Detrazioni edilizie: cosa accade se cambia il proprietario dell'immobile?

Per le ristrutturazioni edilizie è possibile beneficiare di agevolazioni fiscali.


Chi esegue lavori sulla propria casa da ristrutturare ha diritto a una detrazione Irpef del 50%, con un tetto massimo di spesa di 96.000 euro, fino al 31 dicembre 2017. 

Ma cosa accade se l’immobile sul quale è stato eseguito l’intervento di recupero edilizio è venduto prima che sia trascorso l’intero periodo per fruire dell’agevolazione?


Se l’immobile sul quale è stato eseguito l’intervento di recupero edilizio è venduto prima che sia trascorso l’intero periodo per fruire dell’agevolazione, il diritto alla detrazione delle quote non utilizzate è trasferito, salvo diverso accordo delle parti, all’acquirente dell’unità immobiliare (se persona fisica).


In sostanza, in caso di vendita e, più in generale, di trasferimento per atto tra vivi, il venditore ha la possibilità di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all’acquirente (persona fisica) dell’immobile. Tuttavia, in assenza di specifiche indicazioni nell’atto di compravendita, il beneficio viene automaticamente trasferito all’acquirente dell’immobile. Per stabilire chi può fruire della quota di detrazione relativa a un anno, occorre individuare il soggetto che possedeva l’immobile al 31 dicembre di quell’anno.


Il trasferimento di una quota dell’immobile non determina un analogo trasferimento del diritto alla detrazione, che avviene solo in presenza della cessione dell’intero immobile. Se, tuttavia, per effetto della cessione della quota chi acquista diventa proprietario esclusivo dell’immobile, la residua detrazione si trasmette all’acquirente.


In caso di decesso dell’avente diritto, la detrazione non fruita in tutto o in parte è trasferita, per i rimanenti periodi d’imposta, esclusivamente all’erede o agli eredi che conservano la “detenzione materiale e diretta dell’immobile”. La condizione della detenzione del bene deve sussistere non soltanto per l’anno di accettazione dell’eredità, ma anche per ciascun anno per il quale si vuole fruire delle residue rate di detrazione.


Se, per esempio, l’erede che deteneva direttamente l’immobile ereditato successivamente concede in comodato o in locazione l’immobile stesso, non potrà fruire delle rate di detrazione di competenza degli anni in cui non ha più la detenzione materiale e diretta del bene. Potrà beneficiare delle eventuali rate residue di competenza degli anni successivi al termine del contratto di comodato o di locazione.
In caso di vendita o di donazione da parte dell’erede che ha la detenzione materiale e diretta del bene, le quote residue della detrazione non fruite da questi non si trasferiscono all’acquirente o donatario, neanche quando la vendita o la donazione sono effettuate nello stesso anno di accettazione dell’eredità.


Fonte articolo: Idealista.it

 

Il mercato delle donazioni è florido: i consigli del notaio

Le donazioni rappresentano una fetta significativa (ma spesso trascurata) degli scambi immobiliari.


A fare luce sul fenomeno sono i dati statistici diffusi per la prima volta dal Notariato. 

Infatti, alle 630mila compravendite di fabbricati registrate nel 2016 – comprese pertinenze e immobili strumentali e di cui il 3% trasferiti in nuda proprietà e l’1,4% per il solo usufrutto – vanno infatti aggiunte 72.403 donazioni, 24.501 donazioni di nuda proprietà e 10.621 donazioni di usufrutto (sempre di soli fabbricati, quindi esclusi i terreni, le servitù, i diritti di superficie eccetera). Per un totale di 107.525 atti: vale a dire che ogni 100 transazioni 15 sono donazioni.

 
Per la legge (e il Fisco) è già successione 

"Si tratta di una quota pressoché costante nel tempo – commenta Giampaolo Marcoz, consigliere nazionale del Notariato – soggetta a picchi ogni volta che ci sono ipotesi o semplici rumors su eventuali modifiche alla tassazione su donazioni o successioni".
Le due fattispecie sono infatti soggette alla stessa imposizione fiscale, che in questo momento si può considerare abbastanza vantaggiosa, dato che è più bassa di quella applicata alle compravendite: limitandosi alla cerchia dei parenti più prossimi, entro la franchigia di un milione di euro per ciascun beneficiario si applicano solo le imposte di trascrizione e catastale pari rispettivamente al 2% e all’1% del valore (o 400 euro in tutto in misura fissa se si opta per i benefici prima casa).


