Ascensore sì o no: chi decide in condominio?

Cosa succede se non tutti sono d’accordo in ordine all’installazione dell’ascensore in condominio? Chi decide? Come si dividono le spese? Vediamolo insieme.


Per la stragrande maggioranza delle decisioni che incidono sull’uso delle parti comuni (pianerottoli, scale, portone, muri perimetrali, ecc.) è necessario convocare l’assemblea e ottenere il “permesso” di tutti o, quantomeno, della maggioranza dei condomini.

L’ascensore, infatti, potrebbe non servire a tutti, ma essere – al contrario – di vitale importanza per molti. Chi decide in ordine all’installazione dell’ascensore condominiale? Come saranno ripartite le spese? E se non tutti sono d’accordo?

Le innovazioni condominiali

Prima di comprendere cosa succede se non tutti sono d’accordo circa l’installazione dell’ascensore in condominio, è necessario inquadrare la disciplina applicabile alla fattispecie.

Ebbene, l’ascensore condominiale rientra nella categoria giuridica delle c.d. innovazioni. Ed infatti, si definisce innovazione ogni nuova opera che implichi una modificazione notevole della cosa comune, alterandone l’entità sostanziale o la destinazione originaria. Si pensi, ad esempio, al pianerottolo dove potrebbe essere installata l’ascensore: evidente che esso subirà una modificazione notevole. Tali modificazioni potrebbero riguardare anche il vano scale o l’atrio.


Come accennato – però – pianerottoli, scale, androni, ecc. sono parti comuni e non tutti potrebbero essere d’accordo in ordine alla modificazione o l’alterazione delle stesse. Ciò accade perché, molto spesso (o quasi sempre) l’ascensore non serve a tutti: è utilissima per chi abita ai piani alti, ma non serve a nulla (o quasi) a chi abita a piano terra. Nonostante ciò, l’inquilino dei piani bassi” potrebbe subire – a causa dell’installazione dell’ascensore  –  la sottrazione all’uso di una ragguardevole porzione del pianerottolo di accesso al proprio appartamento. In altri termini, l’inquilino dovrebbe rinunciare a parte del suo diritto (all’uso del pianerottolo), ma tale rinuncia non comporterebbe per lui alcun vantaggio. Vantaggio che, però, gioverebbe agli altri condomini. Chi la spunterà in questi casi?

L’interesse della maggioranza dei condomini

L’installazione dell’ascensore condominiale deve rispondere all’interesse della maggioranza dei condomini.
Con preciso riferimento alle innovazioni condominiali, infatti, il Codice Civile dispone che l’assemblea condominiale possa deliberare qualsiasi opera che sia diretta al miglioramento, all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Queste delibere sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Ad essere vietate, invece, sono le innovazioni che possano arrecare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del condominio, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni completamente inservibili all’uso o al godimento anche di un singolo condomino.
Se, invece, l’ascensore comporta solo un limitato restringimento dello spazio di passaggio comune, allora il diritto di installarlo dovrà essere riconosciuto. Ed infatti, secondo la legge, ciascun comproprietario può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca  agli di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Ascensore in condominio: le spese

Le spese per l’installazione dell’ascensore vanno ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà, compresi i condomini che non hanno espresso voto favorevole, perché la volontà dell’assemblea è vincolante per tutti.
dissenzienti, tuttavia, possono chiedere di essere esonerati da qualsiasi contributo di spesa, ove l’installazione deliberata dalla maggioranza dei condomini sia molto onerosa o consista in opere suscettibili di utilizzazione separata.


Ovviamente deve trattarsi di quei condomini che dall’ascensore traggono una utilità. Il concetto dell’utilità è molto rilevante. Ed infatti,  se l’ascensore è destinata a servire i condomini in misura diversa, le spese saranno ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Quindi, se – ad esempio – uno degli inquilini non ne usufruisce perché abita a piano terra, allora non potrà essere gravato della spesa relativa all’installazione ed alla manutenzione dell’ascensore, non traendo dalla stessa alcuna utilità o beneficio (anzi, semmai una perdita di parte dell’uso del pianerottolo di proprietà comune).

