Catasto e valore casa: nuova riforma entro il 2018


Il catasto torna nell’agenda delle riforme, ma con cautela. Il Def varato venerdì 8 aprile dal Consiglio dei ministri menziona espressamente "la revisione dei valori catastali", ma subito avverte che l’operazione "sarà oggetto di interventi più generali e organici" da effettuare «al termine di complesse operazioni di allineamento delle basi dati. 
Nel cronoprogramma del Piano nazionale delle riforme viene indicato il triennio 2016-18, senza specificazioni.


Comunque, questo pare il termine per completare l’integrazione e la pulitura dei database, e non la riforma vera e propria, anche considerando che i tecnici delle Entrate avevano ipotizzato cinque anni per perfezionare la revisione generale. E questa è anche la posizione del vicedirettore delle Entrate, Gabriella Alemanno.

 

Ciò che emerge dal Def è che il Governo resta convinto della necessità di riformare un catasto ormai vecchio di decenni, ma anche consapevole della delicatezza della revisione. L’allineamento delle banche dati – si legge – serve a "valutare in modo accurato gli effetti di gettito e distributivi sui contribuenti". Il che è un modo per dire che con la riforma alcuni proprietari vedranno crescere parecchio il valore catastale della propria casa, e pagheranno più imposte. 
È evidente che il problema è capire "quanti" proprietari e "quante" imposte. Finché si tratta dei furbetti che hanno ristrutturato l’abitazione senza informare gli uffici del Territorio o dei fortunati che vivono in case in centro accatastate come “ultrapopolari”, non c’è molto da discutere: tutti sono d’accordo che in questi casi si dovrà pagare qualcosa in più (anche per consentire di abbassare le imposte a chi è penalizzato da rendite eccessive).


Ma il rischio di forti aumenti di valore – e di conseguenti rincari fiscali – è molto più esteso. Nell’ambito della stessa città e tra una città e l’altra. Il Comune di Milano, ad esempio, oggi è diviso in tre grandi zone censuarie, a cerchi concentrici: ma chiunque conosca il mercato cittadino sa che i prezzi delle case cambiano notevolmente anche spostandosi di pochi metri, e spesso le rendite oggi in vigore non sono in grado di cogliere queste differenze. In più bisogna considerare che le tariffe d’estimo dell’attuale sistema catastale fotografano il mercato immobiliare del biennio 1988-89, mercato che è cambiato in modo diseguale tra le diverse aree cittadine: così, sempre a Milano, per la categoria A/2 le tariffe d’estimo della zona 1 (la più centrale) sono mediamente 2,6 volte più elevate di quelle della zona 3 (la più periferica), mentre i prezzi delle case spesso hanno un divario più marcato. Risultato: chi possiede case in centro, dopo la riforma vedrà crescere il loro valore fiscale molto di più di chi vive in periferia.


C’è poi il divario tra un Comune e l’altro, che ripropone – in grande – la dinamica tra quartieri della stessa città. Anche qui vale la considerazione che, rispetto alla fine degli anni Ottanta, i prezzi sono cresciuti di più in alcuni centri e di meno in altri, andando a creare forti discrepanze diverse tra quotazioni di mercato e valori fiscali. 
Per rendersene conto basta guardare l’elaborazione del Sole 24 Ore del lunedì, che combina le Statistiche catastali pubblicate nel 2015 con i prezzi medi rilevati da Nomisma riferiti al primo semestre 2015. A Pistoia la casa-tipo ha un valore di mercato che è il 267% più alto di quello catastale, mentre a Pordenone lo scarto è di appena il 15 per cento. La ricaduta pratica è che oggi – a parità di aliquote e regole comunali – nelle città in cui lo scarto è più alto i proprietari tendono ad avere una pressione fiscale più bassa in rapporto al valore di mercato degli immobili. Al contrario, dove lo scarto è basso, si pagano le tasse su un valore che è quasi quello di mercato.


È chiaro che riallineare i valori catastali ai prezzi di mercato lascerebbe ad alcuni sindaci una base imponibile molto più alta, con il rischio di forti rincari, a meno di non introdurre un qualche sistema di "cap". Ed è proprio sull’applicazione di questa clausola anti-rincari che si erano avute le polemiche più forti la scorsa estate.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

La rinascita del box come investimento in città

Il box auto potrebbe essere una buona scelta. A patto, però, di trovarlo nella zona giusta e a prezzi adeguati ai nuovi livelli di mercato. Senza cedere a facili entusiasmi, gli operatori confermano come il mercato dei garage sia in decisa ripresa, a causa soprattutto dell’appetibilità dei rendimenti.


