Brexit: la BCE mantiene l'Euribor negativo. Previsioni positive per Roma

Lo choc della Brexit non è certo una buona notizia per il mercato immobiliare italiano che ha bisogno di certezze e stabilità per poter finalmente ripartire.


C’è però chi può trarre vantaggio dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea: coloro che hanno un mutuo a tasso variabile. 

BREXIT E MUTUI

La Banca Centrale Europea si appresta, ancora una volta, a intervenire sui mercati per garantire il loro corretto funzionamento e assicurare la solidità del sistema bancario e, come già avvenuto in passato, lo farà aumentando la liquidità; questa, a sua volta, contribuirà a mantenere in territorio negativo l’Euribor, il tasso di riferimento per i mutui a tasso variabile. Subito dopo l’esito delle urne, il tasso interbancario della zona euro a 1 mese è rimasto inchiodato a -0,36%, mentre quello a tre mesi è sceso, seppur di pochissimo, da -0,27% a -0,28%, dimostrando così che lo stress inferto dalla Brexit al sistema finanziario è destinato a tradursi in un abbassamento dei tassi piuttosto che in una loro risalita.


In ogni caso, anche se l’Euribor non dovesse scendere ulteriormente, la situazione di difficoltà contribuirà a prolungare il periodo di tassi negativi. Questa è un’ottima notizia per molte famiglie italiane che già oggi sono in difficoltà con il pagamento delle rate. Secondo un sondaggio realizzato da Nomisma è infatti salita dal 14,4% al 22,8% la percentualedelle famiglie che dichiarano di avere difficoltà nel far fronte al mutuo. Una famiglia ogni quattro dunque rischia di rimanere indietro con il pagamento delle rate, creando così i presupposti per un ulteriore aumento dei non performing loan (Npl), i crediti in sofferenza che rappresentano il macigno che grava sull’intero sistema bancario italiano. E proprio il probabile aumento delle sofferenze, unito alle difficoltà che il comparto bancario sta incontrando in Borsa, potrebbero mettere a rischio la ritrovata disponibilità degli istituti di credito a prestare soldi per l’acquisto della casa.


Negli ultimi due anni l’ammontare complessivo dei mutui concessi è significativamente cresciuto, anche al netto delle surroghe, e gli spread sono scesi parecchio. Secondo i dati resi noti dall’Abi, l’anno scorso le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di immobili da parte delle famiglie hanno registrato un incremento annuo del +97,1% rispetto al 2014. Nell’intero 2015 l’ammontare delle erogazioni di nuovi mutui è stato pari a 49,826 miliardi di euro con un’incidenza delle surroghe pari al 31%. Inoltre, oggi si trovano mutui a tasso variabile a 20 anni con un tasso di circa l’1% (per il tasso fisso si sale poco sopra il 2%). Nonostante questo miglioramento, Nomisma evidenzia come il mondo bancario assecondi solo parzialmente la richiesta di mutui e come la parte rimanente resti a carico delle famiglie: "La rete familiare continua a svolgere un ruolo estremamente rilevante per colmare i bisogni sociali e finanziari delle nuove generazioni".


Non stupisce dunque che ben il 73% di domande di mutuo non accolte (tenendo conto anche dei rifiuti fatti a livello informale ancora prima di aprire un’istrutturia) sia dovuto a garanzie non sufficienti. Nomisma evidenzia inoltre come solo una famiglia su quattro intenda ristrutturare casa e ben il 40% di queste lo faccia ricorrendo a un prestito bancario. Teoricamente le cose dovrebbero migliorare con l’entrata in vigore della nuova normativa sui pignoramenti che, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe facilitare la riscossione dei prestiti incagliati (manca solo il provvedimento attuativo di Banca d’Italia). Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato un decreto legislativo che consente di inserire nei contratti di mutuo una clausola che prevede che la banca possa procedere alla vendita diretta dell’immobile dopo il mancato pagamento di 18 rate. L’attuale normativa, che continuerà a essere quella di riferimento nel caso in cui il consumatore decida di non accettare la nuova clausola, stabilisce invece che il pignoramento scatti dopo 7 rate non pagate e che il procedimento passi necessariamente attraverso un giudice e una vendita all’asta, con tutte le lentezze ma anche tutte le garanzie connesse.

