Canone concordato richiesto in oltre il 50% dei contratti

L’affitto a canone concordato è un’opportunità non solo per chi prende un immobile in locazione, ma sicuramente anche per chi affitta.


Il 53,9% dei contratti di affitto è stipulato con questa formula: oltre la metà, e in crescita rispetto al 53,4% dello scorso anno.

A contribuire ad aumentarne la popolarità, gli aggiornamenti intervenuti con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto interministeriale del 16 gennaio 2017, che hanno rinnovato le regole e introdotto importanti variazioni rispetto al precedente DM del 30/12/2002.


È necessario premettere che la concezione classica di canone concordato era quella di un contratto che trovava applicazione esclusivamente nei Comuni ad alta densità abitativa e che pur "autorizzando le parti contraenti a definire liberamente il suo contenuto, li vincolava in ordine al valore del canone e alla durata del contratto". Il modello contrattuale standard del canone concordato doveva essere inoltre predisposto dalle associazioni rappresentative della categoria dei proprietari e di quella degli inquilini, sulla base di un accordo territoriale.


Il nuovo decreto introduce importanti novità alla vecchia disciplina. In tema di territorio di competenza, ad esempio, perché adesso è possibile siglare contratti a canone concordato dovunque, anche nei comuni privi di alta tensione abitativa, pur sempre sulla base di accordi territoriali. E in tema di vantaggi fiscali, visto che l’ultima finanziaria ha abbassato del 25% l’IMU per i proprietari che affittano a canone concordato e ha ridotto del 30% la base imponibile sulla quale calcolare l’IRPEF in dichiarazione dei redditi. In alternativa, il locatore può avvalersi della cedolare secca, la tassazione diretta sul reddito percepito ridotta nel 2017 al 10% nei comuni ad alta tensione abitativa e limitrofi.


Anche grazie agli affitti a canone concordato il mercato delle locazioni nel territorio di Milano registra una ripresa e la città più metropolitana d’Italia può allargare la sua cerchia accogliendo anche nelle aree limitrofe alla cintura i molti giovani che necessitano di condizioni agevolate per accedere al mercato immobiliare. Secondo il viceministro dell’Economia e delle finanze Enrico Morando, l’interesse verso il canone concordato è in crescita anche da parte delle istituzioni e indispensabile sarà rinnovare la cedolare secca del 10% sugli affitti, in scadenza il prossimo 31 dicembre.


Fonte articolo: MutuiOnline.it

Affitti: cedolare secca o tassazione ordinaria?

La Legge di Bilancio 2018, che ha da poco cominciato il suo iter parlamentare, contiene la tanto attesa proroga della cedolare secca al 10% per i contratti a canone concordato.


Ma qual è la differenza tra la tassazione agevolata sugli affitti e quella ordinaria? A spiegarlo sono i nostri collaboratori di condominioweb.

 

Negli ultimi anni la disciplina relativa alla registrazione di un contratto di locazione è stata profondamente modificata sia per l'introduzione di nuove procedure di tassazione, ad esempio tassazione forfettaria della cedolare secca, sia per aver reso più semplice la registrazione favorendo il canale telematico.

Registrazione contratto locazione senza cedolare secca

Per i contribuenti che preferiscono scegliere la tassazione ordinaria (o per quanti non hanno la possibilità di optare per la cedolare secca) la registrazione di un contratto di locazione comporta il pagamento di:

  • - Imposta di registro pari al 2% del canone annuo (tale importo andrà quindi moltiplicato per il numero di annualità previste);
  • - Imposta di bollo pari a 16 euro ogni 4 facciate del contratto (o comunque ogni 100 righe).

    Tali imposte sono dovute per ogni copia per la quale è richiesta la registrazione.
    Qualora il contratto abbia una durata di più anni, l'imposta di registro potrà essere pagata:

  • - Annualmente: L'importo dovuto è il 2% del canone inerente ogni annualità con un minimo di 67 euro. L'imposta è dovuta entro 30 giorni dalla scadenza della precedente annualità;
    - Per più anni: Qualora si opti per il pagamento in unica soluzione il versamento sarà del 2% del corrispettivo complessivo.