I box hanno subìto uno stop della domanda ancora più marcato rispetto a quello delle abitazioni. Si calcola che dal 2007 i prezzi siano scesi di almeno il 30-35%, con una contrazione di qualche punto percentuale proseguita ancora per tutto il 2015.

A livello di interesse una dinamica positiva era invece già partita l’anno scorso quando quasi il 60% di chi aveva acquistato il box lo aveva fatto con finalità di investimento. "Dall'inizio del 2016 notiamo una domanda sempre crescente", conferma Guido Lodigiani, Responsabile dell’ufficio studi di Immobiliare.it, così che anche i prezzi nel corso del 2016 potrebbero ritrovare il segno positivo. A che cosa di deve questa rinascita? "Il box è un investimento abbastanza liquido, che si riesce ad affittare e rivendere con meno problemi di una casa. E soprattutto, permette di investire a una platea molto più ampia di persone rispetto alle abitazioni, che saranno anche deprezzate rispetto a dieci anni fa, ma richiedono pur sempre un impegno sostanzioso e hanno bisogno di più manutenzione e riservano spese di condominio ben più alte".


Il rendimento medio lordo nelle città italiane è compreso fra il 5,3% e il 6,4%, ma con punte che arrivano al 7-10%. Si tratta di una resa superiore al residenziale – che, secondo Lodigiani, oggi non offre più del 2-3% – ma anche migliore dei principali strumenti finanziari a rischio zero (o quasi), come i conti deposito. Certo, le cose cambiano quando dal lordo si passa a calcolare il rendimento netto. Il peso di spese e imposte finisce in media per dimezzarlo, e portarlo fra il 2,5% e il 3%, ma è una riduzione fisiologica anche negli investimenti immobiliari in abitazioni.


Su cosa puntare? "Meglio concentrarsi su quartieri in cui ci sia poca disponibilità di parcheggio e una bassa presenza di box rispetto alle abitazioni – suggerisce Fabiana Megliola Responsabile dell’ufficio studi del gruppo Tecnocasa –. Da valutare anche le zone ad alta presenza di uffici, soprattutto se non ben collegate con i mezzi pubblici".


Guardando al dettaglio delle principali città emergono dati interessanti. I rendimenti migliori si spuntano nelle zone di periferia, dove si riesce ad acquistare a buon mercato e affittare a canoni non troppo distanti da quelli del centro. Ecco perché, ad esempio, secondo Immobiliare.it i quartieri esterni di centri come Bari e Verona promettono una resa superiore a quelli di Milano e Roma.


A livello di prezzo, invece, più che il “blasone” della città è la scarsità dell’offerta a determinare i valori più alti, che si trovano quasi sempre nei centri storici. Roma è in testa e in alcune zone, come Campo dei Fiori, si incontrano annunci di vendita anche sui 100mila euro. Napoli e Firenze, invece, battono Milano. La media in pieno centro è sui 45-50mila euro, ma ci sono box in vendita al Vomero a 65mila euro e nel capoluogo toscano, attorno a Santa Croce, anche a 70mila. Mentre la particolarità di Genova – "tipica delle città di mare" secondo Lodigiani – è che molte zone esterne costino più di quelle interne alla città. È il caso ad esempio di Voltri o di Quinto, dove si rintracciano prezzi superiori ai 45mila euro. "


La fascia su cui concentrarsi, comunque, è quella compresa fra i 20 e i 30mila euro.
In questo range si ottiene il risultato migliore come rapporto spesa-rendimento – osserva Lodigiani –. E va sempre considerato che una cosa è la domanda iniziale del proprietario, un’altra il prezzo finale, scontato anche del 15-20 per cento".

 

Fonti articolo: Ilsole24ore.com, vetrina web

Al Salone del Mobile l'eccellenza del Made in Italy



Ci siamo. Anche quest’anno Milano è pronta ad accogliere quel Salone del Mobile che da oltre mezzo secolo conferma alla città il ruolo di Capitale internazionale del design.


Un ruolo che quest’anno si consolida anche grazie alla concomitanza con la XXI Triennale Internazionale (dedicata anch’essa al design), inaugurata lo scorso 2 aprile e in scena fino al prossimo 12 settembre in 19 sedi cittadine.