Il timore che spinge a donare è in sostanza che in futuro possa diventare più costoso il passaggio dei beni in termini di tasse di successione. Inoltre, la scelta è fatta anche per pagare meno Imu: tipicamente ci si libera infatti di una seconda casa per intestarla come abitazione principale (su cui non grava l’imposta) a un figlio o a un nipote.


Testamento, questo sconosciuto 

In genere la donazione della casa è quindi un anticipo di eredità: le analisi comparative del Notariato confermano del resto come «dove si dona meno si utilizza maggiormente lo strumento del testamento per le pianificazioni familiari e viceversa». Bisogna però anche tener conto che la divisione che può sembrare equa in un certo momento della vita, può non esserlo al momento della successione per i più vari motivi: dal cambiamento della composizione e della ricchezza familiare alla variazione del valore dei beni. E mentre un testamento si può sempre cambiare, è più difficile “correggere” strategie basate sulla donazione. «La preferenza accordata alla donazione – aggiunge Marcoz – dipende però anche da una motivazione psicologica: i genitori hanno il desiderio di vedere gli eredi “sistemati” quando sono ancora in vita. Gli stessi obiettivi di assegnazione di “che cosa a chi” si potrebbero raggiungere con un testamento, ma è uno strumento poco utilizzato in Italia».

 

Beneficiari giovani, anzi no 

Se si guarda alla distribuzione per classe anagrafica  si trova conferma del fatto che l’età del donante di fabbricati è sempre elevata (il 78% ha più di 56 anni). L’età di chi riceve il bene, invece (donatario) è meno sbilanciata verso il basso di quanto ci si possa attendere (il 55,5% ha meno di 45 anni).
"Questo con ogni probabilità è dovuto al fatto che le nuove generazioni si stabilizzano più tardi a livello familiare e professionale e quindi c’è un differimento nel tempo del passaggio, che avviene solo nel momento in cui c’è una ragionevole sicurezza sulla stabilità della situazione familiare e lavorativa del donatario. Il consiglio che in genere dà il notaio – continua Marcoz – a chi è intenzionato a un atto di liberalità verso i parenti più affini, è di valutare se il bene è destinato a rimanere a lungo nella disponibilità del patrimonio del beneficiario, per evitare i problemi che potrebbero derivare alla futura circolazione dell’immobile".


RivendibiLItà a rischio 

Occorre tenere conto cioè che una casa donata è difficilmente rivendibile. Questo perché – in caso di morte del donatore e dell’apertura di una successione – gli eredi potrebbero agire in giudizio per vedersi riconosciuta la parte di eredità cosiddetta legittima – la quota di cui non si può disporre liberamente nel definire la destinazione dei propri beni – erosa dalla donazione. La massa ereditaria oggetto di successione, infatti, non è solo quella “censita” al momento del decesso, ma comprende anche le donazioni fatte in vita (a valori aggiornati). Quindi acquistare una casa che è stata in precedenza donata espone al rischio di rivendicazione da parte degli eredi dell’originario proprietario, fatto che ovviamente ne limita la commerciabilità.


"In realtà – chiosa il notaio – in giurisprudenza non si trovano casi concreti al riguardo. Anche perché prima di poter pretendere di aggredire la casa donata, l’erede che ritiene di essere stato svantaggiato dalla donazione in sede successoria, deve prima rivalersi sul donatario che ha poi rivenduto il bene e solo in caso di insufficiente capienza di quest’ultimo, arrivare a chiedere al giudice la restituzione del bene o di parte del suo valore".

 
Mutuo "impossibile" e verifiche patrimoniali 

Sono però soprattutto le banche a non voler correre rischi, seppur remoti, e quindi a bloccare i mutui legati agli acquisti di immobili donati: il diritto dell’erede ha infatti precedenza rispetto a quello stabilito dell’ipoteca. Se l’acquisto si fa “in contanti” non è però sempre sconsigliabile: l’importante è verificare bene la situazione patrimoniale del venditore e, nel caso, del donante originario. Tenendo presente che la possibilità di agire in giudizio si estingue in 20 anni per la donazione e in 10 per la successione.

Liberatorie e finte compravendite 

Mettendosi invece nei panni di chi il bene lo ha ricevuto in donazione, è bene ricordare che per “liberarlo” da vincoli è sufficiente che gli altri eredi dichiarino di rinunciare all’azione di riduzione. Per evitare la limitata circolazione del bene, in passato si ricorreva anche a finte compravendite. Oltre al falso che si metterebbe in atto, compromettendo anche la trasparenza della successione, oggi questa operazione non viene più praticata a causa delle norme antiriciclaggio più severe sulla trasparenza dei passaggi di denaro.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

 

Donazione ai figli: i problemi di natura fiscale

Accade spesso che un genitore decida di acquistare una casa al proprio figlio. Attenzione però. In questo caso, infatti, si possono presentare problemi di natura fiscale con l’Agenzia delle Entrate e con gli altri eventuali eredi.