 
BREXIT E SCENARI IMMOBILIARI SU ROMA 

Dopo il sondaggio tra cento gestori professionali immobiliari in Europa e in Italia per conoscere i possibili effetti della Brexit sul mercato immobiliare del Vecchio Continente, Scenari Immobiliari ha realizzato una simulazione sulle possibili ricadute sul mercato residenziale di Roma.
Dal precedente sondaggio era emersa un’opinione abbastanza concorde tra gli operatori nel ritenere che, nel medio termine, con la Brexit potranno essere avvantaggiate le principali capitali europee e il settore delle costruzioni: circa il 70% degli intervistati, infatti, si aspetta lo spostamento di una parte dell’interesse degli investitori europei ed extra-europei dal Regno Unito ad altri Paesi europei.


Secondo Scenari Immobiliari, l’effetto Brexit porterà a Roma un aumento della popolazione di circa 1000-2000 abitanti l’anno (concentrati soprattutto nel 2017), tutti con reddito medio-alto. Tale incremento comporterà, pertanto, un aumento della richiesta di abitazioni+700 abitazioni compravendute nel 2016+1.100 nel 2017rispetto alla stima pre-Brexit. Ipotizzando che il 50% dei “nuovi romani” acquisti un’abitazione in città, il resto in affitto o sparsi nell’area metropolitana.
"L’effetto Brexit" – commenta Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – "si avrà anche sulla variazione dei prezzi e dei canoni con una crescita di circa un punto percentuale in più rispetto alle stime pre Brexit".


Fonti articolo: Repubblica.it, Idealista.it

Londra vs UE: perchè le città europee possono avvantaggiarsi con Brexit



Rischi oppure opportunità? Quali sono gli scenari che Brexit mette sul tavolo per il mercato immobiliare? I pareri sono concordi nell’individuare incertezza nel breve periodo ma occasioni di acquisto ed equilibrio a lungo termine.


Premesso che molto dipende dalle mosse di Mario Draghi e dalla tenuta dell’Unione Europea, gli operatori del segmento immobiliare sono abbastanza concordi nel ritenere che, nel medio termine, ne possono essere avvantaggiate le principali capitali europee e il settore delle costruzioni.

 

 

In un primo momento Londra, così come altre città del Regno Unito che hanno catalizzando investimenti nell’ultimo periodo, potrebbero non risentirne più di tanto, anzi: secondo un sondaggio svolto a caldo da Scenari Immobiliari tra operatori del settore in Italia e in Europa, oltre tre quarti del campione ritiene che il deprezzamento della sterlina, il conseguente calo dei prezzi e la minore concorrenza tra investitori dovrebbe comportare un notevole aumento degli investimenti opportunistici a breve termine nel Regno Unito. Molti investitori che hanno puntato su Londra negli ultimi 36 mesi dovranno mettere in conto perdite, anche pesanti, nel breve.


"Il valore dei patrimoni immobiliari è sceso in pochi giorni per la svalutazione della sterlina – dice Paola Gianasso, vicepresidente di Scenari Immobiliari -. E chi ha liquidità si butterà sull’acquisto. Anche se molte società europee traslocheranno e cominceranno a licenziare". E la stessa immigrazione di qualità che Londra ha visto finora potrebbe ridursi. Il che significa meno domanda di case e di uffici. Secondo Credit Suisse, Brexit provocherà una immediata crescita dei rendimenti per gli uffici a Londra, conseguenza del taglio delle stime di crescita dei canoni. Non solo. Negli ultimi sei mesi la costruzione di uffici è salita del 28%, secondo un report di Deloitte, di cui il 48% non è affittato (il 6% dello stock). Una corsa dovuta alla domanda in crescita esponenziale degli ultimi anni. E se molte banche e gruppi sposteranno uffici e personale – alcune decisioni sono già state prese – in altre città come Parigi, Francoforte e Amsterdam (qui per i vantaggi fiscali che la città offre) lo sfitto nella capitale inglese aumenterà.