Da domani a domenica nel quartiere espositivo di Rho sono attesi più di 300mila operatori da 160 Paesi, oltre a 30mila visitatori non professionali in arrivo nel week-end, che verranno a conoscere le novità di circa 2.400 aziende espositrici, di cui il 30% estere. Protagoniste di questa 55esima edizione – che si apre nel segno di una generale ripresa del comparto (+3,5% rispetto al 2014, a quota 25 miliardi di euro) – sono in particolare le rassegne biennali dedicate al mondo della cucina (Eurocucina FTK) e del bagno (Salone del bagno), due comparti che più degli altri hanno accusato i contraccolpi della crisi, ma che nel 2015 hanno dato importanti segnali di vitalità, recuperando sia sul mercato interno, grazie alla spinta del bonus mobili, sia soprattutto su quelli esteri.


E non a caso il carattere internazionale del Salone del Mobile di Milano è quello che lo rende unico al mondo e imprescindibile per le tante aziende del made in Italy che sui nello sviluppo oltreconfine devono cercare le occasioni migliori per crescere.
"Abbiamo lavorato molto per promuovere sui mercati più dinamici l’eccellenza delle imprese italiane e la fiera che le rappresenta – spiega Roberto Snaidero, Presidente del Salone e dell’associazione di categoria, FederlegnoArredo, che lo organizza –. Grazie al sostegno del Ministero allo Sviluppo Economico e dell’Ice abbiamo realizzato eventi, missioni B2B e progetti di incoming di buyer soprattutto negli Stati Uniti e in Cina, dove le esportazioni di mobili hanno registrato nel 2015 ritmi di crescita straordinari". 


Ma l’attenzione della federazione è stata rivolta anche alle “nuove frontiere” del mobile italiano: dall’Iran del dopo-sanzioni al Messico, dall’Estremo Oriente nel suo complesso al continente africano. Senza dimenticare la vecchia Europa, che lo scorso anno ha dato buoni segnali di risveglio (+6% l’export di arredo made in Italy verso i Paesi dell’Unione) e che rappresenta da sola oltre la metà dell’export del settore.


"Grazie alle attività di incoming svolte durante l’anno, ci aspettiamo un aumento di buyer dagli Stati Uniti – dice Snaidero – che da sempre arrivano numerosi al Salone (l’anno scorso erano oltre 5mila, ndr). Arriveranno delegazioni qualificate di developer, studi di progettazione e architettura e interior designer". Anche la pattuglia dei cinesi (la più numerosa: l’anno scorso sfiorò le 22.600 unità) dovrebbe crescere, anche in vista del Salone del Mobile di Shanghai che debutterà nella metropoli asiatica il 19 novembre.


Tra le novità di quest’anno, si segnala un focus, all’interno del Salone, dedicato al settore dell’arredamento classico, spesso meno considerato rispetto a quello del contemporaneo-design, ma che ha invece un valore importante non solo in termini di fatturato ed export, ma anche di tradizione e competenze artigianali da preservare. Un’eccellenza che sarà raccontata nella mostra "Before Design: Classic" e da un corto firmato da Matteo Garrone. Inoltre, un intero padiglione, battezzato "xLux" sarà dedicato all’alto di gamma, con spazio in particolare per i brand del lusso, della moda e dell’auotomotive.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Dal Forum del Sud, il mercato immobiliare è trainato dal Mezzogiorno

Investire nel Sud per rilanciare il Paese. È questo il messaggio di Scenari Immobiliari e Cassa Depositi e Prestiti, che hanno promosso il Forum del Sud nelle città di Lecce e Matera (8-9 aprile 2016) mettendo in luce i segnali di forte ripresa del mercato immobiliare nel Mezzogiorno, con progetti e casi concreti.


"I dati dimostrano una situazione favorevole per il Sud – ha dichiarato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – dove il 2016 ha confermato il trend positivo dello scorso anno, sia per le compravendite che per la domanda degli investitori, sia privati che istituzionali. La Puglia – ha precisato Breglia – è stata la prima meta per gli acquirenti stranieri. Più in generale, negli ultimi dieci anni, il Mezzogiorno ha fatto meglio del resto del Paese".