Come sottolineato da La legge per tuttiquesti problemi possono emergere anche a distanza di diversi anni. E’ bene dunque che operazioni di questo tipo avvengano nel modo più trasparente possibile.

 

Nel caso della donazione della casa al figlio, l’atto può essere considerato “definitivo” solo dopo un anno. Nei primi 12 mesi, i creditori del genitore possono pignorare l’immobile nonostante esso sia stato già trasferito ed entrato nel patrimonio del figlio.
Per fare ciò, essi dovranno trascrivere il pignoramento nei registri immobiliari entro un anno dall’atto notarile di donazione. Una volta compiuto tale adempimento, il figlio, benché nuovo titolare della casa, può essere espropriato per i debiti del padre.


Per cinque anni ci può essere poi la revocatoria. Dopo il primo anno, infatti, ce ne sono altri quattro in cui la donazione può essere revocata.
Il creditore può intraprendere la cosiddetta azione revocatoria di tutte quelle donazioni o atti di vendita che abbiano leso i suoi interessi e che risultino essere stati compiuti in “malafede”, che è presunta tutte le volte in cui il debitore, all’esito della cessione, rimane senza beni tali da garantire ai suoi creditori un efficace pignoramento e una tutela delle proprie ragioni.
La donazione è revocabile anche se il creditore non ha ancora agito in causa per il recupero del credito o anche se il debitore ha proposto una formale contestazione contro la richiesta di pagamento.


Ma non finisce qui. Se il debito è di natura fiscale per Iva o Irpef e l’importo supera 50mila euro, e nello stesso tempo risulta che il donante non ha altri beni pignorabili, si verifica anche un illecito penale. In questo caso, scatta il reato di sottrazione fraudolenta alle imposte.


Fonte articolo: Idealista.it

 

Donazione senza notaio possibile? In due modi


La donazione è un contratto che prevede sempre l'accettazione del beneficiario e la firma dell'atto in presenza di due testimoni davanti a un notaio.


Notaio che si dovrà occupare anche di alcune verifiche preliminari e della successiva trascrizione e registrazione del contratto.


Ci sono due casi, pero', in cui la donazione dell'immobile puo' avvenire anche senza presenza del notaio.Vediamo quali sono.



Donazione indiretta immobile 

La donazione di un immobile può avvenire anche la cosiddetta intestazione della casa in nome altrui. Si tratta della cosiddetta donazione indiretta. Il caso più frequente è quello di un genitore che acquista un immobile pagando il prezzo e intestandolo al figlio o di chi acquista una casa in un contratto preliminare però al momento del rogito sostituisce a sé il proprio figlio fornendo lui il denaro.

In questo caso oggetto della donazione è il denaro con cui si acquista l'immobile. La presenza del notaio non è necessario e questi interviene solo per la redazione dell'atto di vendita.

Però, come appunto insegna la sentenza n. 24400/2016, la decadenza dall’agevolazione "prima casa" può verificarsi anche per ragioni non imputabili alla parte acquirente. Cosicché anche la parte venditrice deve mettere in conto una sua possibile responsabilità in caso di mancata concessione dell’agevolazione al contratto con il quale il venditore ha alienato un’abitazione a un acquirente che ha domandato l’agevolazione "prima casa" e che ha poi visto revocarsi l’agevolazione per causa al medesimo non imputabile. 

Usucapione + donazione indiretta

L'alternativa è seguire la strada dell'usucapione a favore del donatario.  Questa può essere fatta dichiarare dal tribunale o attraverso un processo di mediazione. Nel primo caso, i due soggetti, donante e donatario, possono dare inizio a una causa che, considerando l'accordo esistente, non dovrebbe avere tempi lunghi. Compito del giudice sarà accertare che il donatario ha posseduto l'immobile per oltre 20 anni. La sentenza avrà effetto retroattivo e sarà trascritta nei pubblici registri immobiliari.

Nel caso in cui si scelga la mediazione il processo sarà più corto e meno costoso. Un mediatore si occuperà di redigere un verbale in cui si dichiarerà l'effettiva usucapione del donatario. Solo successivamente il notaio dovrà autenticare le firme e si dovrà procedere alla trascrizione del verbale davanti al conservatore dei pubblici registri.


Fonte articolo: Idealista.it

 
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