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L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di quanto costruito con abuso edilizio non è un provvedimento di autotutela, ma una sanzione che deriva dalla legge per il mancato adempimento dell’ordine, impartito dal Comune, di demolire opere abusive e ripristinare lo stato dei luoghi. Secondo il Consiglio di Stato (sentenza della Sesta sezione del 4 marzo, n. 1064), l’acquisizione avviene di diritto, in quanto effetto ricondotto direttamente dalla legge, secondo l’articolo 31, commi 3 e 4, del Dpr 380/2001, all’inottemperanza dell’ordine di demolizione. Sicché, l’accertamento che il Comune svolge coi propri tecnici, scaduti i 90 giorni per ottemperare, assume carattere dichiarativo dell’effetto traslativo della proprietà già verificatosi con la scadenza del termine rimasto inadempiuto.
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Questa scadenza – precisano i giudici – è quindi presupposto per l’operatività automatica della sanzione amministrativa del trasferimento coattivo della proprietà. Il caso affrontato dal Consiglio di Stato riguardava l’acquisizione gratuita di un’opera abusiva (per variazione essenziale dell’originaria concessione edilizia) e dell’area di sedime di proprietà. C’era stato un permesso a costruire in sanatoria, rispetto al quale l’intervento si poneva, peraltro, in totale difformità. Di fronte all’ordinanza di demolizione e ripristino, non si ripristinava lo stato progettuale nei tempi previsti dalla legge. La sentenza chiarisce, poi, che il termine di 90 giorni, stabilito dall’articolo 31 del Dpr 380/2001, ha unicamente la funzione di consentire al responsabile dell’abuso di provvedere a eliminarlo entro un tempo determinato. Invece, l’accertamento dell’inottemperanza è il «titolo per l’immissione nel possesso e la trascrizione nei registri immobiliari», in base all’articolo 31, comma 4. Il che significa che l’accertamento può avvenire sostanzialmente senza termine, avendo funzione meramente strumentale rispetto ad acquisizione e ripristino dello stato dei luoghi. Ora, se l’affermazione sugli effetti automatici riconducibili al mancato adempimento dell’ordinanza demolitoria, viene coordinata con la posizione assunta dalla più recente ulteriore giurisprudenza amministrativa in tema di repressione di abusi edilizi, si delineano le caratteristiche ed il contenuto che le iniziative che il Comune è tenuto ad assumere, di competenza del dirigente comunale preposto al ramo, (Consiglio di Stato, Quinta sezione, sentenza n. 1598 del 2012) di fronte all’inottemperanza all’ordinanza di demolizione: la sanzione demolitoria è una conseguenza necessitata dell’abuso edilizio ed è sufficientemente motivata col semplice riferimento al permanere del carattere abusivo dell’opera eseguita; il che porta con sè che come carattere vincolato il provvedimento di demolizione non richiede ponderazioni di interessi diversi da quelli pubblici tutelati e coincidenti col corretto uso del territorio, non richiedendo, quindi, motivazione ulteriore rispetto alla dichiarata abusività dell’opera (Consiglio di Stato, Sesta sezione, sentenza n. 6423 del 2014); se le opere abusive sono realizzate su area vincolata, ai sensi dell’articolo 27, comma 2 del Dpr 380/2001, l’obbligatorietà dell’ordine di demolizione esclude che il provvedimento sia preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento (Consiglio di Stato, Sezione quarta, sentenza n. 2380 del 2014); l’obbligatorietà del provvedimento sanzionatorio non esclude, tuttavia, l’applicazione del principio di proporzionalità; cosicché il bene da acquisire non solo deve essere individuato con sufficiente precisione, ma nell’applicazione della sanzione l’amministrazione sacrifica la posizione soggettiva del privato, attraverso l’acquisizione dell’area in misura graduata e strettamente necessaria all’obbiettivo dell’interesse pubblico perseguito. Ciò in quanto l’articolo 31, comma 3, stabilisce che l’area acquisita non può essere superiore a 10 volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita, (Consiglio di Stato, Sesta sezione, sentenza n. 5607 del 2014); l’acquisizione al patrimonio comunale viene, peraltro, esclusa in due ipotesi: ? in casi di «accertamento di conformità», quale procedimento diretto a sanare le opere eseguite senza titolo, ma conformi alla normativa urbanistica (Consiglio di Stato, Quarta sezione, sentenza n. 5774 del 2013); nell’ipotesi in cui la costruzione abusiva sia riconducibile al concetto di pertinenza, che presuppone un’opera priva di fruizione o utilizzazione autonoma, in quanto integrata in un organismo edilizio principale (Consiglio di Stato, Sezione sesta, sentenza n. 3178 del 2014).
Fonte articolo: http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20150326&startpage=1&displaypages=2
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