Conto Termico o Ecobonus per convenienza e risparmio energia?

Corretto, ampliato e semplificato, il Conto Termico si prepara a cambiar veste, provando a guadagnare competitività rispetto all’Ecobonus. E spesso, nelle zone climatiche più fredde, a superarlo in convenienza, come viene dimostrato da alcuni casi – caldaie a pellet, pompe di calore e pannelli solari – che prendiamo ora in considerazione.


La nuova versione dell’incentivo – disegnata dal decreto interministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 marzo – oltre a superare alcune rigidità procedurali, rimodella i parametri di calcolo del contributo economico per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili.  

Prendiamo in esame la linea di finanziamento dedicata ai privati e in particolare agli apparecchi domestici inferiori a 35 kW: sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con generatori alimentati a biomassa (come le caldaie a pellet) o pompe di calore; installazione di collettori solari termici; sostituzione di scaldacqua elettrici con altri a pompa di calore. Sono interventi che possono usufruire anche della detrazione del 65% per la riqualificazione energetica, strumento di incentivazione più conosciuto e frequentato, ma strutturalmente diverso. Perché offre uno sconto alle imposte sui redditi spalmato in 10 anni, lì dove invece il Conto Termico eroga un contributo diretto in rate uguali da 1, 2 o 5 anni, in base al tipo di intervento eal benificiario (privato a Pa). L’entità di tale contributo e le pastoie dell’iter hanno però fino ad oggi favorito la concorrenza dell’Ecobonus, anche nella versione al 55%.


LA SIMULAZIONE
Quando le nuove regole del Conto Termico saranno operative (da inizio giugno), come potrà riequilibrarsi il confronto? Abbiamo provato a ipotizzare una simulazione con l’aiuto dell’Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, partendo dai consumi tipici di una famiglia di tre persone, in un appartamento da 90 mq. E paragonando l’investimento in una caldaia a gas tradizionale con quello in tecnologie energicamente efficienti, quali pompa di calore elettrica aria/acqua, caldaia a biomassa pellet, solare termico.


Se si vuol sostituire l’impianto di riscaldamento con un generatore a pompa di calore (7mila euro), si scopre così che nei climi più freddi il tempo di ritorno dell’investimento si rivela più breve con il Conto Termico: la spesa viene coperta in 2 anni nel caso di un’abitazione a Cuneo (zona climatica F), Milano (zona E), Roma (D), e in 4 anni a Bari (zona C). Questo pay-back time (pbt) è il risultato dei risparmi energetici e dell’ammontare del contributo che si ottiene misurando la prestazione dell’impianto (potenza, caratteristiche, zona climatica).


"Rispetto alla scorsa versione, a rendere interessanti i valori di redditività è in primis il coefficiente di valorizzazione dell’energia termica, che per gli apparecchi con potenza inferiore a 35 kW è stato raddoppiato. Con il nuovo parametro, si può raggiungere la soglia massima dell’incentivo erogabile, 65% delle spese sostenute, nelle zone climatiche E ed F", spiega Marco Guiducci, ricercatore dell’Energy Strategy Group. Il cap al 65% è stato introdotto già dal Dlgs 102/2014, ma i criteri di calcolo lo rendevano difficilmente raggiungibile; e anzi gli interventi hanno spesso ricevuto una quota inferiore al 40% medio pubblicizzato dal Mise. "Gli ottimi valori che emergono dai nuovi calcoli in termini di pbt – aggiunge Guiducci – sono dovuti anche al fatto che il Gse, se l’importo non supera i 5mila euro, pagherà l’incentivo in un anno (il precedente limite era di 600 euro, ndr)". Tali valori di pbt si manifestano anche quando l’incentivo non arriva al tetto del 65%: in questi casi, il proprietario dovrà scegliere fra un rapido rientro della spesa (conto termico), o uno più lungo ma con un rimborso più alto (detrazione).


L’ecobonus risulta comunque preferibile nei comuni con climi meno rigidi, proprio perché uno dei fattori presi in carico dal Conto Termico è la stima di utilizzo degli impianti. Discorso simile nel caso si intenda optare per una caldaia a biomassa, intervento per il quale il conto termico offre ottimi tempi di ritorno, ed estende la convenienza anche sulla fascia climatica B. Pure il solare termico trova nuove regole di calcolo ed eleva il contributo, che non sarà semplicemente proporzionale alla dimensione dell’impianto, ma alla sua potenza.


COME FUNZIONANO I BONUS
Il Conto Termico prevede un contributo di importo variabile – secondo parametri ben definiti, tra cui la zona climatica – che viene corrisposto direttamente sul conto corrente di chi abbia effettuato determinati interventi di efficientamento energetico, indipendentemente dal fatto di aver presentato o meno una dichiarazione dei redditi. L'Ecobonus invece è una detrazione Irpef del 65% delle spese sostenute – sempre però per interventi specifici volti al risparmio e con tetti prefissati – spalmata in 10 rate annuali; questo presuppone che il beneficiario versi una quantità di tasse sufficiente per poter “scalare” il bonus (capienza fiscale).