Ascensore in condominio: se non tutti sono d’accordo?

Come anticipato, l’installazione dell’ascensore in un condominio che ne sia sprovvisto può essere attuata anche a cure e spese di alcuni condomini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo ovviamente alle relative spese. La conseguenza è che devono ritenersi consentite anche quelle innovazioni che siano utili solo per alcuni condomini, non recando – al contempo – gravi pregiudizi agli altri.

Ascensore in condominio: se tutti sono d’accordo tranne uno?

La limitazione per alcuni o anche per un solo condomino dell’originaria possibilità di utilizzare le scale o il pianerottolo occupati dall’installazione dell’ascensore realizzata a cura e spese di altri, può reputarsi lesiva del loro diritto solo ove comporti l’inservibilità della parte comune. Non rileva, quindi, il minor godimento della cosa comune, ma solo il pregiudizio, tale da superare i limiti della tollerabilità. 


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

Ecobonus: attivi i portali Enea per ottenere le agevolazioni fiscali

Dal 19 settembre, l'ENEA ha attivato i portali per la presentazione della documentazione necessaria all'ottenimento dei bonus fiscali.


Con la Legge Finanziaria 2017 (la L. n. 232 del 11/12/2016), il Governo ha previsto regimi fiscali agevolati per incentivare i proprietari di immobili ad attuare interventi e opere di adeguamento delle strutture alla normativa in materia di sicurezza e di riqualificazione energetica e architettonica. 

Quali i bonus fiscali per l'efficientamento energetico 

Relativamente in particolare all'efficientamento energetico degli immobili, la normativa ha previsto bonus fiscali variabili in base alla tipologia edilizia:

  • - per la singola unità immobiliare è previsto un bonus pari al 65%, attuabile fino al 31 dicembre 2017;
  • - per i condomini che intendono, invece, eseguire interventi sull'intero stabile, ed in particolare sulle parti comuni, il bonus si estende per 5 anni, fino al 31 dicembre 2021.

In tal caso l'agevolazione crescerà in funzione del grado di efficientamento energetico che si intende raggiungere con i lavori programmati e più precisamente:

  • - 70% di agevolazione se gli interventi interesseranno l'involucro dell'immobile per un'incidenza superiore al 25% della superficie lorda disperdente;
  • - 75% di agevolazione se l'efficientamento riguarderà la prestazione energetica sia invernale che estiva e che conseguano almeno la qualità media di cui alle Tab. 3 e 4 dell'All. 1 al decreto 26/06/2015 “Adeguamento del decreto del MISE 26/06/2009-“Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”- “decreto linee guida” – (detrazione fiscale del 75 %).

Sia il 70% che il 75% della detrazione, è applicabile sul totale delle spese sostenute dal 1° gennaio 2017, con tetto massimo di 40.000 euro per singola unità immobiliare, per interventi che comportano:

  • - riduzione del fabbisogno energerico per il riscaldamento dell'intero edificio;
  • - miglioramento delle prestazioni termiche dell'involucro dell'edificio (attraverso coibentazione di solai, pareti o sostituzione di serramenti o parti di essi o installazione di schermature solari);
  • - installazione di pannelli solari;
  • - sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale;
  • - installazione di sistemi di building automation.

  • I portali ENEA

Al fine dell'ottenimento delle agevolazioni fiscali, la norma prevede l'invio della documentazione relativa agli interventi, sul portale Enea, incaricata di effettuare i controlli e le verifiche dei requisiti richiesti dalle norme e di gestire le detrazioni relative.

I portali dedicati sono stati attivati a partire dal 19 settembre e differenziati per interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio edilizio esistente (detrazione del 65%) e sulle parti comuni di edifici condominiali (detrazioni del 70%-75%).