  • A tale importo occorrerà detrarre un importo pari alla metà del tasso di interesse legale (pari allo 0,5% a partire dal 1° Gennaio 2015) per il numero delle annualità, pertanto avremo:

  1. Detrazione pari allo 0,5% qualora il contratto duri 2 anni;
  2. Detrazione pari allo 0,75% per contratto di durata 3 anni;
  3. Detrazione pari ad 1% per contratto di durata pari a 4 anni.

registrazione contratto di affitto con cedolare secca

La cedolare secca è una modalità di tassazione forfettaria alternativa alla tassazione ordinaria che è possibili scegliere qualora si posseggano i seguenti requisiti:

  • - Immobile oggetto della locazione appartenente alle categorie catastali da A1 ad A11 (ad eccezione della cat. A10 – uffici e studi privati) locato per un uso esclusivamente abitativo.

    - E' possibile far rientrare nel regime della cedolare secca anche le eventuali pertinenze locate insieme all'abitazione (ad esempio cantina o garage).

    Inoltre è stato precisato che non potranno beneficiare della cedolare secca i contratti di locazione che hanno per oggetto immobili accatastati come abitativi, ma locati ad uso ufficio o promiscuo.
    Non è inoltre possibile beneficiare della cosiddetta tassa piatta qualora l'immobile affittato sia situato all'estero o qualora si effettui una sublocazione;
    Le parti del contratto di locazione sono privati o esercenti attività di impresa o professionisti che no non agiscono nell'esercizio dell'attività. Non potranno pertanto aderire alla cedolare secca associazioni ed enti commerciali e non commerciali.


  • Pertanto i contratti devono avere come parti soggetti che non agiscono nell'esercizio di imprese, arti o professioni compresi anche enti pubblici o privati non commerciali.
    La cedolare secca è un'unica tassa che sostituisce Irpef, addizionale regionale e addizionale comunale (in merito alla parte che deriva dal reddito dell'immobile), imposta ai fini del registro ed imposta di bollo. La tassazione prevista per chi sceglie il regime della cedolare secca è pari a:

  • - 21% del canone annuo qualora il contratto di affitto sia a canone libero;
  • - 15% del canone annuo (10% peri contratti che hanno validità nel periodo 2014 – 2017) per i contratti di affitto a canone concordato per abitazioni che si trovano in Comuni ad alta tensione abitativa, nei Comuni con carenze di disponibilità abitative, nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza a seguito di eventi calamitosi nel quinquennio precedente il 28 maggio 2014.

L'opzione per la cosiddetta “tassa piatta” potrà essere effettuata dal contribuente:

  • - All'atto della registrazione del contratto (che può avvenire sia telematicamente che tramite presentazione in ufficio sempre tramite modello Rli);
  • - In annualità successiva (il termine per aderire alla tassa sarà comunque di 30 giorni dalla scadenza di ogni annualità);
  • - Qualora avvenga la proroga del contratto di locazione, anche tacita (il termine previsto anche in questo caso sarà comunque di 30 giorni da quando è stata effettuata la proroga).
    - Qualora si opti per la cedolare secca il locatore applicherà tale regime per l'intero periodo di durata del contratto o, qualora sia effettuata in annualità successive, per il residuo periodo di durata del contratto.


In ogni caso il locatore ha comunque la possibilità di revocare l'opzione in ogni annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata (qualora si cambi regime le imposte di registro e quelle di bollo già versate non potranno essere rimborsate). Inoltre se viene scelta la cedolare secca per tutto il periodo di durata del contratto di locazione non potrà essere applicato l'aggiornamento del canone, incluso l'adeguamento Istat (in sostanza l'importo del canone rimarrà invariato).

Pagamento della cedolare secca

Per effettuare il pagamento dell'imposta sostitutiva occorrerà fare riferimento alle regole in materia di Irpef, infatti sia il calcolo dell'importo che le scadenze sono simili a quelle dell'imposte sui redditi (a variare è solo l'entità dell'acconto che è pari al 95% dell'imposta pagata nell'anno precedente).
L'acconto sulla cedolare secca non è dovuto qualora sia il primo anno in cui si è optato per la tassazione forfettaria. Per gli anni successivi il pagamento dell'acconto sarà dovuto qualora l'imposta sostitutiva dovuta per l'anno precedente è di ammontare superiore a 51,65 euro. In tale caso il versamento sarà:

  • - In unica soluzione se l'ammontare della cedolare è inferiore a 257,52 euro (con scadenza entro il 30 novembre);
  • - In due soluzione se l'imposta dovuta supera 257,52 euro.