Toccherà al Gse (Gestore dei servizi energetici) ridefinire le linee guida per l'accesso all'incentivo, che resta a dir poco sottoutilizzato. Da quando è entrato in gioco nel 2013, ha ricevuto 17.854 domande e ne ha ammesse 15.764, per un impegno totale di 56,4 milioni al 1° gennaio 2016: di cui 45,6 riconducibili a soggetti privati e 10,8 alla Pa. Sono cifre piccole, se paragonate al plafond disponibile (700 milioni annui per i privati e 200 per la Pa), e i motivi di tale insuccesso sono da ricercarsi nelle complessità procedurali e nel meccanismo di calcolo del contributo, oltre che nell'agguerrita concorrenza delle detrazioni fiscali.


La domanda per accedere al nuovo Conto Termico continuerà a presentarsi sul sito del Gse (Portaltermico), attraverso un modulo più facile da compilare. Verrà predisposto un “catalogo” di prodotti idonei con potenza fino a 35 kW (50 mq per i collettori solari), già “approvati” dal Gestore, che sarà possibile selezionare direttamente per ridurre così i tempi di valutazione delle richieste e godere di una procedura di incentivazione semiautomatica.

Per attestare le spese sostenute, oltre al bonifico bancario o postale, saranno ammesse anche modalità di pagamento online o con carta di credito (con causale vincolata). Mentre l'incentivo sarà erogato – sempre dal Gse, su conto corrente – dopo 90 giorni (contro gli attuali 180) dalla sottoscrizione della scheda-contratto. E in un'unica annualità, anziché due, se risulta inferiore a 5mila euro. 

"Il database precompilato – commenta Davide Chiaroni, vice direttore Energy & Strategy Group – eviterà la verifica dei requisiti tecnici degli apparecchi e favorirà la presentazione delle domande. Ma è positivo soprattutto il nuovo metodo di calcolo dei contributi per i piccoli impianti, che alza di fatto le percentuali ottenibili dai beneficiari. Vengono corretti alcuni aspetti che avevano frenato l'applicazione del conto termico: pagamenti più veloci per gli impianti di taglia ridotta, iter più snello, maggior diversificazione delle prestazioni fra aree climatiche".


L'Ecobonus fiscale è stato prorogato per tutto il 2016 ai valori massimi (65% di sconto). Da tempo si discute circa la necessità di stabilizzarlo ma, secondo le norme vigenti, nel prossimo anno dovrebbe esser sostituito dalla detrazione al 36% per le ristrutturazioni (che agevola anche interventi di risparmio energetico). "In attesa di capirne il destino – conclude Chiaroni – il Conto Termico rafforza il proprio ruolo nella riduzione dei consumi. E accentua le differenze dall'ecobonus, che non possono ridursi al solo aspetto fiscale".


Fonte articolo: Casa24

Risparmio energetico: quale bonus è più conveniente?

Per stufe a biomassa e termocamini quale bonus è meglio sfruttare? Le detrazioni per la ristrutturazione e per il risparmio energetico o gli incentivi del Conto termico?


La modalità di rimborso è solo uno dei criteri da seguire nella scelta tra le agevolazioni disponibili, che differiscono anche per struttura, procedura di accesso, parametri di rendimento richiesti, ritorno economico. Partiamo da quest’ultimo. 

 

Il più conveniente è offerto dall’Ecobonus fiscale, che per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2016 consente una detrazione del 65% (fino a un massimo di 30mila euro) per l’acquisto e la posa in opera di impianti con generatori di calore alimentati da biomasse combustibili: come ad esempio stufe e caminetti a legna o pellet. Lo sconto vale per la sostituzione totale o parziale del vecchio generatore termico o anche per nuova installazione, su edifici esistenti. E i requisiti richiesti ai nuovi apparecchi – come spiega l’Enea – includono un rendimento utile nominale minimo non inferiore all’85% e la conformità alle classi di qualità A1 e A2 delle norme Uni-En 14961-2 per il pellet e Uni-En 14961-4 per il cippato. 


Per ottenere la detrazione, spalmata in dieci anni, si deve seguire un iter che prevede, oltre al pagamento con bonifico “parlante” e l’asseverazione del tecnico, l’invio telematico di una scheda informativa all’Enea (compilabile anche dall’utente) entro 90 giorni dal termine dei lavori. L’ultima legge di Stabilità, prorogando per tutto il 2016 l’ecobonus al 65%, ha confermato anche questo specifico “capitolo” dedicato ai generatori a biomassa, introdotto dal 2015. Prima di allora, l’intervento poteva ricadere solo nella riqualificazione energetica generale, che vede un tetto alle spese detraibili più alto (100mila euro), ma impone determinati obiettivi di prestazione energetica finale dell’edificio. Possibilità, comunque, ancora in piedi.