Al link http://efficienzaenergetica.acs.enea.it dedicato alle detrazioni per il risparmio energetico degli edifici esistenti, è possibile consultare i decreti che regolano le incentivazioni fiscali (e tutto il materiale informativo relativo anche ai vari provvedimenti sull'efficienza energetica, sulle pubblicazioni Enea e su quelle dell'Agenzia delle Entrate), il vademecum ove sono specificate tutte le tipologie di intervento agevolabile (con schede riepilogative dei requisiti tecnici e della relativa documentazione necessaria), le indicazioni su come contattare gli esperti Enea e relative FAQ per chi avesse dubbi in merito; è disponibile anche un canale dedicato ai tecnici con esempi di calcolo della trasmittanza, della razionalizzazione energetica dell'involucro edilizio e del risparmio energetico globale.

In questo stesso link è inserita la voce “invio” che reindirizza al link http://finanziaria2017.enea.it dal quale, dopo regolare registrazione, sarà possibile inoltrare la documentazione relativa.


Nello specifico, il vademecum comprende una serie di voci corrispondenti ai vari interventi agevolativi, tutti linkabili e con possibilità di scaricare la scheda relativa in pdf; le voci sono:

  • - parti comuni condominiali (detrazioni 70%-75%)
  • - serramenti e infissi
  • - caldaie a condensazione
  • - caldaie a biomassa (co. 344)
  • - pannelli solari
  • - pompe di calore
  • - coibentazione pareti e coperture
  • - riqualificazione globale
  • - caldaie a biomassa (co. 347)
  • - schermature solari
  • - building automation

  • Al link http://finanziaria2017-condomini.enea.it, invece, è possibile accedere e tramite registrazione, provvedere all'invio della documentazione relativa agli interventi sulle parti comuni del condominio. La scheda pdf relativa è allegata a questo articolo (questo il link http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/tecno/vademecum_parti_comuni.pdf).


Fonte articolo: Condominioweb.com

Installazione dei sistemi di contabilizzazione in scadenza: come ripartire le spese

Il momento è (quasi) giunto. Il 30 giugno 2017 scade il termine per adeguarsi all’obbligo di contabilizzazione dei consumi di riscaldamento, acqua calda sanitaria e raffrescamento, imposto dal Dlgs 102/2014 a condomini ed edifici polifunzionali. 


A partire dal 1° luglio, salvo proroghe, diverranno operative le sanzioni (assai severe: multa tra le 500 e le 2.500 euro a unità immobiliare per il proprietario inottemperante).

Per la prima stagione termica successiva all’installazione, è possibile ripartire le spese secondo i millesimi di proprietà. Successivamente, si dovrà ripartire la spesa secondo i consumi effettivi, ricorrendo alla Norma Uni 10200. La regola generale prevede una possibile alternativa, qualora la Uni 10200 non sia applicabile (come nel caso del raffrescamento), o laddove vi siano differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari superiori al 50 per cento: attribuire almeno il 70% della spesa energetica ai consumi volontari, il rimanente ripartito secondo un parametro deciso dall’assemblea.


Il condominio che non ripartisca conformemente alle disposizioni di legge è soggetto ad una sanzione amministrativa tra le 500 e le 2.500 euro. Qualora l’installazione di sistemi di contabilizzazione non sia tecnicamente possibile, o non sia economicamente conveniente, una relazione tecnica garantirà la possibilità di non osservare l’obbligo.

Il Ministero, con una recente serie di Faq, ha specificato che non è necessario tenere conto delle detrazioni fiscali nella valutazione economica prodromica all’installazione. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha chiarito già nel 2016 che è invece sempre possibile usufruire delle detrazioni del 50% nel caso di installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione (l’aliquota balzerebbe addirittura al 65% con sostituzione del generatore di calore con un modello a condensazione).
L’indicazione del Mise, quindi, è quantomeno dubbia: rischia di rendere economicamente non conveniente gran parte dei potenziali interventi. La contabilizzazione e una più efficace termoregolazione, infatti, generano sempre dei risparmi (energetici ed economici), ma non sempre tali da giustificare in un lasso temporale di 10-15 anni l’investimento necessario.


