e il raffrescamento, attraverso gli indici di prestazione termica utile per la climatizzazione invernale ed estiva dell’edificio;

- i valori di riferimento, quali i requisiti minimi di efficienza energetica vigenti a norma di legge;

- le emissioni di anidride carbonica;

- l’energia esportata;

- le raccomandazioni per il miglioramento dell’efficienza energetica con le proposte degli interventi più significativi ed economicamente convenienti, distinguendo gli interventi di ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione energetica.


Chi deve redigerlo

A redigere l’attestato di prestazione energetica deve essere un tecnico abilitato che deve misurare le caratteristiche energetiche dell’immobile, i consumi, la produzione di acqua calda, il raffrescamento e riscaldamento degli ambienti, il tipo di impianto. Eventuali sistemi di produzione di energia rinnovabile.


La validità

L’Ape ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio ed è aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che riguardi elementi edilizi o impianti tecnici in maniera tale da modificare la classe energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare.


L’Ape negli annunci immobiliari

Quando si deve vendere l’immobile o concederlo in locazione occorre riportare nei relativi annunci immobiliari, l’indice di prestazione energetica dell’involucro edilizio e globale dell’edificio o dell’unità immobiliare e la classe energetica corrispondente. Tutte queste informazioni sono contenute proprio nell’Ape. Se mancano tali informazioni il responsabile dell’annuncio è punito con una sanzione da 500 a 3mila euro.


L’Ape nella compravendita e locazione

E’ necessario allegare al contratto di compravendita o a quello di locazione l’Ape altrimenti si rischia la nullità del contratto stesso. Tale obbligo vale anche in caso di trasferimento a titolo oneroso (permuta, rendita, ecc) o a titolo gratuito (donazione) degli immobili.


Per quanto riguarda la compravendita, prima del trasferimento dell’immobile e comunque sin dal momento della trattativa, il proprietario deve, a sue spese, far redigere l’Attestato e mostrarlo all’acquirente. Al momento del passaggio di proprietà, l’APE andrà consegnato al nuovo proprietario. Nell’atto di vendita inoltre va apposta una specifica clausola con la quale l’acquirente dichiara di aver ricevuto le  informazioni  e  la documentazione,   comprensiva   dell’attestato,   in   ordine    alla prestazione  energetica  dell’immobile. Infine l’Ape va allegato al contratto di vendita, altrimenti il proprietario inadempiente rischia una sanzione tra i 3000 ed i 18000 euro.


Per quanto riguarda il nuovo contratto di locazione, in esso va apposta una specifica clausola con la quale il conduttore dichiara di aver ricevuto informazioni riguarda l’attestato di prestazione energetica. In caso di affitto di singole unità immobiliari l’APE può non essere allegato al contratto ma va comunque obbligatoriamente redatto. Come in caso di compravendita, il proprietario (locatario) deve mostrare l’attestato di prestazione energetica durante le fasi di contrattazione e consegnarlo all’affittuario al momento della registrazione del contratto. In merito alle locazioni inoltre è previsto l’obbligo di allegare l’Ape anche ai contratti di affitti brevi, come quelli turistici.


Chi paga il certificato energetico? 

In caso di compravendita immobiliare, il pagamento dell’APE spetta normalmente al venditore salvo diversi accordi tra le parti. In caso di affitto il costo del certificato APE è sostenuto dal proprietario e non dall’affittuario.


Quando è escluso l’Ape

Per legge sono esclusi dall’obbligo dell’Ape in caso di compravendita o locazione i seguenti immobili:

- fabbricati isolati con superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati;

- edifici adibiti a luoghi di culto;

- manufatti come ruderi;

- edifici il cui utilizzo non prevede l’installazione e l’impiego di sistemi tecnici come box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, ecc.;

- edifici per cui non è necessario assicurare un comfort abitativo perché no destinati alla permanenza di persone quali garage, depositi, cantine, ecc.;

- edifici venduti al rustico.


Fonte articolo: Cosedicasa.com

 

 

Aumentano le compravendite di immobili di classe A

La classe energetica si conferma tra i fattori che incidono maggiormente sulla scelta di un immobile. 


Secondo il “Rapporto annuale sull’andamento del mercato immobiliare urbano”, realizzato da ENEA, Istituto per la Competitività (I-Com) e Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (FIAIP), le compravendite di nuovi immobili delle classi A+, A e B sono aumentate del 10% nel 2016.

 

Il 60% delle trattative concluse nel mercato nuove costruzioni ha avuto come oggetto immobili nelle classi energetiche più efficienti.