In alternativa all’Ecobonus c’è la detrazione per le ristrutturazioni, che copre gli interventi di risparmio energetico e agevola gli impianti a legna o pellet con rendimento non inferiore al 70%. Anche questa detrazione si spalma in dieci anni ed è stata prorogata per il 2016 ai valori massimi (50% di sconto e limite di spesa agevolabile a 96mila euro per unità immobiliare). Vi rientrano i costi per l’acquisto e l’installazione di caminetti o stufe, compresa la realizzazione e il rifacimento della canna fumaria: ma non sono richiesti gli altri obblighi previsti dal 65%, come la trasmissione dei documenti all’Enea (rimane fondamentale il bonifico “parlante”).
Allo stato attuale, l’alternativa tra i due bonus fiscali (e i rispettivi limiti di spesa e detraibilità) dovrebbe cadere nel 2017, quando resterà in piedi soltanto l'agevolazione per il recupero edilizio, con sconto “originario” del 36% (e tetto di spesa agevolabile a 48mila euro).


Fuori dal campo delle detrazioni (con cui non è cumulabile), c’è poi il Conto termico, che non offre uno sconto sulle tasse ma un contributo diretto, in due rate annuali per le taglie “domestiche”: non si pesa, dunque, la capienza fiscale del beneficiario. L’incentivo è erogato dal Gse (sul cui sito va inoltrata la domanda) per la sostituzione di impianti di riscaldamento con altri dotati di generatori a biomassa. La percentuale di rimborso è intorno al 40%, ma può rivelarsi inferiore perché calcolata in base ad alcuni fattori: potenza termica, coefficiente di utilizzo (riferito alla fascia climatica), di valorizzazione dell’energia e sostenibilità ambientale (emissioni di polveri).
Stufe e termocamini devono rispondere a requisiti quali la conformità alle relative norme Uni-En; rendimento termico utile maggiore dell’85%; emissioni in atmosfera non oltre i valori tabellati.
Il sistema del conto termico è stato rivisto da un recente decreto del Mise, che entrerà in vigore nei prossimi mesi. Tra le novità attese, un catalogo di apparecchi termici fino a 35 kW di potenza, già “validati” dal Gse, per i quali si potrà usufruire di un iter semplificato. 


In conclusione, il rimborso è più veloce con il Conto termico, ma più elevato con le detrazioni del 65%.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Le Entrate aggiornano la guida per le ristrutturazioni



È stata pubblicata ieri la nuova versione del Manuale dell’Agenzia delle Entrate, aggiornata con le novità contenute nella Stabilità 2016.


Nello specifico, con la proroga della maggiore detrazione al 50% e del bonus mobili ed elettrodomestici sino a fine anno, e con le agevolazioni previste per gli interventi su edifici in zone sismiche ad alta pericolosità e per acquisti di immobili ristrutturati.

 

 

Proroga della maggiore detrazione IRPEF per le spese di ristrutturazione.
Ponendosi in continuazione a diversi provvedimenti di proroga, la Stabilità 2016 ha posticipato sino al 31 dicembre 2016 la possibilità di usufruire della maggiore detrazione IRPEF (50%, contro il 36%), confermando il limite massimo di spesa di 96.000 euro per unità immobiliare (mentre in passato era fermo a 48.000 euro). Secondo le norme ad oggi in vigore, dal 1° gennaio 2017 la detrazione tornerà alla misura ordinaria del 36% e con il limite di 48.000 euro per unità immobiliare.


Agevolazione per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici.
Sempre sino a fine anno sarà, altresì, possibile beneficiare della detrazione del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), finalizzati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione. A prescindere dalla somma spesa per i lavori di ristrutturazione, la detrazione va calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro e ripartita in 10 quote annuali di pari importo.


Maggiore detrazione (IRPEF e IRES) per gli interventi su edifici in zone sismiche ad alta pericolosità.
È confermata per tutto il 2016 la maggiore detrazione per le spese sostenute per interventi di adozione di misure antisismiche su costruzioni che si trovano in zone sismiche ad alta pericolosità, se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive: il bonus è pari al 65% delle spese effettuate dal 4 agosto 2013 al 31 dicembre 2016. L’ammontare massimo delle spese ammesse in detrazione non può superare l’importo di 96.000 euro.


Detrazione IRPEF per acquisti di immobili ristrutturati.
Alla maggiore detrazione del 50% si ha diritto sino al 31 dicembre 2016 anche in caso di interventi di ristrutturazione riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che provvedono, entro 18 mesi dalla data del termine dei lavori, alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile. La detrazione spetta entro l’importo massimo di 96.000 euro (invece che 48.000 euro). Dal 2017 ritornerà alla misura ordinaria del 36% su un importo massimo di 48.000 euro.


Fonte articolo: LaStampa.it

Perchè è opportuno rendere permanenti i bonus edilizia

Secondo Confartigianato le cattive condizioni delle case, oltre a mettere a rischio la sicurezza dei cittadini, “contribuiscono a gonfiare la bolletta energetica delle case, infatti, il comparto residenziale determina il 28,8% dei consumi finali di energia. Più di quanto assorbono i trasporti su strada (27,7%) e l’industria (22,7%)”.


Circa 2 milioni di edifici residenziali italiani, pari al 16,8% del totale, è in mediocre o pessimo stato di conservazione. In questo panorama la stabilizzazione dei bonus per l’edilizia potrebbe contribuire a migliorare le condizioni del patrimonio edilizio esistente.