Qualora non si proceda alla contabilizzazione, la ripartizione spese seguirà quanto previsto dall’articolo 1123 del Codice Civile: la Uni 10200 non sarà pertanto obbligatoria, ma resterà tra i possibili criteri di riparto.


Se non arriverà un’ulteriore proroga (di cui si è molto parlato), dal 1° luglio sarà problematica la posizione anche per quanti, in condominio, hanno deliberato ma non si sono ancora adeguati. Il ministero ha infatti specificato che non è sufficiente aver deliberato i lavori, ma è necessario averli effettivamente realizzati entro il 30 giugno 2017.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Possibile cedere il credito alle imprese per riqualificare il condominio

Ristrutturazioni antisimiche e interventi di risparmio energetico meno costosi da quest'anno per i condomini che avranno la possibilità di cedere l'Ecobonus alle imprese che effettuano i lavori riducendo, così l'importo da pagare.


La novità, prevista dalla legge di Bilancio, entra nella fase operativa grazie alle istruzioni emanate dall'Agenzia delle entrate. 

Per queste operazioni la burocrazia è ridotta al minimo e il credito può essere ceduto non solo alle imprese ma anche ad altri soggetti, banche escluse.

 
GLI INTERVENTI INTERESSATI

Il meccanismo di cessione del credito riguarda gli interventi di miglioramento energetico e l'adeguamento sismico (Sismabonus). Nel primo caso si tratta degli interventi che interessano l'involucro dell'edificio con un'incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda (realizzazione del cosiddetto "cappotto"), e quelli destinati a migliorare la prestazione energetica complessiva certificata dall'Attestato di prestazione energetica. Per la prima tipologia di lavori la detrazione è pari al 70%, per gli altri interventi raggiunge il 75%. In entrambi i casi la detrazione si applica su un ammontare di spesa fino a 40.000 euro per ciascuna unità immobiliare presente nell'edificio e va ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Interessati all'agevolazione anche gli immobili per uso non abitativo.


Per quanto riguarda invece il Sismabonus, per gli interventi antisimici che interessano l'intero condominio è prevista una detrazione del 75% se i lavori consentono di passare a una classe di rischio inferiore inferiore, e dell'85%, se si migliora di due classi. La detrazione si applica su un ammontare di spesa fino a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare e deve essere ripartita in cinque quote annuali di pari importo.

CHI PUO' CEDERE IL CREDITO

La possibilità di cedere il credito è riconosciuta a tutti i condòmini, compresi i contribuenti incapienti, ossia chi non ha sufficiente Irpef da pagare per poter usufruire della detrazione in questione.
Il credito cedibile è quello che corrisponde alla detrazione attribuita in riferimento alle spese prevista per gli interventi agevolabili. Così, ad esempio, nel caso di interventi per il risparmio energetico per 40.000 euro con aliquota al 75%, il credito d'imposta che si può ottenere è di 30.000 euro da utilizzare in 10 rate da 3.000 euro. Nel caso invece del sismabonus con aliquota sempre al 75% e importo di spesa di 96.000 euro, il credito è pari a 72.000 euro da ripartire in cinque quote annuali di 14.400 euro.


La convenienza dell'operazione

Il credito può essere ceduto alle ditte che realizzano i lavori ma anche ad altri soggetti privati, persone fisiche, professionisti o lavoratori autonomi, imprese, società ed enti. E' invece esclusa la cessione a favore di istituti di credito, intermediari finanziari e anche delle amministrazioni pubbliche. Il cessionario, ossia chi accetta il credito ceduto, può a sua volta cederlo ad altri.