    In tal caso il primo acconto sarà pari al 40% del 95% di quanto pagato nell'anno precedente e sarà dovuto entro il 16 Giugno (la scadenza sarà il 16 Luglio qualora l'importo venga maggiorato dello 0,40%).

    La restante parte dell'acconto (pari al 60% del 95% di quanto pagato nell'anno precedente) dovrà essere versata entro il 30 Novembre.
    Anche per il pagamento del successivo saldo le regole saranno simili a quelle Irpef. In particolare il versamento dovrà essere effettuato entro il 16 Giugno dell'anno successivo (entro il 16 Luglio qualora venga applicata la maggiorazione del 0,40%).

I codici tributi che andranno inseriti all'interno del modello F24 saranno i seguenti:

1840 – Cedolare secca locazioni – Acconto prima rata;
1841 – Cedolare secca locazioni – Acconto seconda rata o unica soluzione;
1842 – Cedolare secca locazioni – Saldo.


Fonte articolo: idealista.it

In Bilancio anche cedolare secca e cessione del credito

Una famiglia allargata quella dei bonus fiscali per la casa: siamo ormai a quota sei.


Il disegno di legge di Bilancio 2018, effettuando il consueto tagliando delle detrazioni dedicate agli immobili, quest’anno aggiunge a beneficio dei cittadini una nuova possibilità di recupero delle spese.

 

 

Vengono, infatti, confermati i cinque sconti uscenti: mobili, ristrutturazioni, Sismabonus, Ecobonus ordinario e strutturale, e ne viene aggiunto un sesto, il "bonus verde".


La legge di Bilancio ha poi aggiunto due ulteriori tessere a questo mosaico: la cessione del credito e la cedolare del 10% sugli affitti. Vediamoli insieme.

PORTABILITA' SEMPLIFICATA 

Rendere facilmente cedibili i crediti fiscali, per consentire a chi è titolare di uno sconto di monetizzarlo immediatamente. In questo modo, anziché pagare l’intervento e poi recuperare il beneficio con la dichiarazione dei redditi, sarà possibile saldare almeno una quota dei lavori direttamente con il trasferimento del bonus.


Il Governo guarda a questo obiettivo da quando, un paio d’anni fa con la legge di Stabilità 2016, ha iniziato a lavorare al tema della cessione dei crediti fiscali. Nel tempo sono, così, arrivate diverse correzioni. L’ultima di queste è stata inserita nel Ddl di Bilancio e restituirà un quadro ancora piuttosto articolato.


Vanno distinti Ecobonus e Sismabonus. Per il primo la manovra consente il trasferimento dei crediti per tutti gli interventi, sia sulle parti comuni condominiali che sulle singole unità immobiliari. Diverso il discorso del Sismabonus, che non viene rivisto: potrà essere ceduto solo in caso di interventi sulle parti comuni o per la demolizione con ricostruzione.


La disciplina resta disallineata sul fronte dei cedenti. Il Sismabonus al 75 e 85% può, infatti, essere ceduto da tutti i beneficiari a privati e fornitori. Gli incapienti (che non possono recuperare lo sconto perché hanno un reddito troppo basso) potranno cedere l’ecobonus al 65, 70 e 75% a soggetti privati e anche alle banche. Gli altri beneficiari non incapienti potranno possono cedere l’Ecobonus al 70 e 75% a tutti i privati, ma non alle banche. 


CEDOLARE AFFITTI 

Con la proroga sino al 31 dicembre 2019 della cedolare secca del 10% sulle locazioni a canone concordato i proprietari tirano un sospiro di sollievo. In non pochi centri, infatti, con la tassa secca così bassa anche i canoni concordati riescono a essere competitivi, grazie anche alla minore durata della locazione (3 anni più due di proroga semi automatica) rispetto a quelli di mercato, che invece scontano la cedolare del 21 per cento.


