Se l'affitto è in nero, l'inquilino paga un'indennità, non il canone

Salva la norma con cui il legislatore ha inteso tutelare l'affidamento del conduttore.


Il locatore non può agire contro l'inquilino per ottenere la differenza tra quanto versato e quanto pattuito, giacché il triplo della rendita catastale equivale all'indennità di occupazione stabilita dalla legge e non rappresenta un canone di affitto.

 

In tema di tardiva registrazione del contratto di locazione, la Consulta considera legittimo l'art. 13 c. 5 legge 431/1998, così come novellato dalla Legge diSstabilità 2016,"salvando" gli inquilini che avevano registrato tardivamente il contratto e "auto-ridotto" l'affitto.
Secondo il giudice delle leggi, non si tratta di un canone locatizio, ma di un'indennità di occupazione; inoltre, la norma di cui sopra non ripropone quella caducata dalla precedente declaratoria di illegittimità ed, infine, il pregiudizio economico patito dal locatore è "non irragionevole"(Corte Costituzionale, ordinanza n. 238 del 2017).


La vicenda. Il locatore agisce in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Palermo, nei confronti del conduttore al fine di ottenere una condanna al pagamento della differenza tra quanto effettivamente pattuito e quello che l'inquilino aveva versato. Il conduttore, infatti, si era "auto-ridotto" il canone.
Tuttavia non si trattava di un atto arbitrario,giacché l'inquilino, denunciando l'affitto in nero, si era avvalso di quanto disposto dall'art. 13 legge 431/1998.


Infatti, secondo la legge, il conduttore che consenta l'emersione di un contratto non registrato è autorizzato a versare il corrispettivo nella minor misura pari al triplo della rendita catastale. Il Tribunale di Palermo solleva una questione incidentale di legittimità costituzionale su quanto disposto dall'art. 1 comma 59 legge 208/2015 (legge di stabilità 2016) nella parte in cui ha sostituito l'art. 13 della legge 431/1998.
Secondo il giudicante, la citata norma, così come emendata, sarebbe in contrasto con una precedente declaratoria di illegittimità costituzionale, pronunciata sull'art. 3 comma 8 del d. lgs. 23/2011 (legge sulla "cedolare secca").


Per meglio comprendere il complesso quadro giuridico, occorre fare un passo indietro ed analizzare le precedenti pronunce di illegittimità costituzionale.
Interventi della Corte Costituzionale in ambito locatizio. Nel 2014 la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs 23/2011 (legge della "cedolare secca").
La norma in commento consentiva all'inquilino, che denunciava il contratto locatizio in nero, di ottenere una significativa riduzione del canone.


Nondimeno, secondo la Corte Costituzionale, tale disposizione non poteva produrre effetti sananti in pregiudizio degli interessi del locatore. In buona sostanza, la norma che consente all'inquilino l'auto-riduzione del canone nella misura del triplo della rendita catastale è discriminatoria nei confronti dei locatori e lesiva del diritto di proprietà (Corte Cost. 50/2014; Corte Cost.169/2015). La Consulta, quindi, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 3, commi 8 e 9, d. lgs 23/2011, che è da considerarsi caducato.


Conseguenze della declaratoria di illegittimità costituzionale. Gli inquilini che dal 2011 (anno di entrata in vigore dell'art. 3 comma 8 del d. lgs 23/2011) al 16 luglio 2015 (data della pronuncia di incostituzionalità n. 169/2015) avevano versato un corrispettivo pari al triplo della rendita catastale - in ossequio ad una precisa disposizione di legge (ossia del succitato art. 3 comma 8 d. lgs 23/2011) - si trovavano scevri di tutela ed erano esposti alle pretese del locatore, il quale aveva titolo per chiedere la corresponsione della differenza tra quanto versato (vale a dire il triplo della rendita) e quanto concordato nel contratto.


In buona sostanza, a causa dell'intervento caducante della Corte Costituzionale, i conduttori che avevano denunciato l'affitto in nero e auto-ridotto il canone, rischiavano di subire la richiesta della differenza da parte del proprietario di casa.
Soluzione "tampone" adottata dal legislatore. Visto il caotico quadro normativo venutosi a creare a seguito delle su ricordate sentenze della Consulta, il legislatore è intervenuto sostituendo l'art. 13 della legge 431/1998, con quanto disposto dall'art. 1 comma 59 legge 208/2015 (legge di stabilità 2016).


La norma cerca di chiarire la situazione originata dalla declaratoria di incostituzionalità. Secondo la citata disposizione, l'inquilino che provvede a registrare il contratto, ha correttamente auto-ridotto il canone, almeno sino al 16 luglio 2015.
In altre parole, sino alla data indicata, il conduttore non deve alcuna somma ulteriore al locatore rispetto a quanto versato (ovverosia il triplo della rendita catastale).