Nelle intenzioni del Governo questa operazione dovrebbe consentire di mettere in sicurezza e migliorare l'efficienza energetica degli immobili costruiti negli anni 50 e 60 e soprattutto in periferia. In questi casi, infatti, è prevedibile che i proprietari non dispongano di redditi tali da poter effettuare interventi di rilevante importo e godere della relativa detrazione. Potendo invece cedere il credito alle imprese che li realizzano di fatto, rientreranno subito della somma spesa, senza attendere i cinque o 10 anni previsti per ottenere il rimborso sotto forma di credito d'imposta. Una volta pagata la rata e effettuata la cessione del credito, infatti, il cessionario dovrà rimborsare una somma corrispondente al credito che gli è stato ceduto. Quindi si anticipano semplicemente dei soldi destinati a tornare in cassa a stretto giro.

 
Le comunicazioni al condominio

Non occorre comunque nessuna delibera condominiale ad hoc e non è necessario che i condomini siano tutti d'accordo ad effettuare l'operazione. Il credito, infatti, può anche essere ceduto, ad esempio, dai genitori ai figli, che a fronte del pagamento dei lavori non potrebbero invece usufruire dell'agevolazione se non sono proprietari dell'appartamento o conviventi con i genitori. Ci si può insomma accordare in vari modi. Poi si dovrà solo comunicare all'amministratore di condominio, entro il 31 dicembre, l'avvenuta cessione e la relativa accettazione da parte del cessionario, indicando la denominazione e il codice fiscale di quest'ultimo. L'amministratore, entro il successivo 28 febbraio, comunica questi dati all'Agenzia delle entrate che da parte sua mette a disposizione nel "Cassetto fiscale" il credito d'imposta attribuito e utilizzabile.


Fonte articolo: Repubblica.it

 

Cos'è la polizza globale di fabbricato?

Per mettersi al riparo da eventuali danni causati a terzi o che potrebbero verificarsi all’interno dello stabile, ogni condominio è libero di stipulare la cosiddetta “polizza globale fabbricati”.


Tale contratto di assicurazione non è contemplato da nessuna norma e, di conseguenza, ha carattere facoltativo, a meno che non sia previsto dal regolamento condominiale: solo in questo caso l’amministratore può sottoscrivere la polizza senza il placet dell’assemblea. 

 

L'assemblea deve comunque essere informata sui termini contrattuali, così da valutare durata, coperture, costi e altri elementi fondamentali, ad esempio le franchigie, ossia gli importi che, a fronte di un danno, non sono rimborsati dalla compagnia assicurativa e ricadono sui singoli condòmini. 


La polizza è definita “globale” perché nella maggior parte dei casi copre un ampio ventaglio di sinistri, che possono interessare direttamente lo stabile (incendi, fulmini, allagamenti, esplosioni, ecc), i condomini che vi abitano o terze persone, ad esempio il passante colpito da un pezzo di cornicione staccatosi dall’edificio. 
Il costo dell’assicurazione è suddiviso fra tutti i condomini proprietari, che pagano in proporzione ai millesimi di proprietà in loro possesso.


Nel caso in cui la polizza non sia contemplata dal regolamento, pur essendo l’amministratore il soggetto che materialmente firma l’accordo, a decidere è sempre l’assemblea, che delibera con il quorum previsto dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
La stessa maggioranza si applica in caso di rinnovo o disdetta dell’accordo, tenendo presente che in quest’ultimo caso, interrompendo il contratto prima della sua scadenza naturale, il condominio potrebbe essere costretto a pagare una penale.


Può accadere che l’amministratore decida di sottoscrivere, rinnovare o risolvere in modo arbitrario la polizza. In casi simili, oltre al risarcimento danni, il condominio può chiedere la revoca giudiziale del professionista. Revoca che, come disposto dall’articolo 1129, comma 11, può essere deliberata in qualsiasi momento dall’assemblea, con la stessa maggioranza prevista per la nomina, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. 