Il Forum è stato impostato come un incontro tra domanda e offerta e una serie di investitori, da Fabrica Immobilare sgr a Idea Fimit sgr, da Mittel Advisory a Sorgente sgr, da Fondo Strategico Italiano a Cushman Wakefield, hanno evidenziato con numeri e operazioni in fase di valutazione come il Sud possa essere una risorsa per l'immobiliare. C'è chi ha acceso un faro sulla relazione tra turismo, export e attrazione dei capitali internazionali come Roberto Marsella di Fondo Strategico Italiano, chi invece come Giovanni Maria Benucci di Fabrica e Emanuele Caniggia di Idea Fimit hanno sottolineato l'urgenza e la fretta di trovare prodotti su cui investire, con una fattiva collaborazione da parte degli enti locali che devono essere in grado di snellire e facilitare i nuovi investimenti.


"Lavoriamo già da otto anni al Sud – ha commentato Giovanni Cerrone di Sorgente – e su 240 milioni investiti nel Mezzogiorno, più della 50% sono stati destinati alla Puglia. Soprattutto sul settore alberghiero, sempre con un'attenzione a progetti di rigenerazione urbana". L'idea condivisa è che gli investitori internazionali guardino al Sud cercando partner italiani capaci di assicurare rendimenti e che si debbano proporre modelli di sviluppo già conosciuti e sperimentati all'estero.


Attilio Monosi, assessore al bilancio e all'edilizia residenziale pubblica del Comune di Lecce, ha ricordato l'impegno dell'amministrazione della città ospitante nella realizzazione di un "fondo immobiliare che non punta a sviluppare un solo segmento dell'economia locale. Non solo scuole o uffici comunali – ha precisato Monosi – stiamo strutturando un fondo capace di raccogliere nove tipologie di destinazioni gestite da un'unica sgr. Pensiamo ad una soluzione virtuosa per l'imprenditore, ma anche per la città che avrà in dotazione un intervento urbanistico prezioso per le prossime generazioni".


Il Forum del Sud è stato aperto da Aldo Mazzocco che, a 60 giorni dal suo incarico alla guida di Cassa Depositi e Prestiti, è intervenuto pubblicamente per la prima volta nel suo nuovo ruolo, delineando le prospettive e la riorganizzazione del gruppo, anche con un’attenzione al Sud. "Entro l'estate Cdp riorganizzerà il settore immobiliare che diventerà uno dei 4 pilastri del gruppo che si sta distinguendo come per il suo impegno nel supplire realtà dove il mercato fatica a decollare, senza ovviamente perdere i soldi dei risparmiatori".


Da investitore paziente, Cdp ha dichiarato le tre priorità per il prossimo periodo:

- riusare i 2 miliardi di immobili di Cdp;

- valorizzare e riqualificare gli immobili delle Pa;

- dare priorità ai progetti che sono occasioni di rigenerazione urbana.

"Quando Cdp si impegna per iniziative di social housing o per la promozione di parchi tecnologici, il tema delle ricadute sociali, economiche e ambientali è centrale. Nostro obiettivo è creare ricchezza, non investire a fondo perduto” ha precisato Mazzocco che per il futuro del gruppo dichiara la priorità della "costruzione di infrastrutture immobiliari, necessarie per intercettare le risorse internazionali".


Cdp formalizzerà il suo piano di sviluppo sul settore immobiliare a breve, ma Mazzocco al pubblico del Forum del Sud ha già fatto un'anticipazione sintetizzando le cinque aree di azione:

1. il social housing con una seconda fase denominata ‘smart housing' allargando l'attenzione alla fascia di utenti che deve fare i conti con il tema della mobilità;

2. il filone del turismo sarà sostenuto da Cdp con iniziative ad hoc, ottimizzando e separando proprietà e gestione;

3. la realizzazione di parchi integrati dell'innovazione e dell'education, 5-6 in Italia dove si integrerà università, ricerca e direzionale;

4. infrastrutture per le piccole e medie imprese che necessitano di spazi flessibili;

5. infrastrutture immobiliari per le Pa intese come ambienti moderni per i dipendenti degli enti locali.

"Vogliamo tornare a realizzare una politica di co-investimento, anche al Sud, terra che ha dimostrato di aver voglia di crescere" ha concluso Mazzocco.