L’analisi condotta da Confartigianato sullo stato di conservazione degli edifici esistenti italiani ha registrato numerosi dati negativi, soprattutto nel Mezzogiorno e negli edifici costruiti prima del 1981.
Sono in cattive condizioni di conservazione in 2.051.808 edifici residenziali, 16,8% del totale; la percentuale sale al 21,1% per gli edifici costruiti prima del 1981, mentre la quota si riduce al 4,7% per gli edifici nati tra il 1981 e il 2011. 


Considerando la situazione del patrimonio esistente, Confartigianato auspica che i bonus fiscali per ristrutturazioni e risparmio energetico, previsti dalla Legge di Stabilità 2016, possano dare la spinta giusta per migliorare la condizione delle abitazioni esistenti in cattivo stato.
Per ottenere però questo risultato è necessario, secondo la Confederazione Nazionale degli Artigiani, rendere stabili e permanenti i bonus per l’edilizia.


Il Presidente di Confartigianato Edilizia, Arnaldo Redaelli, ha infatti dichiarato: “E’ indispensabile rendere stabili e permanenti, nella misura indicata nella Legge di Stabilità 2016, gli incentivi fiscali che consentono di raggiungere più obiettivi: riqualificazione del patrimonio immobiliare,risparmio ed efficientamento energetico e difesa dell’ambiente, rilancio delle imprese delle costruzioni, emersione di attività irregolari”.
La regolarizzazione dei bonus gioverebbe anche alla filiera delle costruzioni e all’indotto manifatturiero che conta complessivamente 680.354 imprese e 1.664.426 addetti. In maggioranza si tratta di piccole aziende: 594.828 micro e piccole imprese fino a 20 addetti dell’edilizia, installazione di impianti e fabbricazione dei mobili, che danno lavoro complessivamente a 1.343.467 addetti. 


Edifici residenziali: la situazione italiana.
In Italia si contano 12.187.698 edifici residenziali (l’84,3% degli edifici totali) con 31.208.161 abitazioni che comprendono case unifamiliari, ville, villette, case a schiera, palazzine in complessi residenziali e condomini o palazzine con negozi o sedi di attività economiche in genere a piano strada. I tre quarti (74,1%) degli edifici residenziali italiani sono stati costruiti prima del 1981 ed hanno quindi 35 anni ed oltre di vita, mentre le realizzazioni più recenti sono il rimanente 25,9%.


Il record negativo si registra in Sicilia con il 26,8% del totale degli edifici residenziali in mediocre - pessimo stato di conservazione. Seguono laCalabria, con una quota del 26,2%, e la Basilicata con il 22,3%.
La situazione va meglio in Umbria e in Trentino Aldo Adige, regioni in cui la quota di case in cattive condizioni è la più bassa d’Italia e si limita al 10,7% del totale, e in Toscana, dove la quota sale all’11,5%.
A livello provinciale il primato negativo va a Vibo Valentia dove è più diffuso il cattivo stato delle case (31,4% del totale), seguita da Reggio Calabria (31,3%) e Catanzaro (25,8%). Al capo opposto della classifica le provincie più ‘virtuose’ sono Prato (8,2%), Bolzano (8,5) e Siena (8,5%


Fonti articolo: Edilportale.com

Quanto costa ristrutturare un immobile?

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L’estensione a tutto il 2016 dei bonus fiscali a favore di chi decide di ristrutturare casa rivela quanto questo tipo di interventi sia fondamentale per il patrimonio immobiliare italiano. Si tratta di una proroga, non di una stabilizzazione ma la conferma del meccanismo dei crediti d’imposta (Ecobonus 65% e Bonus ristrutturazioni 50%) per tutto il 2016 è una boccata di ossigeno per il mercato immobiliare e l’edilizia privata.


Ma quanto costa ristrutturare un immobile? 
Alla domanda hanno risposto i portali ProntoPro.it, startup che mette in contatto domanda e offerta di lavoro professionale e artigiano, e Immobiliare.it. Secondo l’analisi, il costo medio di un intervento su un appartamento tipo equivale a 34.000 euro.

 

 

Le città.
Roma è la città più cara in cui comprare un immobile da ristrutturare (235.750 euro), ma anche quella in cui i lavori costano di più, dato che la spesa media è pari a 38.900 euro. Milano arriva seconda, sia per i prezzi richiesti, qui mediamente pari a 226.650 euro, sia per le spese da sostenere per la ristrutturazione, che hanno registrato una media di 37.500 euro. Sono tutte città del Sud quelle che occupano il podio della convenienza.


Lo studio è stato condotto prendendo come esempio un bilocale di 70 metri quadrati– nei venti capoluoghi di regione – posto al primo piano di uno stabile in area semi-centrale, per il quale fosse necessario procedere a demolizione, rimozione e costruzione dei tramezzi, intonaci e rasature, pavimenti e rivestimenti, opere da imbianchino, opere da idraulico, impianto di riscaldamento, impianto elettrico, assistenze murarie, condizionamento dell’aria, infissi e fornitura materiali.