A più riprese la Corte di Cassazione (in ultimo la sentenza 6 luglio 2010, n. 15872) ha specificato come il professionista "(...) non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla comunione". E poco importa che l’amministratore, legato al condominio da un contratto di mandato, sia tenuto ad agire "con la diligenza del buon padre di famiglia" o che, a norma dell’articolo 1130, numero 4), del Codice civile, sia obbligato a "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio".


La Suprema Corte ha, infatti, chiarito come la norma si riferisca "(...) ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile, tra i quali non può farsi rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli scopi conservativi ai quali si riferisce la suddetta norma avendo, viceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato". 


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Contabilizzatori: detrazione del 65% con nuova caldaia o pompe di calore

Con la circolare 18/E del 6 maggio 2016 l’agenzia delle Entrate ha chiarito quando i sistemi di contabilizzazione del calore, che devono essere obbligatoriamente installati nei condomini entro il 31 dicembre 2016 (articolo 9 del Dlgs 102/2014), sono incentivati dalle detrazioni fiscali del 65 e del 50 per cento.


Il problema si pone da subito per gli amministratori in concomitanza con le assemblee che decidono la spesa e comunque quando, a inizio anno, devono inviare la certificazione della quota di spese sostenute ai singoli condòmini.

 

 

Qualora l’uso dei "contatori" non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, la norma prevede l’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali (i "contabilizzatori", appunto) per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all’interno delle unità immobiliari, secondo quanto previsto dalla norma Uni En 834.
L’agenzia delle Entrate, con la circolare 18/E ha chiarito come ottenere le detrazioni fiscali per l’installazione dei nuovi contatori di calore.


Se i dispositivi in questione sono installati
in concomitanza con la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione – e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione – ovvero con pompe di calore ad alta efficienza o con impianti geotermici a bassa entalpia, le relative spese sono ammesse alla detrazione spettante per gli interventi di riqualificazione energetica ai sensi dell’articolo 1, comma 347, della legge 296/2006.
Il bonus è pari, attualmente, al 65% delle spese stesse per un valore massimo della detrazione di 30mila euro.


Se, invece, i dispositivi in questione sono installati senza che sia sostituito, integralmente o parzialmente, l’impianto di climatizzazione invernale ovvero nel caso in cui quest’ultimo sia sostituito con un impianto che non presenta le caratteristiche tecniche richieste ai fini della detrazione del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica (cioè un forte risparmio sui consumi), le relative spese sono ammesse alla detrazione spettante ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del Tuir nella misura attuale del 50%, trattandosi comunque di intervento finalizzato al conseguimento di risparmio energetico.


Per poter fruire delle detrazioni fiscali ogni singolo condòmino deve acquisire e conservare una certificazione rilasciata dall’amministratore del condominio, in cui egli attesti:

- di aver adempiuto a tutti gli obblighi previsti dalla legge;

- la quota della spesa imputabile a ciascuna delle unità immobiliari possedute dal condominio, calcolata in base ai millesimi di proprietà.


Fonti articolo: IlSole24Ore.com

 

Danni all'edificio dopo ristrutturazione: impresa responsabile per 10 anni

L’appaltatore è sempre responsabile per dieci anni dei difetti dell’opera, non solo in caso di nuova costruzione, ma anche nelle ristrutturazioni.


È arrivata a questa conclusione la Corte di Cassazione, che con la sentenza 7756/2016 ha spiegato che l’articolo 1669 del Codice Civile si applica a tutti gli interventi che influiscono sul normale godimento dei beni.

 

Nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, tutti i condòmini avevano fatto causa alla società venditrice e all’impresa che, su incarico della società, aveva effettuato gli interventi di ristrutturazione. Secondo i ricorrenti, dopo i lavori erano emersi dei danni, come la presenza di un quadro fessurativo sulle pareti interne ed esterne del fabbricato, che testimoniavano una condizione di degrado, e lo scollamento di quasi tutte le mattonelle del pavimento.
 