Fonte articolo: Casa24.ilsole24ore.com

Crescita del mercato immobiliare anche nei piccoli centri

Si consolida la ripresa del mercato, seppur con ritmi blandi e con uno sfasamento della componente prezzi che, ancora in discesa, non si adeguano all’aumento della domanda. Un trend iniziato nei grandi centri urbani e che sembra consoldarsi ora anche in provincia, dove tutti gli indicatori svoltano nettamente verso il segno più, seppur con profonde differenze a livello territoriale 


Sono i trend che emergono dal primo Osservatorio Immobiliare Nomisma del 2016, presentato oggi 23 marzo, che ha monitorato le consuete 13 “città intermedie” (Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno, Taranto, Trieste e Verona).

COMPRAVENDITE

"Nei primi mesi dell'anno hanno trovato conferma i segnali di lenta ripresa del mercato immobiliare italiano con i quali si era chiuso il consuntivo dell'anno 2015. La fase negativa – si legge nel report – dell'attuale ciclo immobiliare si è esaurita e ha preso avvio il “recupero” anche se, come racconta la storia immobiliare italiana, i tempi della svolta tendono continuamente a dilatarsi".


Le tendenze dei mercati cosiddetti intermedi mostrano segnali addirittura migliori rispetto a quelli delle grandi città (ad esclusione di Milano e Roma che sembrano anticipare tali inclinazioni). Si assiste all'aumento degli scambi, alla riduzione degli sconti praticati sui prezzi richiesti e allo stabilizzarsi dei tempi necessari alla vendita.
"L'esiguità dell'offerta di qualità disponibile nei mercati maggiori (si consideri che il 52,8% delle abitazioni italiane ha più di 40 anni) ha contribuito – comunicano da Nomisma – al parziale spostamento degli investitori verso i mercati di secondo livello".


Ritorna l'interesse per la proprietà dell'abitazione, che continua ad essere favorito da una minore selettività da parte del settore bancario riscontrabile nella quota di mercato assistita da mutuo. I mercati intermedi detengono il primato in termini di incidenza delle compravendite intermediate sostenute da credito che si attestano intorno al 70% rispetto al 60% dei mercati metropolitani.


La tendenziale ripresa del mercato è stata sostenuta dall'ulteriore calo dei prezzi, seppure in progressiva riduzione rispetto al passato. A questo proposito – come si legge dal rapporto – "i valori dei mercati intermedi presentano una minore resistenza all'innesco della ripresa. L'ultima variazione annuale dei prezzi (2016/2015) è risultata compresa tra il -3,5% dei capannoni e il -1,5% delle abitazioni nuove. Le abitazioni usate, gli uffici e i negozi hanno fatto registrare flessioni del 2%, 2,1% e 2,3%".


LOCAZIONE

L'altra componente del mercato immobiliare è rappresentata dal segmento della locazione che, a consuntivo della fase recessiva, offre "rendimenti piuttosto bassi e compressi in termini di variabilità tra i diversi mercati, nell'arco di un paio di punti percentuali in tutti i principali segmenti". La locazione dell'abitazione risponde ad una domanda legata soprattutto alle nuove generazioni che, oltre a ricercare nuove soluzioni abitative per emancipazione dal nucleo di origine, nell'ultimo anno si sono spostate per motivi di studio o lavoro lungo la direttrice Mezzogiorno/Centro Nord (di 41.000 unità, il 70% è rappresentato da giovani). La componente di domanda che si rivolge all'opzione dell'affitto continua quindi ad essere consistente e pari a circa il 50%. 

Tra le tipologie di contratti stipulati si segnala la maggiore diffusione nell'ultimo biennio delle locazioni a canone concordato (che rappresentano oggi il 44,1% del totale).


"Negli ultimi dieci anni i prezzi di mercato e i canoni degli immobili locati hanno fatto segnare andamenti simili: in entrambi i casi la crescita si è interrotta attorno al 2007 e da lì è iniziata una fase di declino non ancora conclusa. L'adeguamento al ribasso dei canoni è stata la risposta di mercato alla debolezza economica della maggior parte della domanda che si rivolge a tale segmento. La variazione annuale dei canoni per gli immobili dei mercati intermedi si è attestata nell'ordine del -1,4% per le abitazioni usate, -1,7% per gli uffici e -1,9% per i negozi".


In ultima analisi, seppure la ripresa in atto mostri evidenze di consolidamento, non mancano i fattori potenzialmente critici. L'ulteriore indebolimento del quadro macro-economico, l'ampliamento dell'eccesso di offerta derivante da un'accelerazione nel processo di cessione delle garanzie immobiliari alla base dei non performing loans e un'attenuazione di interesse degli investitori corporate stranieri per il nostro Paese, sono i fronti da cui potrebbe scaturire un rallentamento – anche significativo – del processo di graduale risalita.