Se a livello nazionale il prezzo medio di un immobile come quello considerato è pari a 133.500 euro, analizzando le cifre richieste nei venti capoluoghi emerge che Roma è la città più cara in cui comprare un immobile da ristrutturare (235.750 euro), ma anche quella in cui i lavori costano di più, dato che la spesa media è pari a 38.900 euro.


Milano arriva seconda, sia per i prezzi richiesti, qui mediamente pari a 226.650 euro, sia per le spese da sostenere per la ristrutturazione, che hanno registrato una media di 37.500 euro.
Benché nell’ultimo Osservatorio di Immobiliare.it Firenze fosse stata eletta città più cara d’Italia per i suoi immobili, le cose cambiano quando si isolano quelli da ristrutturare: il capoluogo toscano si piazza terzo in classifica, con una media pari a 214.000 euro.
Per ciò che, invece, riguarda il costo delle ristrutturazioni, la terza città più cara è Trento: qui mettere mano a un immobile tipo costa in media 35.850 euro.


Di contro, è emerso che il capoluogo di regione in cui costa meno ristrutturare è Catanzaro, dove la media si è fermata a 28.850 euro. Sono tutte città del Sud quelle che occupano il podio della convenienza: al secondo posto si è classificata Palermo, dove nel complesso i lavori arrivano a costare mediamente 29.700 euro; terza è Campobasso, in cui chi vuole ristrutturare un appartamento deve mettere in conto 30.050 euro.


Fonte articolo: http://quifinanza.it/soldi/proroga-bonus-casa-leffetto-sulle-ristrutturazioni-i-prezzi-nei-capoluoghi/43076/?refresh_ce

Rinnovati Bonus ed Ecobonus, anche per le case popolari

Dodici mesi in più per ristrutturare casa e renderla meno energivora con l’aiuto del Fisco. Dal Consiglio dei Ministri che ieri ha varato la manovra 2016 arriva la conferma per un altro anno degli sgravi fiscali sulle ristrutturazioni (bonus del 50%) e degli interventi per il miglioramento energetico degli edifici (bonus del 65%).


Arriva anche la notizia dell’estensione degli incentivi agli enti di gestione delle case di edilizia residenziale pubblica, che potranno così usufruire degli sgravi fiscali per rimettere mano a un patrimonio immobiliare in gran parte obsoleto.

Agli ex Iacp arriverà anche una dote di 170 milioni da usare per le manutenzioni. Un "intervento straordinario sulla case popolari", annunciato dallo stesso premier Matteo Renzi nella conferenza stampa seguita al varo della manovra, che potrà beneficiare anche degli sconti fiscali, ampliando così la mole degli investimenti possibili.


Confermato anche il bonus mobili, una misura che non era entrata nelle prime bozze della manovra, ma che è stata sostenuta in corso di riunione dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. 
La proroga decisa ieri scongiura la riduzione secca degli incentivi all’aliquota base del 36%, ormai stabilizzata. E mette benzina in un motore delle costruzioni inceppato da anni e che senza la conferma gli incentivi fiscali rischiava di perdere una stampella preziosa nel percorso di avvicinamento alla ripresa. 


Gli incentivi vengono confermati nella stessa formula usata l’anno scorso.
1. Per le ristrutturazioni senza miglioramento energetico viene riconosciuta una detrazione Irpef del 50% della spesa in dieci rate annuali, entro un tetto massimo di 96mila euro (che senza proroga sarebbe stato dimezzato a 48mila euro dal primo gennaio).

2. Per gli interventi mirati a migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni (inclusi sostituzione degli infissi e delle caldaie ad alta efficienza) il bonus è riconosciuto nella misura del 65%. Anche qui si tratta di una conferma piena delle misure in vigore l’anno scorso, che include dunque gli interventi antisismici (che altrimenti potrebbero usufruire al massimo del bonus 50% previsto per le ristrutturazioni), le schermature solari e i lavori di bonifica dell’amianto. 

3. Il bonus del 65% dovrebbe essere anche l’unica formula applicabile agli interventi di ristrutturazione promossi dagli ex Iacp sulle case popolari, per la prima volta ammessi a beneficiare degli incentivi. L’obiettivo è dunque ristrutturare, ma ottenendo un significativo miglioramento dell’efficienza energetica di questi edifici, che in molti casi non è difficile immaginare come veri colabrodi energetici. 

4. Confermato per un altro anno anche il bonus mobili, la cui applicazione potrebbe peraltro anche essere allargata. L’intenzione del Governo, ieri a dire il vero ancora in bilico, sarebbe quella di estendere la misura anche agli under 35 che decidono di metter su famiglia. In questo modo le giovani coppie potrebbero beneficiare degli incentivi fiscali anche senza l’obbligo di ristrutturare casa. Indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione, l’incentivo consente di detrarre il 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici (in classe A+, A solo per i forni) da calcolare su un importo massimo di diecimila euro. Anche in questo caso la spesa viene recuperata con detrazioni riconosciute in dieci rate annuali. 