Il meccanismo è semplice: i canoni devono essere compresi entro limiti minimi e massimi, determinati sulla base di accordi raggiunti in sede locale tra organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini.
La durata cambia a seconda se si tratti di uso abitativo (3 anni +2), uso transitorio (minimo 1 mese, massimo 18 mesi non rinnovabili) o uso studenti universitari (minimo 6 massimo 36 mesi).


Con la cedolare (che comprende l’imposta sui redditi e quella di registra) non è possibile dedurre le eventuali spese dalla base imponibile, che è rappresentata dall’intero canone pattuito.
L’opzione per la cedolare (che va espressa in sede di dichiarazione dei redditi l’anno successivo alla stipula) può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze.


La cedolare non è obbligatoria ma, a conti fatti, non c’è praticamente nessuna ragione di convenienza che possa far scegliere l’Irpef.

Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Cedolare secca sugli affitti dimezza l'evasione; si spera in riconferma

Confedilizia e Fiaip in vigile attesa ma con un po’ di ottimismo sulla proroga della cedolare affitti con estensione anche alle locazioni commerciali.


"Diamo atto alla maggioranza - si legge nel comunicato di Confedilizia - di aver accolto le istanze di Confedilizia in materia di cedolare secca sugli affitti".

 

Il Comunicato prosegue così: "I dati contenuti nella nota di aggiornamento al Def dimostrano che la tassazione sostitutiva dei redditi da locazione ha dimezzato l'evasione tributaria nel settore abitativo e aumentato la tax compliance. Si deve, quindi, proseguire su questa strada. Il rinnovo dell'aliquota del 10% per i contratti a canone calmierato si impone per sostenere una tipologia di affitto che consente l'accesso alla casa da parte delle fasce sociali più deboli. L'introduzione, poi, di una cedolare anche per le locazioni non abitative, a partire da quelle dei negozi, restituirebbe redditività ad un investimento che l'ha del tutto persa, contribuendo a ridare fiato al commercio. Ora attendiamo il Governo".

A partire dall'introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi – ricorda Confedilizia – l'evasione tributaria (tax gap) è diminuita del 42% e la propensione all'inadempimento si è ridotta del 40%. In particolare, tra il 2010 ed il 2015 il tax gap è passato da 2,3 a 1,3 miliardi di euro, mentre la propensione al gap è scesa dal 25,3% al 15,3%.


Sulla stessa lunghezza d’onda la Fiaip (agenti immobiliari), che però è meno ottimista: ribadire l'obiettivo della cedolare secca nelle risoluzioni di maggioranza non è ancora sufficiente - dicono alla Fiaip - se non c'è una vera disponibilità da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Governo, che al momento non si è manifestata nella cornice politico economica alla Legge di Bilancio illustrata ieri al Senato dal Ministro delle Economie e delle Finanze Pier Carlo Padoan. 


"L'estensione della cedolare secca per gli affitti commerciali - spiega il neo Presidente Gian Battista Baccarini -, così come inserita nella risoluzione della maggioranza alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2017, è una misura che chiediamo da anni per far ripartire il mercato immobiliare ed è un primo segnale da parte del Senato. Sarebbe, inoltre, un passo importante nel contrasto alla desertificazione commerciale delle nostre realtà urbane, per ovviare al degrado di molte città che hanno visto allontanare, sempre più, le attività produttive dai centri storici. Un intervento che gli agenti immobiliari Fiaip chiedono ormai da tempo, insieme alla Confedilizia e che riteniamo fondamentale per rilanciare il mercato e il tessuto delle attività produttive e del terziario".


Fonte articolo: IlSole24ore.com, Condominio 

Cedolare secca: nessuna decadenza anche se ci si dimentica la proroga

Una chance per gli smemorati della cedolare secca sugli affitti. Vale a dire per quei contribuenti che si dimenticano di comunicare al fisco la proroga della locazione.


Una svista che, con le norme in vigore fino al 2 dicembre scorso, implicava la decadenza dal regime della tassa piatta. Con conseguenze a dir poco spiacevoli.

È una scena che si è ripetuta spesso negli ultimi anni: il proprietario è convinto di essere ancora nel regime della cedolare, e invece si vede recapitare un avviso delle Entrate che gli contesta il mancato pagamento dell’imposta di registro sulla proroga (tributo che è per l’appunto sostituito dalla tassa piatta); dopodiché, si accorge di avere anche un altro problema, perché ha pagato la flat tax al posto dell’Irpef e delle sue addizionali – comunale e regionale – mediamente ben più cari dell’aliquota al 21% (contratti liberi) o al 10% (canoni concordati fino a fine 2017, poi 15% a regime).