Fonte articolo: Casa24.IlSole24Ore

Criteri di classamento immobili motivati, altrimenti l'atto è nullo


Accertamenti catastali a rischio di nullità se non adeguatamente motivati: è il principio ormai costante che emerge dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, chiamata spesso, negli ultimi tempi, ad affrontare cause legate alle rettifiche operate dalla ex agenzia del Territorio. 


Il classamento di un immobile è necessario per l’attribuzione della rendita catastale, che di fatto, esprime il valore di ogni unità.

 

A questo fine, occorre considerare sia le singole caratteristiche dell’immobile (come ad esempio la dimensione, l’epoca di costruzione, la struttura e la dotazione impiantistica, la qualità e lo stato edilizio, la presenza di pertinenze comuni o esclusive, il livello di piano), sia il contesto in cui è ubicato (riscontrando il grado di urbanizzazione dell’area circostante, la presenza di infrastrutture o la vicinanza alle principali vie di comunicazione). In sintesi dunque, ogni unità immobiliare è qualificata con una determinata categoria e, in relazione alla “qualità” dell’immobile, con una specifica classe. 


Per ogni Comune è stabilita una tariffa per ogni classe che, moltiplicata per la dimensione del fabbricato (vano, metro quadrato o metro cubo) dà la rendita catastale. Gli uffici, per “aggiornare” questo valore possono rettificare la rendita sia di un singolo immobile, sia di tutte le unità presenti in un determinato quartiere o zona. Le cause che rendono necessario un riclassamento sono riconducibili a due categorie:

- la variazione subita dalla microzona comunale in cui è ubicato l’immobile, come ad esempio il miglioramento della viabilità, la realizzazione di scuole, ospedali; 
- l’esecuzione di opere a cura del possessore, volte alla ristrutturazione del fabbricato. 


Per la Cassazione (sentenza 6593/2015), a prescindere dall’impulso che ha dato avvio alla procedura di classamento, questa attività è (e resta) una procedura "individuale", che va effettuata considerando i fattori posizionali ed edilizi pertinenti a ciascuna unità immobiliare. Si tratta così di un unico criterio che consente di identificare il "parametro globale di apprezzamento" del fabbricato stesso.
Gli atti di accertamento catastali, sebbene possano dipendere da vari fattori, spesso riportano una motivazione sintetica e schematica che difficilmente risponde ai requisiti minimi per la validità dell’atto. 


La Suprema corte ha da tempo dichiarato la nullità degli atti privi di motivazione poiché questa ha carattere sostanziale e non solo formale: non si tratta infatti di un elemento utile solo a provocare la difesa del contribuente, ma circoscrive l’eventuale successivo giudizio (sentenza 20251/2015). La Ctr di Milano, sezione staccata di Brescia (sentenza 1043/67/2016), in virtù di questo principio, ha affermato che la motivazione “integrata” nella costituzione dell’ufficio, quindi dopo l’emissione dell’avviso di accertamento, non consente al contribuente di difendersi e pertanto l’atto è nullo (in questo senso anche Ctp Milano, sentenza 1419/12/2016).


Per la Ctr di Roma (sentenza 1075/21/16), non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento che faccia riferimento a un generico scostamento del valore dell’immobile ovvero a non precisate opere edilizie eseguite. 
Occorre così che il provvedimento, per garantire il diritto di difesa, contenga:

- la menzione dei rapporti tra valore di mercato e catastale nella microzona di riferimento, qualora la modifica sia stata avviata su richiesta del Comune; 
- l’indicazione delle trasformazioni edilizie; 
- l’indicazione dei fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li rendono simili all’unità oggetto di riclassamento, quando l’atto sia conseguente a un aggiornamento o a un’incongruità rispetto ad altri immobili (sentenza 23247/2014). 


Il contribuente quindi, dovrà comprendere i motivi della variazione eseguita dall’ufficio, per riscontrarne la correttezza ed eventualmente decidere di ricorrere al giudice tributario.


Fonte articolo: IlSole24Ore, vetrina web.