E’ un dato incoraggiante che evidenzia come l’efficienza energetica sia ormai una prassi consolidata nel mercato dell’edilizia, anche se ad oggi è ancora la classe G, quella meno performante, a dominare il mercato.


A livello globale, stando al Rapporto 2016 il nostro Paese si colloca fra i leader in Europa in questo campo.
In particolare va evidenziato che il livello d’intensità energetica è del 18% inferiore alla media UE. E’ un dato positivo, poichè più è basso il valore dell’intensità energetica, maggiore è l’efficienza energetica del Paese.


Sempre dall’analisi l’Italia ha raggiunto il 32% dell’obiettivo di risparmio al 2020 fissato dal Piano Nazionale di Efficienza Energetica 2014.


Uno dei principali strumenti per promuovere l’efficienza sono stato i cosiddetti Ecobonus, che hanno favorito in particolare gli interventi di isolamento termico degli edifici, la sostituzione di infissi e l’installazione di impianti di riscaldamento più efficienti.

Le riqualificazioni energetiche e gli acquisti di immobili in classe A+, A o B sono premiati da un maggior valore dell’abitazione, nonchè da congrui risparmi in bolletta.


Il Rapporto evidenzia anche aree di miglioramento, grazie alle interviste a oltre 500 agenti immobiliari associati alla FIAIP in tutta Italia per sondare l’importanza del tema efficienza energetica. Il 58% del campione, contrariamente ai trend immobiliari, ha dichiarato che gli acquirenti non sono particolarmente interessati all’Attestato di Prestazione Energetica (APE).
In realtà sappiamo che conoscere i consumi energetici di un immobile è fondamentale.


Il Rapporto Enea ha proposto a riguardo alcune iniziative, volte a sensibilizzare il mercato e i professionisti che vi operano. Una delle ipotesi è quella di rendere l’Ape dinamico, così da permettere all’acquirente di comprendere quali saranno i suoi consumi energetici reali nel momento in cui andrà ad abitare nell’immobile acquistato. 


Una delle ulteriori ipotesi riguarda l’inserimento nei listini immobiliari di una voce specifica legata ai “ristrutturati green”: il 52% degli intervistati si è pronunciato sfavorevole, evidenziando come vi sia ancora una scarsa percezione del valore di mercato degli immobili efficienti. Questa è sicuramente una barriera all’accesso al credito per le ristrutturazioni energetiche. 


Sicuramente la riconferma delle detrazioni, come evidenziato in precedenza, può costituire un incentivo, così come i tassi dei mutui particolarmente vantaggiosi anche in ambito ristrutturazioni. 


Fonte articolo: Mutuionline.it

Termovalvole, quanto mi costano?

Negli scorsi giorni, il 15 aprile, si sono ufficialmente spenti i riscaldamenti in tutto il Paese ed è finita, almeno sulla carta, la stagione del freddo e dei grandi consumi di gas.


Il portale ProntoPro.it ha deciso di cogliere questa occasione per calcolare quanto sono riuscite a risparmiare le famiglie grazie all’installazione delle termovalvole

 

Chi ha già effettuato questo tipo di intervento sul suo impianto di riscaldamento, secondo la stima del sito, ha risparmiato in un anno 150 euro.
Una cifra che permette di ammortizzare i costi che servono a installare questi apparecchi in casa: mediamente, sempre secondo i calcoli del portale, si spendono 78 euro per ogni calorifero. Quindi ipotizzando un immobile dotato di quattro termosifoni, il costo sostenuto per le termovalvole, pari a circa 300 euro, verrà ammortizzato in due anni.


Per effettuare queste interessanti stime, ProntoPro.it è partito dall’analisi dei dati diffusi dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico che hanno parlato di una spesa media per il gas pari a 1.029 euro a famiglia.


Il tempo per adeguarsi all’obbligo di legge che impone le valvole termostatiche per il controllo del riscaldamento è ormai poco: con il decreto Milleproroghe si è fissato come termine ultimo quello di giugno 2017.
Per non incappare in sanzioni piuttosto salate, comprese fra i 500 e i 2.500 euro, bisogna quindi programmare l’intervento che potrebbe avere un costo diverso a seconda della città in cui si trova l’appartamento. Per esempio a Milano i costi sono più alti e possono arrivare a 100 euro per ogni singola termovalvola, mentre la spesa risulta più bassa a Catanzaro, dove servono soltanto 70 euro.


Fonte articolo: Immobiliare.it

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