Non si può dire con esattezza quanti siano gli interessati, ma ci si muove nell’ordine delle migliaia o decine di migliaia all’anno. In base agli ultimi dati disponibili, i proprietari che hanno scelto la cedolare sono oltre 1,4 milioni (1,1 milioni per contratti a canone libero e 300mila a canone concordato) e si può stimare che ogni anno almeno 350mila di loro siano tenuti ad avvisare il fisco della proroga.
Le statistiche sulle nuove registrazioni, infatti, permettono di ricostruire l’incidenza delle diverse tipologie contrattuali: "4+4", "3+2", transitorio e per studenti.


D’altra parte, la probabilità di dimenticarsi – per gli operatori non professionali – è tutt’altro che remota. Il contratto prorogato è pur sempre lo stesso contratto, in termini di canone e inquilino, e si dice comunemente che la scelta per la tassa piatta è valida finché non viene revocata.

LA SALVAGUARDIA

A rimediare alle sviste incolpevoli è intervenuta la norma introdotta con la conversione del decreto fiscale (cioè con la legge 225/2016, che ha inserito il pacchetto semplificazioni nel Dl 193) in vigore dallo scorso 3 dicembre. In pratica, viene ora previsto che la mancata presentazione del modello Rli per comunicare la proroga del contratto "non comporta la revoca dell’opzione" per la cedolare, a patto che il proprietario abbia versato la tassa piatta e abbia indicato i redditi da locazione nella dichiarazione dei redditi (comma 24 dell’articolo 7-quater inserito nel Dl 193). 
Evitata la decadenza, il proprietario dovrà pagare al fisco una multa di 100 euro (ridotti a 50 se si attiva entro i primi 30 giorni dalla scadenza del termine).

ISTRUZIONI PER L'USO

La novità è sicuramente favorevole ai contribuenti, ma pone vari problemi di interpretazione.
Prima di tutto, bisogna intendersi su cosa sia la "proroga" menzionata dal decreto fiscale. Ad esempio, in un contratto a canone libero "4+4", ci si riferisce al secondo quadriennio, oppure alla prosecuzione dopo l’ottavo anno per altri quattro anni (rinnovabili ancora di quattro) o a entrambe le formule di “prolungamento”? Nella legge sulle locazioni (la 431/1998) in questi casi si parla di "rinnovo", mentre il termine "proroga" è usato per la prosecuzione biennale del contratto a canone concordato (generalmente con la formula "3+2"). Al contrario, la normativa sull’imposta di registro (il Dpr 131/1986) parla sempre di "proroga".


Ci sono casi in cui il fisco ha contestato il venir meno della cedolare già in seguito alla mancata conferma dopo il primo quadriennio, anche se in dottrina c’è chi sostiene che in questo caso l’opzione non avrebbe bisogno di conferma. Ad ogni modo, anche questa situazione dovrebbe essere coperta dalla salvaguardia ora prevista dal decreto fiscale.


La seconda questione riguarda ancora il perimetro applicativo. Il decreto fiscale, letteralmente, fa salva solamente l’opzione per la cedolare "esercitata in sede di registrazione del contratto". Ma non sembra ragionevole escludere chi ha optato per la tassa piatta in una delle annualità successive alla registrazione e poi si scorda di comunicare la proroga.


Un altro aspetto delicato riguarda la necessità che il contribuente tenga un comportamento in linea con la volontà di restare nella tassa piatta. Il decreto fiscale richiede il pagamento della cedolare e l’indicazione in dichiarazione dei redditi mentre dimentica l’obbligo di non aggiornare il canone: questione più teorica che pratica in tempi di deflazione, ma resta una formulazione ambigua.
La nuova norma non menziona neppure l’obbligo di inviare la raccomandata all’inquilino. Quindi la permanenza nella tassa piatta è salva senza necessità di spedire alcuna lettera al conduttore.