Impresa responsabile per dieci anni

In primo grado, i giudici avevano dato ragione ai condòmini sulla base dell’articolo 1669 del Codice Civile. L’articolo del Codice prevede che se l’opera, realizzata su edifici o altri immobili destinati alla lunga durata, rovina o causa difetti all’immobile, l’appaltatore, cioè l’impresa che ha realizzato i lavori, è responsabile nei confronti dei committenti. L’impresa risponde dei danni se questi si verificano entro dieci anni dalla fine dei lavori e se i committenti hanno denunciato i danni entro un anno dalla loro scoperta.

In appello, però, il giudice aveva affermato che l’articolo 1669 potesse essere applicato solo alle nuove costruzioni e non alle ristrutturazioni.
 

Responsabilità per dieci anni anche nelle ristrutturazioni

La situazione è stata ribaltata dalla Cassazione. I giudici hanno ribadito che l’impresa è responsabile non solo in caso di lavori ex novo, ma anche per le opere di ristrutturazione.
Come si legge nella sentenza, anche le opere più limitate, come le riparazioni, le ristrutturazioni e i restauri, possono rovinare o mettere in pericolo l’immobile.


I giudici hanno spiegato che per gravi difetti devono intendersi quelli riguardanti le parti essenziali degli immobili che garantiscono la stabilità e la conservazione. Tra questi rientrano i vizi della pavimentazione, delle scale, delle recinzioni, degli impianti e l’umidità.
L’impresa che aveva realizzato i lavori è stata quindi condannata al risarcimento e alla riparazione dei danni causati.


Fonte articolo: Edilportale.com

Nuovo o vecchio proprietario, chi paga le spese in condominio?

E' il condominio, il quale invochi in giudizio la responsabilità solidale dell'acquirente per le spese di straordinaria manutenzione, ad essere gravato della prova dei fatti costitutivi del proprio credito, fra i quali è certamente compresa l'inerenza della spesa all'anno in corso o a quelle precedente al subentro del nuovo proprietario.


È quanto ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7395 del 22 marzo 2017.

 

La Corte ha rigettato il ricorso del Condominio contro i proprietari di un appartamento, chiamati a partecipare alle spese di straordinaria manutenzione (ristrutturazione della facciata condominiale) approvate dall'assemblea di condominio il 30 giugno 2008, antecedente all'acquisto della loro unità immobiliare, avvenuto il 23 luglio 2009.

Gli acquirenti si opponevano alla richiesta di pagamento, perché l'obbligo di spesa era insorto prima del loro subentro.
A loro dire, infatti, la spesa deliberata doveva rimanere estranea all'anno procedente entro cui opera la corresponsabilità dell'acquirente con l'alienante per il pagamento delle spese condominiali ex art. 63,disp. att. c.c., non avendo il Condominio provato che l'anno di gestione coincidesse con l'anno solare.


La Cassazione ha dato ragione ai condomini chiarendo ancora una volta le modalità di applicazione e funzionamento del c.d. vincolo di solidarietà tra venditore e acquirente nel pagamento delle spese condominiali.

Vincolo di SOLIDARIETA' passiva e diritto di rivalsa

La norma di riferimento è l'art. 63, comma 4, disp. att. c.c., ai sensi del quale chi subentra nei diritti di un condominio per effetto di una compravendita è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.


Come ha più volte precisato la giurisprudenza, il meccanismo del subentro dell'acquirente nei debiti condominiali del venditore opera unicamente nel rapporto tra il Condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà della singola porzione immobiliare, e non anche nel rapporto interno tra alienante ed acquirente. In tale ultimo rapporto, ognuno paga le spese sorte quando era condomino.