Secondo le stime del Governo la conferma dei bonus edilizi ad aliquota massima per un altro anno vale una posta di circa 150 milioni nel bilancio dello Stato, al netto dell’estensione delle agevolazioni agli ex Iacp. Valori che in base agli studi sull’impatto dei bonus vengono comunque controbilanciati dalle maggiori entrate fiscali legate alla realizzazione degli interventi. 


In base ai dati del Cresme e del Servizio studi della Camera, nei primi otto mesi del 2015 gli interventi mossi dagli incentivi hanno sfiorato i 16 miliardi di euro, e si prevede che alla fine dell’anno l’investimento complessivo sarà di 23,5 miliardi. Quanto al numero degli interventi effettuati in quasi venti anni di applicazione dei bonus edilizia (dieci per l’ecobonus) i dati più aggiornati parlano di circa 12,5 milioni di domande presentate. 


Fonte articolo: Il Sole24Ore, vetrina, web.

Gli incentivi ristrutturazione fanno bene all'immobiliare


Rigenerazione urbana, riqualificazione energetica, una nuova cultura dell’abitare agganciata alla sostenibilità. La 51esima edizione del Saie, il salone dell’edilizia italiana (nei padiglioni di BolognaFiere dal 14 al 17 ottobre) archivia le vecchie formule e segna il debutto di Saie Smart House sulla scena delle tecnologie all’avanguardia, di una nuova idea di città e di casa, dell’evoluzione degli scenari normativi che fanno delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni il trampolino di lancio di una stagione di ripresa.

La manifestazione, nella nuova versione, riconferma non solo la propria caratura internazionale (sono attesi oltre 80 buyers stranieri provenienti da 12 Paesi) ma anche il ruolo di piattaforma nazionale di confronto sulle politiche di settore, con 1.038 espositori e il coinvolgimento di 22 tra università e centri di ricerca, in un’area di 85mila metri quadrati.


Con la molla degli incentivi fiscali gli interventi di riqualificazione e ristrutturazione del patrimonio residenziale (oltre il 55% delle abitazioni è stato costruito prima degli anni Settanta) stanno funzionando. Quest'anno rappresenteranno il 37% del valore degli investimenti in costruzioni, riaffermandosi come l’unico comparto che mantiene una tenuta dei livelli produttivi. Risultati che non saranno comunque sufficienti a risollevare un settore che dal 2008 ha perso 69 miliardi di investimenti (dati dell’Osservatorio Ance). 


"È apprezzabile la posizione del Governo sull’Imu ma la tassazione sulla casa – dice Antonio Gennari, vice direttore generale dell’Associazione nazionale dei costruttori – tra il 2008 e il 2013 è cresciuta del 111%, a fronte di una media Ue del 23. E c’è uno squilibrio dell’imposizione fiscale tra l’acquisto di una casa vecchia e di una casa nuova, a svantaggio dei costruttori, per i quali sarebbe opportuno un credito di imposta. Mantenere gli ecobonus è un buon incentivo ma occorre modificare l’intensità dell’agevolazione in rapporto all’effetto in termini di efficienza energetica". Proposte alle quali i costruttori aggiungono la richiesta di una revisione delle regole urbanistiche, con l’abbattimento degli oneri di urbanizzazione, in caso di opere di demolizione e ricostruzione. Interventi che, aggiunge Gennari, "potrebbero riqualificare ampie aree di periferia, soprattutto nelle grandi città, caratterizzate da edifici strutturalmente obsoleti, senza nuovo consumo di territorio".


Il nuovo format “sdoppia” un salone che ha superato il mezzo secolo di vita. A Saie Smart House, dedicato alla costruzione e riqualificazione di edifici e città intelligenti (a partire da quest’anno si svolgerà in tutti gli anni dispari), si affianca Saie Building & Construction (che sarà realizzato negli anni pari e che apre anche alla costruzione e ingegneria del territorio e delle infrastrutture). Ed è soprattutto il primo a raccogliere la sfida della nuova idea di città, la smart city che cresce di pari passo con l’innovazione e la sostenibilità ambientale.
L’impianto generale della manifestazione assegna rilievo agli incontri tra i professionisti e le imprese (tra seminari, workshop e convegni ne sono previsti oltre 400) e all’internazionalizzazione del sistema delle costruzioni, grazie alle delegazioni attese da Marocco, Turchia, Iran, Golfo Persico, Vietnam, Azerbaijan ed Egitto per gli appuntamenti b2b. 


Il salone si innesta su un mercato immobiliare che dà segnali di ripresa, come rileva uno studio di Nomisma: quest’anno la percentuale delle famiglie che manifesta l’intenzione di mettere in cantiere l’acquisto di una casa nel breve o medio periodo è salita al 74,6%, contro il 64,8% di due anni fa. E l’erogazione di mutui, dopo il crollo del biennio 2012-2013, ha ricominciato a crescere nel primo trimestre dell’anno (oltre 24.100, con la previsione di quasi 38mila mutui nel 2016). Quanto al numero di compravendite residenziali, dovrebbe ricominciare a crescere arrivando a sfiorare quota 500mila.
Continua invece la stagnazione del mercato delle nuove costruzioni: l’anno scorso sono state rilasciate poco più di 47mila concessioni (due anni fa furono oltre 278mila). Viceversa sono in forte crescita le richieste di detrazioni fiscali per ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche.