LA DECORRENZA

L’ultimo aspetto è la decorrenza della norma. Che è nuova e non menziona effetti retroattivi. Eppure, invocando i princìpi dello Statuto del contribuente, ci sono validi argomenti per sostenerne l’applicabilità anche alle dimenticanze avvenute prima del 3 dicembre scorso. Chi avesse contestazioni in corso potrebbe senz’altro tentare di far valere le proprie ragioni.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web

Risparmi fiscali con affitti concordati e cedolare secca

Per i proprietari di 2,8 milioni di case affittate è arrivato il momento di aggiornare il tax rate sui redditi da locazione, verificando le opportunità di risparmio fiscale riservate a chi stipula con l’inquilino un contratto a canone concordato. 


Lo sconto del 25% sull’Imu e la Tasi introdotto dalla legge di Stabilità 2016 è l’ultimo tassello di un mosaico che tende a incentivare gli affitti a prezzi moderati, e che comprende anche la cedolare secca al 10% e le tradizionali deduzioni extra del 30% per chi resta alla tassazione ordinaria.

Le norme, però, si sono stratificate in modo disordinato, e la convenienza dipende da diversi fattori: il tipo di contratto, il tipo di Comune in cui si trova l’immobile, la rendita catastale dell’abitazione e l’aliquota locale di Imu e Tasi.


Lo sgravio Imu e Tasi. 
"Le situazioni sono diverse nelle varie città, ma ci stanno arrivando indicazioni ottimistiche: c’è maggior interesse per i contratti agevolati", commenta il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. "Certo è difficile prendere delle decisioni - aggiunge - perché i proprietari finora non hanno mai avuto la certezza delle norme fiscali per gli anni successivi".
La novità 2016 è la riduzione del 25% dell’aliquota Imu (ed eventualmente Tasi) per le case affittate a canone concordato. In pratica, lo sconto vale per i diversi contratti “calmierati” previsti dalla legge 431/1998:
- i contratti agevolati (3+2);
- i contratti per studenti universitari (da sei mesi a tre anni); 
- i contratti transitori (da uno a 18 mesi) stipulati nei grandi centri in cui il canone va fissato nel range stabilito negli accordi territoriali.

Come chiarito dal Dipartimento Finanze a Telefisco, in tutti questi casi a essere ridotta è l’aliquota applicata dal Comune. Quindi, se c’è un’aliquota ridotta, è questa a dover essere scontata. Ad esempio, a Milano gli affitti calmierati – se la casa è usata dall’inquilino come abitazione principale – nel 2015 pagavano il 6,5 per mille di Imu (contro il 9,6 per mille degli altri affitti) e lo 0,8 per mille di Tasi.


Lo stop agli aumenti dei tributi locali – dettato dalla legge di Stabilità – fa sì che le delibere 2015 possano essere prese come riferimento per calcolare lo sconto minimo quest’anno. Per intenderci, una casa affittata come abitazione principale con una rendita catastale di 459 euro – il valore medio delle abitazioni locate in Italia – a Torino pagherebbe il 5,75 per mille di Imu, che ridotto del 25% porta l’imposta annua da 443 a 332 euro.
Tra l’altro, questo sconto può essere applicato in tutti i Comuni. Anche se, naturalmente, bisogna stipulare un contratto agevolato in base agli accordi territoriali tra associazioni della proprietà edilizia e sindacati inquilini, applicando il canone ridotto.


La cedolare al 10 per cento. 
Gli altri incentivi riguardano i redditi di locazione. Qui il pezzo forte è la cedolare al 10% (prevista per il periodo 2014-17) che risulta praticamente imbattibile se confrontata con le deduzioni Irpef maggiorate per quasi tutti contribuenti.
Proprio la tassa piatta - diversamente dalle altre agevolazioni reddituali - può essere applicata anche nei Comuni colpiti da calamità, oltre che in quelli ad alta tensione abitativa, e a Telefisco le Entrate hanno chiarito come procedere nei centri in cui manca l’intesa locale.


Come ottenere gli sconti.
Per chi ha già un contratto a canone concordato, lo sconto Imu e Tasi è automatico (basta solo ricordarsi di presentare la dichiarazione Imu nel 2017), mentre la scelta per la cedolare secca - se non ancora effettuata - può essere fatta valere dalla prima nuova annualità contrattuale. La situazione è abbastanza semplice anche per chi non ha ancora stipulato il contratto: si tratta solo di valutare se le nuove agevolazioni fanno pendere la bilancia dalla parte del canone concordato.