Canoni affitti più alti, si torna a comprare casa

Il mercato degli affitti ha tenuto anche in questi ultimi anni di crisi. Complice la difficoltà nell’acquistare casa, anche per via della difficoltà di accendere un mutuo, la domanda di affitto si è mantenuta infatti molto vivace. E nonostante la molta offerta di case, i canoni hanno retto, seppur con cali di qualche punto percentuale ogni anno.


Ma ora la situazione nel mercato immobiliare sta mutando e i canoni stanno tornando a salire, seppur lievemente. 

La tendenza al rialzo emerge dall’ultimo report del portale Immobiliare.it, che, nonostante un calo sia della domanda (-1,8%) sia dell’offerta (-2,2%) ha registrato a febbraio un aumento dei canoni dell’1,7% rispetto a un anno fa.


"La locazione è un mercato in forte mutamento – dichiara Carlo Giordano di Immobiliare.it – perché il suo maggiore dinamismo lo lega alle evoluzioni tanto del mercato immobiliare nel suo complesso, quanto del sistema economico internazionale, segnato in queste ore dagli annunci della Bce e da nuove politiche di gestione della liquidità. La rinnovata offerta di finanziamenti per l'acquisto della casa, in particolare, ha ridato speranza ai proprietari che, fino a poco tempo fa, avevano optato per la messa in locazione dei loro immobili come opportunità di guadagno in attesa di un compratore. Ora che è tornato il momento giusto per vendere, quegli immobili vengono tolti dal mercato degli affitti, per rendersi disponibili alle compravendite".


È soprattutto nel Nord Italia che la domanda di locazione scende (-3,7%, segno che è qui che si preferisce maggiormente puntare all'acquisto), mentre al Centro (-1,9%) e soprattutto al Sud (-0,2%) sembra ancora mancare, perlomeno nella percezione degli italiani, la giusta spinta (o le opportunità economiche) per comprare casa.


"Interessante è l'emergere di un maggiore interesse nei confronti della locazione nelle grandi città: tra le località con oltre 250mila abitanti la domanda di affitto cresce, seppur di poco (+0,38%). Il dato è dimostrazione di una maggiore mobilità degli abitanti dei grandi centri, che sembrano assimilare almeno in parte le dinamiche abitative delle altre città europee (solitamente più propense all'affitto che alla vendita)". Nelle città più piccole, invece, la domanda di locazione è calata, rispetto ad un anno fa, dell'1,6%. 


A febbraio si registra un incremento dell'1,7%. Non tutta l'Italia registra, però, lo stesso andamento: in molte regioni si rilevano variazioni minime, mentre i numeri crescono maggiormente in regioni con canoni medi più bassi della media nazionale e, quindi, più sensibili alle oscillazioni. Tra queste si segnala il +5,9% in Molise, il +5,1% in Sicilia e il +4,4% di Calabria e Marche. Le uniche regioni con prezzi in calo sono la Campania (-2,9%), la Valle d'Aosta (-2,3%) e l'Umbria (-1,7%).


Il canone d'affitto mensile medio per un bilocale di 65 metri quadri è pari, in Italia a circa 560 euro. Ma quali sono le città più care d'Italia per i canoni di locazione? A Milano servono circa 620 euro al mese per affittare un monolocale, e fino a 1.200 euro per un trilocale. Firenze e Roma occupano gli altri due posti del podio con prezzi simili tra loro: mediamente, 550 euro per un monolocale e tra 900 e 1.040 euro per un trilocale. Molto distanti Torino e Genova dove affittare un monolocale costa, rispettivamente, 330 e 315 euro. Nella top ten troviamo, a seguire, Bolzano – che stacca di molto i prezzi di città ben più grandi, con 520 euro richiesti al mese per un monolocale – e poi, con prezzi allineati, Siena, Venezia, Napoli, Bologna, Pisa e Como.


Fonti articolo: Casa24.ilsole24ore.com

Come fare per mettere a reddito l'immobile?


Il 2016 con un mercato in recupero impone però cautela, per via della situazione economica e geopolitica internazionali. E impone di fare attenzione sia che si voglia vendere casa sia che si intenda avvicinarsi all’acquisto. 


Come deve approcciare il mercato immobiliare chi decide di valutare l'acquisto? 