Questo vuol dire che l'acquirente risponde verso il venditore soltanto per le spese condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui sia divenuto condomino, mentre ha diritto di rivalsa nei confronti del suo dante causa allorché sia stato chiamato dal Condominio a rispondere di obbligazioni nate in epoca anteriore all'acquisto (Cass. civ., n. 1956/2000).


Quando sorge l'obbligo di pagare le spese?

È di fondamentale importanza, ai fini della corretta applicazione dell'art. 63 disp. att. c.c., individuare il momento in cui è sorto l'obbligo di partecipazione alle spese condominiale. Sul punto, si ritiene che:

per quanto riguarda le spese relative alla manutenzione ordinaria, l'obbligo di pagamento sorge nel momento in cui viene a compiersi effettivamente l'attività gestionale afferente la manutenzione, la conservazione ed il godimento dei beni comuni o la prestazione dei servizi.
L'erogazione di tali spese, infatti, non richiede la preventiva autorizzazione dell'assemblea (ma solo l'approvazione del consuntivo) trattandosi di esborsi aventi carattere fisso e rientranti nei poteri dell'amministratore (Cass. civ. n. 10235/2013);


per quanto riguarda le spese condominiali per l'esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione delle parti comuni (nella fattispecie, ristrutturazione della facciata dell'edificio condominiale), deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. civ. n. 24654/2010).


Questo momento – sottolinea la Corte – “rileva sia per imputare l'obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, sia per accertare l'inclusione del medesimo obbligo nel periodo biennale di responsabilità solidale di entrambi verso il condominio”.


L'anno in corso e quello precedente

L'anno cui fa riferimento l'art. 63 disp. att. c.c. deve essere inteso con riferimento al periodo annuale costituito dall'esercizio della gestione condominiale, non necessariamente coincidente, perciò, con l'anno solare.

In altri termini il vincolo di solidarietà tra acquirente e alienante funziona con riferimento all'anno “contabile”.


Nel caso preso in esame
dalla sentenza in commento, avendo gli opponenti contestato che l'anno di gestione in corso al momento della compravendita (23 luglio 2009) era quello corrente dal 1.7.2009 al 30.6.2010, e che l'anno di gestione precedente comprendeva il periodo dal 1.7.2008 al 30.6.2009, la spesa deliberata il30 giugno 2008 doveva rimanere estranea all'anno antecedente entro cui opera la corresponsione dell'acquirente dell'unità immobiliare, non avendo peraltro il condominio dato prova, neppure mediante la produzione di un rendiconto, che l'anno di gestione coincidesse, piuttosto, con l'anno solare.


Trasmissione del titolo di acquisto

La sentenza in commento ha applicato al caso di specie, rationetemporis, il testo dell'art. 63 disp. att c.c. precedente alla legge di riforma del 2012.

Nel testo vigente, occorre coordinare il vincolo di solidarietà sopra esaminato con quanto stabilito dal nuovo quinto ed ultimo comma dello stesso art. 63, in base alquale “Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.


In altri termini, anche dopo la sottoscrizione del contratto di compravendita, il venditore rimane, lui solo, obbligato in prima persona per il pagamento dei contributi condominiali, fino a quando non trasmette all'amministratore copia autentica del titolo ablativo. Solo da questo momento l'alienante perde definitivamente lo status di condomino, che passa in capo all'acquirente, e può trovare applicazione la “solidarietà passiva” prevista dal comma precedente.


Ricordiamo, infine, che il vincolo di solidarietà passiva tra venditore e acquirente è derogabile solo con accordo unanime dei condomini. Un recente sentenza del Tribunale di Roma, n. 2265 del 7 febbraio 2017, ha dichiarato nulla (e non semplicemente annullabile) la delibera che attribuisce esclusivamente all'acquirente le spese maturate negli anni precedenti l'acquisto dell'unità immobiliare in condominio e nell'anno in corso.


Fonte articolo: Condominioweb.com

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