Nel primo semestre del 2015 il 18% dei contratti è stato stipulato a canone calmierato, contro il 13,9% dell’anno precedente. Ed è ragionevole attendersi un altro aumento. Anche il numero dei contribuenti che applicano la cedolare secca sui canoni concordati è quasi triplicato in tre anni, secondo le statistiche sui redditi dichiarati nel 2014: un trend superiore a quello registrato tra le locazioni di mercato.


Un po’ più delicata, invece, la posizione di chi ha in corso una locazione a prezzi di mercato, perché in questo caso il proprietario potrebbe valutare la risoluzione del contratto e la stipula di un nuovo affitto concordato, offrendo all’inquilino un canone ridotto. "C’è anche chi valuta l’ipotesi di trasformare i contratti in essere, da libero ad agevolato - conferma Spaziani Testa-. È una scelta che potrebbe essere interessante, tra gli altri, per i locatori che avevano scelto il canone libero prima che, nel 2014, fosse introdotta la cedolare al 10%".


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Guerra agli affitti "in nero": rischi nullità

Dal 1 gennaio 2016 stop ai canoni “in nero”: se il locatore non registra il contratto entro trenta giorni dalla stipulazione corre il rischio di sentir dichiarare il contratto nullo e di dover restituire al conduttore le somme ricevute in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto.


La legge di fine anno, c.d. Legge di Stabilità, contiene alcune sostanziali novità in materia di locazioni ad uso abitativo con lo scopo di far emergere i c.d. “canoni in nero”. 

Il comma 59 dell’art. 1 della Legge 28 dicembre 2015, pubblicata sulla G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, ha riscritto l’art. 13 delle legge 9 dicembre 1998, n. 431, attuale disciplina delle locazioni ad uso abitativo. La norma, intitolata “Patti contrari alla leggedeclina le ipotesi di nullità in riferimento alle clausole del contratto che abbiano l’effetto di attribuire al locatore benefici economici in contrasto con i limiti legali. Si tratta di una disposizione che è stata definita come “norma di protezionea favore del contraente ritenuto la “parte debole” del rapporto: il conduttore. Con l’intervento di fine anno è stata introdotta un’importante disposizione di natura sostanziale.


Nel dettaglio:
il primo comma dell’art. 13, che originariamente si limitava a sancire la nullità di ogni pattuizione “volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato”, dal 1 gennaio di quest’anno individua modalità operative cui deve attenersi il locatore. Proprio a parte locatrice è fatto carico di attivarsi per la registrazione del contratto e tale adempimento deve avvenire nel termine perentorio di trenta giorni, decorrenti, si reputa, dalla data di sottoscrizione del contratto stesso. Ma c’è di più’. Il locatore deve altresì dare “documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni” dell’avvenuta registrazione sia al conduttore, sia all’amministratore del condominio.


La registrazione del contratto dunque non è più solo un adempimento che esaurisce i propri effetti tra le parti, ma riverbera nei confronti dei terzi: l’obbligo di fornire documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni dovrà essere ottemperato con l’invio di una comunicazione in cui sono indicati gli estremi del versamento effettuato e il numero di registrazione. Tale documentazione va fornita non solo al conduttore, come è ovvio trattandosi della parte contraente, ma anche all’amministratore del condominio in cui è ubicata l’unità immobiliare oggetto del contratto. Ciò in quanto l’amministratore a far tempo dal 18 giugno 2013 ( data di entrata in vigore della legge n. 220/2012) è tenuto a redigere ed aggiornare il registro dell’anagrafe condominiale nel quale vanno annotate, tra l’altro, le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento, e dunque anche dei conduttori, comprensive del codice fiscale: l’art. 1130, n. 6 c.c., stabilisce che ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni, termine del tutto analogo a quello ora previsto dal novellato art. 13.


La novità introdotta è significativa e non priva di rilievo pratico. Il termine per effettuare la registrazione è definito perentorio: così si definisce il termine che impone il compimento di un atto entro un determinato momento, a pena di decadenza, con esclusione della possibilità di essere abbreviato o prorogato, nemmeno con l'accordo delle parti. Ad esempio, hanno natura perentoria alcuni termini processuali - quelli relativi all’impugnazione della sentenza di primo grado - e la natura perentoria di un termine deve risultare espressamente dalla legge (art. 152 del c.p.c.).


La mancata registrazione determina la nullità del contratto anche quando è stipulato per iscritto, al pari di un contratto stipulato solo verbalmente. E tale sanzione si applica sia aicontratti a canone “libero”, sia per quelli con canone “concordato” di cui all’art. 2, comma 3 della legge 431/1998. In sostanza in mancanza di registrazione il contratto per legge non esiste.


Il secondo comma dell’art. 13 legge 431/1998 non ha subito modifiche: nei casi di pattuizione nulla perché diretta a determinare un importo del canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato , può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato.


Anche il terzo comma non ha subito modifiche: la nullità colpisce anche le pattuizioni dirette a limitare la durata dei contratti prevista dalla legge, ossia, secondo il disposto della legge 431/1998: 4+4 anni per le locazioni a canone libero e 3+2 per le locazioni a canone c.d. concordato.


Un piccolo restyling è stato apportato al quarto comma: la nullità del contratto, posta a tutela del conduttore, sembra essere limitata alla pattuizione relativa all’ammontare del canone superiore a quello contrattualmente previsto; non vi è più la previsione di nullità per “qualsiasi obbligo del conduttore”, si può dunque ritenere che vi sia una maggior autonomia negoziale, purchè non abbia l’effetto di attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito, e, nel caso di contratti c.d. a canone concordato, non superiore a quello definito dagli accordi territoriali.


La novità rilevante è contenuta nel nuovo comma cinque, disciplina resa indispensabile per porre fine alle incertezze e alle incongruenze conseguenti alla pronuncia di incostituzionalità della disposizione concernete la c.d. “cedolare secca” (art. 3, commi 8 e 9 del D.Lgs. 23/2011) e ai successivi interventi normativi.
Con la “cedolare secca” il conduttore poteva prendere l’iniziativa di registrare il contratto e con ciò il canone annuo dovuto era pari al triplo della rendita catastale (importo di gran lunga inferiore al canone pattuito e persino al canone di mercato): scopo della norma era l’emersione dei canone “in nero”, ma una disciplina fiscale non poteva determinare la nullità di un contratto perciò è calata la scure di incostituzionalità. Il tutto accadeva con sentenza n. 50/2014 , perciò con il c.d. “Piano Casa”(D.L. 47/2014) fu stabilito fossero tenuti fermi sino al 31.12.2015 gli effetti dei contratti caducati dalla pronuncia della Coste Costituzionale. Ma anche quest’ultimo intervento legislativo è stato ritenuto contrastare con i principi costituzionali e ne è stata dichiarata l’incostituzionalità con sentenza del 16.7.2015 n. 169. In questo ambito si inserisce il quarto comma del novellato art. 13 stabilendo che i conduttori che registrando il contratto hanno versato il canone pari al triplo della rendita catastale, non sono tenuti ad un diverso e maggior canone per il periodo intercorrente dalla data di entrata in vigore del D. Lgs 23/2011 al 16.7.2015 (data della pronuncia di incostituzionalità). E’ prevedibile che anche per questa disciplina interverrà la Corte Costituzionale.


Il regime processuale è ora definito dai commi sei e sette: l’azione del conduttore nei casi di nullità del contratto in conseguenza di “qualsiasi pattuizione diretta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito” va proposta nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato: si tratta di un’azione diretta ad accertare l’esistenza del contratto che rimette al giudice la determinazione del canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati (si tratta dei contratti per gli studenti universitari). Lo stesso giudice può stabilire la restituzione delle somme eventualmente eccedenti. Va osservato che trattandosi di controversia in materia di locazione dovrà preventivamente essere esperito obbligatoriamente la proceduta di mediazione, condizione di procedibilità dell’azione.
L’azione di accertamento dell’esistenza del contratto è altresì riservata al conduttore nei casi in cui il locatore non abbia adempiuto all’obbligo di registrazione del contratto nel termine di trenta giorni.


Fonte articolo: Quotidianogiuridico.it

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