 

 

Il potenziale acquirente ha davanti grandi opportunità in termini di offerta. Può quindi scegliere di valutare senza fretta l'investimento in cerca dell'occasione migliore. La fase di miglioramento del mercato residenziale italiano sarà lenta e graduale. Anzi, data l'incertezza della situazione, sulla quale pesano diverse variabili come la ripresa dell'economia e i rapporti di geopolitica mondiale, nei prossimi mesi le quotazioni dovrebbero scendere ancora e quindi è probabile che aspettando si possano spuntare prezzi migliori. Oggi si compra bene, ma tra sei mesi si potrebbe comprare anche meglio. Al momento il prezzo medio in Italia – dato che naturalmente comprende valori molto diversi - secondo i dati di Nomisma è pari a 1.943 euro al metro quadrato contro i 2.753 euro in termini reali del 2007.


Vedendo la situazione dal punto di vista del venditore, come si fa a “vender bene”? 

Il mercato vive oggi una fase di eccesso di offerta sempre più evidente. Il percorso per arrivare alla vendita non è breve e per questo c'è maggiore necessità di essere attivi nel proporre l'immobile. È importante la modalità di presentazione della casa e bisogna utilizzare diversi canali per arrivare alla clientela, sfruttando anche le App utilizzabili su Ipad e smartphone. Gli esperti consigliano ricchezza nella descrizione e nel materiale fotografico, che deve essere di alta qualità per non provocare sorpresa al momento del contatto. Con tanta offerta sul mercato il potenziale acquirente tenderà ad abbandonare gli immobili che vengono presentati in maniera poco trasparente, approssimativa e con informazioni scarne e non veritiere.


Quali sono oggi i tempi medi di vendita da mettere in conto? 

In questa fase siamo intorno ai 7-8 mesi. L'elemento importante è che negli ultimi mesi per la prima volta dopo diversi anni i tempi non si sono allungati. Esiste comunque uno stock in giacenza, in genere di scarsa qualità, che ha tempi ben più lunghi per arrivare al contratto. Nel segmento del lusso si viaggia invece verso 12 mesi e in questo segmento la giacenza arriva anche a oltre 24 mesi.


Quale strategia adottare se non si riesce a vendere? 

La prima scelta sarebbe quella di abbassare il prezzo per incontrare la domanda. Ma questa mossa ha effetto solo se parliamo di un immobile di discreta qualità. In alcuni casi, poi, lo sconto potrebbe non essere sufficiente perché se una casa sta troppo tempo sul mercato perde appeal. La scelta è quindi tra ridurre il prezzo oppure fare un investimento nella riqualificazione dell'esistente, una strategia che riguarda certamente la locazione ma anche la vendita.


Chi acquista un immobile può ancora sperare in una rivalutazione, come si è sempre detto?

Bisogna distinguere innanzitutto le finalità. L'acquisto della prima casa è dettato dalle necessità del singolo o della famiglia, è una scelta di medio-lungo periodo, e va considerato anche il fatto che serve a soddisfare un bisogno abitativo. Diverso è l'acquisto di una seconda casa al mare o in montagna o l'acquisto di un appartamento per investimento. Anche in questo caso, però, chi acquista non deve puntare alla rivalutazione nel breve termine. Guadagni in capital gain non sono probabili di questi tempi con quotazioni ancora in discesa: secondo gli esperti nel 2016 vedremo valori in calo dell'1% circa. Inoltre, va considerata anche l'inflazione praticamente a zero.


C'è il rischio che i tassi stiano per aumentare? È questo il momento giusto per investire? 

Dai segnali Usa di rinvio di operazioni sui tassi si capisce che non ci saranno prospettive di intervento sui tassi in Europa e i segnali che arrivano dall'economia continentale e nazionale non sono certo entusiasmanti.


Come deve regolarsi, allora, chi vuole acquistare un immobile da mettere a reddito? 

Se decido di investire per mettere a reddito l'immobile devo tenere presente alcuni capisaldi nella scelta. Ad esempio, è meglio acquistare un appartamento piccolo in zona centrale che grande in periferia. E ancora, è meglio acquistare un appartamento in una grande città che in provincia, perché così mi garantisco una maggiore rivendibilità e affittabilità. In generale, comunque, approfittare di prezzi bassi e tassi di interesse ai minimi storici consente di cogliere occasioni interessanti, a patto che la location dove si trova l'appartamento sia appetibile sul mercato dell'affitto. Ad esempio, se la casa si trova in città universitarie, e soprattutto in zone ben servite dai mezzi di trasporto, arriva a rendere anche il 5-6 per cento.


Fonte articolo: IlSole24Ore.com 

 

 

Subscribe to this RSS feed

La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy