Cos’è la risoluzione

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Il contratto di locazione si scioglie perché una delle parti ha comunicato all’altra la propria intenzione di non volerlo più rinnovare. Gli affitti a canone libero (4+4) o concordato (3+2) hanno infatti una durata “a tempo indeterminato”: si rinnovano cioè in automatico e si sciolgono solo a seguito della manifestazione della volontà di risoluzione data dal padrone di casa o dall’inquilino. 

Come noto, la comunicazione di recesso deve essere data entro 6 mesi prima dalla scadenza del contratto. Se arriva anche un solo giorno dopo essa ha comunque effetto, ma vale per la successiva scadenza e non per quella imminente (sicché non ci sarà bisogno di inviare una seconda comunicazione).

La risoluzione può intervenire anche per provvedimento del giudice a seguito di un procedimento di sfratto. Lo sfratto può essere richiesto sia quando, terminato il contratto, l’affittuario non libera l’immobile (citazione per finita locazione) oppure per ritardo di almeno 20 giorni nel pagamento del canone di locazione (citazione per morosità).

Da un punto di vista civilistico, il contratto non produce più effetti dalla risoluzione, sebbene l’inquilino che non lascia l’appartamento alla scadenza è costretto a pagare tutti i canoni che, nel frattempo, maturano oltre al risarcimento del danno.

Da un punto di vista fiscale, la disdetta non basta per interrompere gli obblighi con l’Agenzia delle Entrate, ma va data la comunicazione di risoluzione pagando l’imposta di registro.

Risoluzione consensuale 

Lo scioglimento del contratto di locazione può avere luogo anche:

per mutuo dissenso di entrambe le parti, ossia attraverso un accordo dei contraenti volto a liberare entrambi dalle obbligazioni reciprocamente assunte;

 

  • per recesso unilaterale ossia esercitato da una sola parte perché concessogli dal contratto (ad esempio a seguito di trasferimento lavorativo dell’inquilino). Per quanto concerne quest’ultima circostanza, la legge attribuisce alle parti contraenti la possibilità di pattuire, al momento della conclusione dell’accordo, a favore di uno di essi o di entrambi, la facoltà di recedere dal contratto, indicandone le modalità e i termini di preavviso.

 

La legge infine concede all’affittuario di recedere dal rapporto di locazione di recedere dal contratto di locazione in presenza di gravi motivi (anche se non indicati nel contratto), dando comunicazione al locatore con preavviso di 6 mesi.

Come avviene la registrazione della risoluzione dell’affitto?

In caso di risoluzione anticipata del contratto la registrazione è pari alla misura fissa di 67 euro e deve essere versata, entro 30 giorni dall’evento:

 

  • presso l’ufficio in cui è stato registrato il contratto stesso;
  • utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia tramite richiesta di addebito su conto corrente;
  • con il modello F24 Elementi identificativi, utilizzando il codice tributo 1503.

 

In caso di versamento con F24 Elementi identificativi è necessario comunicare la risoluzione all’ufficio dove è stato registrato il contratto presentando, nello stesso termine di 30 giorni, il modello RLI debitamente compilato.

L’imposta di registro non è dovuta da chi ha aderito alla cedolare secca, fermo restando comunque l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni, la risoluzione del contratto.

Quando scatta la risoluzione del contratto e la registrazione all’Agenzia delle Entrate?

La legge distingue il trattamento impositivo applicabile alla risoluzione del contratto in due ipotesi. La risoluzione del contratto è soggetta ad imposta di registro in misura fissa pari a 67 euro se:

 

  • dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso;
  • è stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto.

 

L’imposta fissa di 67,00 euro si applica anche nel caso di risoluzione del contratto di locazione prevista da una clausola risolutiva espressa o da una condizione risolutiva espressa (a meno che non sia prevista la corresponsione di un corrispettivo, nel qual caso si applicano ad esso le aliquote dello 0,50% o del 3%, come illustrate nel precedente paragrafo).

Ad esempio, si pensi al caso di un conduttore, che, pur avendo stipulato un contratto di locazione immobiliare di durata 4+4, dopo 2 anni dalla stipula debba trasferirsi all’estero e dia disdetta al contratto di locazione (nei termini previsti dal contratto).

In tal caso, in assenza di previsione di alcun corrispettivo, semplicemente l’imposta di registro è dovuta nella misura di 67,00.

In caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione pluriennale di immobili urbani, in ipotesi di risoluzione anticipata del contratto, il contribuente che ha corrisposto l’imposta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso. Naturalmente, invece, ove l’imposta sul contratto risolto fosse pagata di anno in anno, semplicemente la risoluzione farebbe venire meno l’obbligo di pagamento sulle annualità successive a quella in cui si sia verificata la risoluzione.

Ad esempio, tornando all’ipotesi sopra proposta, nel caso in cui il contratto di locazione, risolto dopo il secondo anno di locazione decorresse dall’1.1.2014 e venisse risolto il 5.4.2016, ove l’imposta di registro fosse stata integralmente corrisposta alla registrazione, vi sarebbe il diritto al rimborso dell’imposta di registro relativa alla sola annualità 1.1.2017 – 31.12.2017.

Se la risoluzione dell’affitto avviene a seguito di un ricorso al giudice e quindi diordinanza di rilascio da parte del tribunale, si applica l’imposta di registro fissa nella misura fissa di 200,00 euro; infatti, in tali casi si configura in ogni caso un’ipotesi di registrazione di atto giudiziale (e non quella relativa alla registrazione di un accordo scaturente dal contratto di locazione).

Risoluzione del contratto assoggettato a cedolare secca

La cedolare secca sostituisce le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroga del contratto di locazione. In tal caso nulla è dovuto a titolo di imposta di registro sulla risoluzione.

Che succede in caso di mancata registrazione della risoluzione dell’affitto?

La mancata o la tardiva registrazione della risoluzione del contratto di affitto viene sanzionato a livello fiscale e il contribuente deve pagare l’imposta di registro anche per gli anni o le mensilità passate in cui l’immobile è stato già riconsegnato. 

In particolare il contribuente è soggetto a una sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. 

Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione di cui al primo periodo è ridotta alla metà e quindi è pari al 15%. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al secondo periodo è ulteriormente ridotta ed è pari all’1% per ciascun giorno di ritardo.

Neanche una lettera può valere ai fini fiscali per mettere al riparo il proprietario dalle sanzioni fiscali: a detta della Ctp di Milano, infatti, solo la registrazione della volontà di risoluzione, con il relativo versamento del tributo, fa venir meno l’efficacia del contratto. Quindi il rilascio spontaneo dell’appartamento da parte dell’inquilino non comporta effetti fiscali. 

 

fonte https://www.laleggepertutti.it/209904_registrazione-risoluzione-contratto-di-affitto#Cose_la_risoluzione



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