Anche Milano potrebbe beneficiare dalla situazione. Se saprà creare una infrastruttura fiscale, giuridica e tecnologia per accogliere nuove imprese. La concorrenza oggi non è più tra Stati ma tra città. E Milano ha le carte in regola per fare concorrenza a capitali come Madrid, ma sconta l’obsolescenza dello stock real estate. Ma anche Roma, potrebbero acquisire una maggior centralità nella vision degli investitori internazionali e delle multinazionali interessate ad avere headquarters nell’area UE.
Più difficile prevedere cosa accadrà nel lungo termine. Molti esperti ritengono che il mercato ritroverà il suo equilibrio. Sono la minoranza a credere che si verificherà un crollo degli investimenti nel Regno Unito.


Secondo Jll per i mercati immobiliari, la correzione iniziale potrebbe essere più severa, ma dovrebbe essere seguita da una ripresa quando riemergeranno opportunità nei mercati core (a reddito) del Regno Unito e i benefici di una sterlina debole saranno riconosciuti. "È probabile che ci sia una rettifica dei capital value negativa nei prossimi due anni (stimata fino al -10% con rendimenti che si potranno scostare di circa 50 punti base) - dice Chris Ireland, ceo di Jll UK -. È previsto anche che il mercato residenziale si raffreddi, nonostante i tassi di interesse più bassi". Ma il mercato immobiliaresi sa ha cicli lunghi.


Fonti articolo: Ilsole24ore.com, Quifinanza.it

Scenari immobiliari possibili a pochi giorni dalla Brexit

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha lasciato tutti senza parole.


Una data che passerà alla storia, quella del 23 giugno 2016, e che inizia a riscrivere il domani del Vecchio Continente.

Le ripercussioni a livello finanziario le abbiamo sentite in questi giorni dai tg di tutto il mondo. Ma cosa accadrà al mercato italiano delle costruzioni? L’immobiliare, già da anni in un vortice di crisi profonda, come ne uscirà? Certo si presentano rischi ma anche nuove opportunità, soprattutto per chi avrà voglia di rischiare.


L’exit della Gran Bretagna dall’Europa avrà certamente un impatto, negativo o positivo a seconda dei punti di vista, sul mercato immobiliare, ha sottolineato Alessandro Ghisolfi, Responsabile del Centro Studi di Casa.it.


Londra è reputata da sempre il punto di riferimento per gli investimenti nel mattone, sia da parte dei top spender privati che dei principali fondi di equity (privati e pubblici) mondiali. Il valore degli investimenti immobiliari è ovviamente legato all’economia del Paese e ora, soprattutto, al tasso di cambio della Sterlina.


Sarà indispensabile analizzare le possibili reazioni, non appena superato lo shock dell’esito del referendum. E’ abbastanza facile intuire che se la Sterlina perderà molto terreno nei confronti di Dollaro e Euro, per chi ha investito in questi anni si presenterà uno scenario poco attraente, mentre per chi avrà voglia di rischiare, le occasioni per fare shopping immobiliare non mancheranno.


Se davvero i danni all’economia reale si avverassero, come da sempre sostengono i contrari alla Brexit, allora il mercato del mattone ne subirebbe le conseguenze peggiori. Intanto, già oggi non pochi potenziali acquirenti di case si sono fermati e hanno rinviato la loro decisione, in attesa di capire meglio cosa succederà. Il fatto è che il percorso di uscita di un Paese membro dall’Ue va negoziato. Si tratta di un processo che durerà, nella migliore delle ipotesi, almeno due anni. Due anni di incertezza, quindi non il meglio per i mercati, durante i quali, peraltro, il Regno Unito continuerà a essere contributore netto dell’Ue.


Sul fronte delle case vacanza, gli impatti peggiori li potremo subire sul nostro territorio nell’ipotesi che la Sterlina si svaluti fortemente. Il flusso di inglesi alla ricerca della casa da comprare in Italia si ridurrebbe notevolmente così come di chi viene in affitto.
Potrebbe diventare invece un momento positivo per noi italiani che cercassimo di trascorrere le vacanze in Inghilterra, perchè diminuirebbero i canoni così come il costo della vita in genere.


Fonte articolo: Infobuild.it

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