Riassumendo, dal 7 aprile 2011 al 16 luglio 2015, il conduttore che abbia registrato il contratto, facendo emergere il sommerso, ha correttamente corrisposto un canone ridotto.
Invece, a far data dal 17 luglio 2015, l'inquilino è tenuto a versare il canone nella misura concordata dal contratto. In difetto, si espone a possibili azioni da parte del proprietario dell'immobile.
Il nuovo art. 13 legge 431/1998 e la questione di legittimità costituzionale. Tutto ciò premesso, possiamo tornare alla disamina dell'ultima sentenza, in ordine di tempo, pronunciata dalla Consulta.


Secondo i giudici a quibus (Tribunale di Palermo e Tribunale di Milano), l'art. 13 legge 431/1998 come novellato dalla Legge di Stabilità 2016, reiterava il cosiddetto "contratto catastale", introdotto nel nostro ordinamento dall'art. 3 comma 8 d. lgs. 23/2011, dichiarato costituzionalmente illegittimo e caducato (Corte Cost. sent. 50/2014 e 169/2015).
La Corte, al contrario, ritiene che l'art. 13 legge 431/1988 "non ripristina (né ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo) dei pregressi contratti non registrati, la cui convalida […] è venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimità costituzionale e viceversa prevede una predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misura dell'indennizzo dovuto dal conduttore, in ragione dell'occupazione illegittima del bene locato, stante la nullità del contratto e, dunque, l'assenza di suoi effetti ab origine".


Situazione di fatto e indennità di occupazione dovuta dal conduttore. Secondo il percorso argomentativo seguito dal giudice delle leggi, relativamente ai contratti non registrati tempestivamente, il pagamento del "canone catastale" va ricollegato allo stato di fatto di illegittima detenzione del bene.
Detenzione illegittima in quanto avvenuta in forza di un contratto nullo, giacché non registrato.


Pertanto è coerente il pagamento da parte del conduttore di un'indennità di occupazione e non già di un canone di locazione, che non è dovuto. Non a caso, l'art. 13 legge 431/1998 non menziona l'adeguamento ISTAT dell'importo da versare, proprio perché non si tratta di un canone locatizio.

Breve e sintetica cronistoria:
  • 2011: art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs 23/2011 (trattasi della legge sulla "cedolare secca") consente al conduttore, che faccia emergere un contratto non registrato, di corrispondere un canone pari al triplo della rendita catastale (cosiddetto "contratto catastale");
  • 2014: la Consulta considera costituzionalmente illegittimo l'art. art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs 23/2011,perché è discriminatorio nei confronti dei locatori e lesivo del diritto di proprietà (Corte Cost. 50/2014);
  • 2014: art. 5 c. 1 ter d.l. 47/2014, convertito, sulla salvaguardia degli effetti di disposizioni in materia di contratti di locazione;
  • 2015: la Consulta considera costituzionalmente illegittimo l'art. 5 c. 1 ter d.l. 47/2014, convertito, che di fatto prorogava quanto disposto dall'art. 3 c. 8 e 9 d. lgs 23/2011 (Corte Cost. 169/2015);
  • 2015: il legislatore con l'art. 1 comma 59 legge 208/2015 (legge di stabilità 2016) sostituisce l'art. 13 della legge 431/1998, tutelando gli inquilini che dal 2011 (anno di entrata in vigore dell'art. 3 comma 8 del d. lgs 23/2011) al 16 luglio 2015 (data della pronuncia di incostituzionalità n. 169/2015) avevano versato un corrispettivo pari al triplo della rendita catastale.
  • 2017: la Consulta dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sull'art. 1 comma 59 legge 208/2015 nella parte in cui sostituisce l'art. 13 della legge 431/1998 (Corte Cost. 87/2017 e 238/2017).

Conclusioni

In definitiva, secondo la Corte Costituzionale (sent. 238/2017), è pur vero che l'art. 13 legge 431/1998 - come novellato - riprende in parte il caducato art. 3 comma 8 d. lgs 23/2011, tuttaviala suddetta disposizione "trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla pregressa normativa poi dichiarata illegittima".


In altre parole, il legislatore ha inteso tutelare l'affidamento del conduttore che, sino alla datadella declaratoria di illegittimità, si era conformato alla legge. Inoltre, il pregiudizio economico riportato dal locatore risulta non irragionevole, stante la sua natura parziale e temporanea.


Inoltre, il proprietario non può agire contro l'inquilino per ottenere la differenza tra quanto versato e quanto pattuito, giacché il triplo della rendita catastale equivale all'indennità di occupazione stabilita dalla legge e non rappresenta un canone di affitto.


Fonte articolo: Idealista.it

 



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