L'Unione europea nel suo piano per l’energia con scadenza al 2050 ha indicato una serie di priorità da seguire per ridurre i consumi (e quindi l’inquinamento, oltre che la dipendenza dalle forniture estere) e aumentare la sicurezza delle cose e delle persone. Per centrare l’obiettivo l’Italia dovrebbe ristrutturare 1.500 abitazioni al giorno, un numero che appare particolarmente ambizioso dopo anni di recessione e a fronte di uno scenario di ripresa economica piuttosto debole, anche se è reso meno utopico dalle condizioni di accesso ai finanziamenti, molto più convenienti rispetto al passato. 


Secondo un’indagine Nomisma, la riqualificazione energetica e il riuso urbano offrono uno spazio di investimenti pari a 13,6 miliardi di euro.Nel residenziale infatti, ipotizzando interventi di natura sia globale che parziale su diverse tipologie di edificio, si è stimato un risparmio potenziale complessivo al 2020 di circa 49.000 GWh/anno di energia finale, equivalenti a 3,71 Mtep/anno. 


La componente di domanda legata alle ristrutturazioni e all’efficientamento energetico ha fatto da cuscinetto al pesante ridimensionamento del settore immobiliare dopo il 2008
, tanto che, rispetto all’intero valore cumulato della produzione del settore delle costruzioni nel 2013, circa il 67% è riconducibile ad interventi di manutenzione sul patrimonio esistente. Anche per quanto riguarda gli investimenti in costruzioni, circa un terzo del totale degli investimenti nel corso del 2014 è riconducibile a interventi di manutenzione straordinaria, unici a crescere di volume tra 2008 e 2014.


Fonti articolo: Il Sole24Ore, vetrina, web;

http://www.idealista.it/news/finanza-personale/investimenti/2015/10/13/117927-edilizia-green-e-sostenibile-possibili-investimenti-per-13-6-miliardi-di

Risparmio del 20% con la caldaia a condensazione

È arrivato di nuovo il momento di fare i conti con il riscaldamento invernale, i suoi costi e la sua efficienza. Tra un paio di settimane in buona parte d’Italia si accenderanno infatti le caldaie nei condomini con impianto centralizzato. Ma anche chi vive in case dotate di impianti autonomi si prepara a riscaldare gli ambienti e forse, ripensando alla bolletta del gas e ai risparmi che possono derivare in prospettiva dall’investimento, immagina di cambiare la caldaia tradizionale con una più efficiente.


Un intervento di sostituzione che può anche considerarsi “last minute”, e per il quale entro fine anno si può esser certi di usufruire dei bonus fiscali su ristrutturazioni o risparmio energetico alle percentuali odierne (rispettivamente del 50 e 65%). 


Passando ad una caldaia a condensazione, che consente di recuperare il calore dei gas di scarico e rimetterlo in circolazione, si può sfruttare al meglio il potenziale energetico del combustibile e ottenere rendimenti più elevati. Una soluzione efficiente sostenuta anche dalle norme europee: il 26 settembre in tutti i Paesi Ue è infatti entrato in vigore l’obbligo di non produrre caldaie che non siano a condensazione. Se i generatori convenzionali a tiraggio forzato ancora in magazzino continueranno ad essere commercializzati, la loro fine è dunque segnata.


Allo stesso tempo, sono operative le nuove regole sull’etichettatura energetica per i sistemi di riscaldamento e acqua calda sanitaria (Acs) di taglia “domestica”, che impongono la dichiarazione dei consumi della singola tecnologia (a cura del produttore) e dell'intero impianto (etichetta di sistema, a cura dell'installatore). I consumatori potranno così scegliere e confrontare gli apparecchi come già da tempo avviene per gli elettrodomestici (secondo una scala discendente che va da A++ a G per il riscaldamento, e da A a G per l’Acs).


"La caldaia a condensazione rappresenta una soluzione affidabile e poco invasiva dal punto di vista dei lavori necessari. E i risparmi medi conseguibili, in confronto al generatore tradizionale sostituito, viaggiano intorno al 20%" – spiega Marco Chiesa, dell’Energy strategy group del Politecnico di Milano - "Per una famiglia che vive in una casa di 100 metri quadri, in zona climatica non calda, e spende 1.500 euro di gas (per riscaldamento e acqua calda sanitaria, ndr), l’investimento che in condizioni normali è pari a circa 2.500 euro, tutto compreso, fruendo della detrazione al 50%, può rientrare in 4-5 anni". I calcoli possono naturalmente risentire di altre variabili, tra cui le condizioni dell’apparecchio sostituito, a fine vita o ancora funzionante. "Ma l’installazione di una caldaia a condensazione, che ha una durata di 15-20 anni come quella convenzionale, per l’abitazione e i consumi ipotizzati risulta in ogni caso vantaggioso, anche senza incentivi", aggiunge Chiesa . Invece, se pensiamo a un alloggio condominiale di 50-60 mq, con impianto autonomo ma una sola parete esterna, magari esposta a sud, e che consuma 700 euro di gas all’anno, conviene tenere la “vecchia” caldaia finché dura. 


Tornando all’esempio, il pay-back time è simile anche se al posto della detrazione al 50% consideriamo il maxi-sconto del 65% offerto dall’eco-bonus. La spesa di partenza è infatti più alta (almeno 3mila euro), perché il rendimento deve rientrare in determinati valori tabellati, garantiti dal produttore, e l’intervento include l’installazione delle valvole termostatiche e la verifica e messa a punto del sistema di distribuzione. Aumenta però di conseguenza anche il taglio alla bolletta (verso il 25% e più) e dunque il risparmio sul medio-lungo periodo. "A quel punto – sottolinea Tiziano Dones, del Consorzio Seyes – si può anche pensare di spendere qualche centinaia di euro in più per implementare un sistema di centralina climatica, che permette di variare la temperatura di mandata dell’acqua in funzione di quella esterna e migliorare i rendimenti. Uno step che può spingere i risparmi al 30% e oltre".


Ma in quanto tempo è possibile realizzare l’intervento di sostituzione completo? "In condizioni ottimali – continua Dones – sfruttando la canna fumaria esistente, se il lavoro è programmato come si deve, dopo il sopralluogo e la preparazione dei materiali, può completarsi in 1 giorno. Se c’è invece bisogno di rifare la canna e modificare la centrale termica con qualche opera di muratura, possono volerci 2-3 giorni". 


A proposito di convenienza e ritorni dell’investimento, resta poi da considerare il fatto che, sì, ci sono gli incentivi, ma la nostra “famiglia tipo” può non essere in grado di sostenere la spesa a monte. E allora possono far comodo le offerte di finanziamento proposte dagli operatori dell’efficienza energetica. Un campo in cui sono attive anche le utilities. In questo caso il maggior costo del servizio si accompagna però al fatto di pagare direttamente in bolletta, con i risparmi sui consumi che compensano il prezzo del finanziamento. Il pay-back time non è esaltante, ma la scelta si rivela comunque conveniente.


Le valvole termostatiche.
Una valida alternativa, per chi vuole gestire in autonomia il proprio riscaldamento, senza però affrontare le difficoltà che comporta il distacco dall'impianto centralizzato, è quella di fare ricorso alle valvole termostatiche e alla contabilizzazione del calore, cioè a quei dispositivi che consentono di determinare la temperatura degli ambienti (abbassando o alzando i radiatori grazie all'uso di “valvole”) e di misurare i consumi di energia appartamento per appartamento, consentendo a ciascuno di pagare in proporzione all'utilizzo.
Si tratta, ovviamente, di una decisione da affrontare in condominio, ma anche di una strada che – volente o nolente – tutti coloro che abitano in una casa con più unità abitative dovranno percorrere per legge. Il Dlgs 102/2014 fissa infatti al 1° gennaio 2017 il termine entro il quale tutti i condomini d’Italia dovranno dotare gli impianti di "valvole".
Come funziona. 
A seconda che l'edificio sia di vecchia o nuova realizzazione (con impianto di riscaldamento distribuito a colonne montanti, cioè con tubi che salgono di piano in piano senza tenere conto della suddivisione delle unità, o a distribuzione orizzontale, con un tubo che entra e si ramifica nella singola unità) installare un sistema di termoregolazione risulta più o meno semplice (e dispendioso). Nel primo caso, infatti, occorre procedere con l'installazione su tutti i caloriferi di una valvola che regola (in genere tarata su 5 posizioni) il prelievo di calore e di un ripartitore elettronico per misurare il consumo. Al contrario, nei fabbricati nuovi, basta un solo contacalorie a monte di tutti i caloriferi.


La ripartizione delle spese.
Il principio di base è pagare quanto si consuma, anche se nella pratica una quota di spesa (in genere fra 20 e 40%) continua a essere ripartita fra tutti in base ai cosiddetti millesimi di calore. Si tratta della cifra corrispondente al calore disperso dalla rete di distribuzione e a quello necessario per conservare in buono stato la caldaia. La metodologia di ripartizione è stabilità nella norma Uni 10200, appena aggiornata dal Comitato termotecnico italiano.
Le eccezioni. 
La termoregolazione può risultare “non obbligatoria” laddove si presentino “impedimenti” di natura tecnica. Cioè laddove il costo di strutturazione dell'impianto risulti di molto superiore ai benefici che si possono ottenere. Un esempio, a questo proposito, può essere l'applicazione di valvole e contabilizzatori a un riscaldamento a pannelli radianti, specie se datato nel tempo. Così anche rientrano fra gli esonerati gli alloggi riscaldati con ventilconvettori.
Gli incentivi. 
L'installazione della termoregolazione e contabilizzazione del calore, se associata alla sostituzione di una vecchia caldaia con un impianto a condensazione, beneficia della detrazione fiscale prevista al 65% fino al 31 dicembre 2015.


Fonte articolo: Il Sole 24 Ore, vetrina web.

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