Riforma Catasto: mantenere invariata la tassazione dei Comuni


"L’invarianza di gettito livello comunale è un punto fermo. Penso che ricominceremo a discutere della riforma del catasto e da qui ripartiremo: l’avevamo deciso all’unanimità". Le parole del viceministro dell’Economia, Luigi Casero – pronunciate mercoledì a Roma al convegno per i 130 anni del catasto - suonano come una garanzia per tutti quei proprietari d’immobili che temono nuovi rincari dalla riforma del catasto.


E non a caso la precisazione è stata definita "importante" da Confedilizia ieri con un comunicato.

 

Il riordino è stato messo in stand-by dal Governo l’estate scorsa, ma ora è richiamato nell’agenda delle riforme dal Def, sia pure con una certa prudenza e dopo la verifica degli effetti distributivi per contribuenti e Comuni, da completare tra il 2016 e il 2018. In attesa delle "scelte politiche che competono al Governo", però, il lavoro dei tecnici non si ferma, come ha ricordato il direttore delle Entrate, Rossella Orlandi. L’obiettivo è arrivare a un sistema integrato in cui sia possibile reperire le informazioni identificative, tecniche e censuarie, oltre a quelle relative alla titolarità degli immobili e al loro valore Omi.


Quello del catasto è un "work in progress", ha aggiunto Gabriella Alemanno, Vicedirettore delle Entrate, nel corso del dibattito seguìto alla prolusione di Saverio Miccoli, ordinario di Estimo civile all’Università La Sapienza. "Dopo lo stop alla riforma – ha spiegato Alemanno – ci siamo fermati con le attività di stima degli immobili, ma è proseguita la pulizia delle banche dati". Il che significa individuare le unità immobiliari che si trovano in uno stesso edificio (così da far emergere i classamenti anomali), ma anche - ad esempio - bonificare le particelle catastali incoerenti: solo nel 2015 ne sono state corrette 671mila. Va in questa direzione anche la pubblicazione della consistenza in metri quadrati delle unità a destinazione ordinaria, scattata il 9 novembre scorso. "Ed è un passaggio che crea anche maggiore partecipazione del cittadino", ha sottolineato Alemanno.


Proprio sull’importanza di coinvolgere i proprietari tramite i professionisti si è soffermato il Presidente dei Geometri, Maurizio Savoncelli, categoria da cui nel 2015 è arrivato il grosso del milione e 262mila Docfa per variazioni e nuove costruzioni. Savoncelli ha fatto un appello a "non impoverire l’Agenzia di professionalità tecniche: anche se dal 1° giugno scorso trasmettiamo gli atti solo in via telematica abbiamo bisogno di un’interfaccia negli uffici". Sempre in tema di interazione tra privati e amministrazione, il Presidente del Notariato, Maurizio D’Errico, ha ricordato "l’esperimento riuscito della conformità catastale", la cui verifica al momento del rogito è obbligatoria dal 2010.


È emersa con forza anche la necessità di un maggiore coinvolgimento dei Comuni, talora distratti nella “manutenzione” della propria base imponibile, intesa come verifica del corretto accatastamento degli edifici (come spiegare, altrimenti, le città con il record di immobili iscritti in categorie a rendita zero, come collabenti o in costruzione?). Sul punto Alessandro Cattaneo, Presidente della Fondazione valore comune dell’Anci, è stato chiaro: "Il tema “patrimonio”, sia publico che privato, era in coda alle priorità dei Comuni, ma il trend è cambiato, anche per la riduzione di risorse subita dagli enti locali. Ora chiediamo solo al legislatore di darci un quadro normativo certo, poi dovremo essere bravi a lavorare a livello locale in pool con professionisti e contribuenti per metter mano alla questione catastale".


L’impressione, comunque, è che per mettere mano alla questione catastale a livello nazionale sarà indispensabile superare i rischi di impopolarità tra i cittadini, oltre che di rincari. Un aiuto in questa direzione può arrivare dall’abolizione del prelievo sull’abitazione principale, come ha spiegato il Girettore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella: "Le prime case sono possedute per il 36% da dipendenti e per il 40% da pensionati. Aver detassato la prima casa elimina alcune gravi iniquità distributive del prelievo e riduce la percezione della tassazione". 


Fonte articolo: IlSole24ore.com, vetrina web

Comodato e concordato e le agevolazioni dei Comuni

L’obbligo di registrare il contratto di comodato per ottenere il dimezzamento di imposte previsto dall’ultima manovra, che naturalmente riguarda tutti i proprietari che hanno dato una casa ai figli o ai genitori senza finora passare dall’agenzia delle Entrate, aumenta le variabili in gioco nei calcoli sulla convenienza della nuova misura.


Tra questi fattori, un altro elemento di complessità è dato dall’incrocio fra i parametri nazionali e quelli che finora hanno fissato i Comuni nel riconoscere ai comodati un’aliquota più bassa rispetto alle altre “seconde case”.

La manovra riserva l’imponibile dimezzato, e quindi il conseguente sconto su Imu e Tasi, ai proprietari che oltre all’abitazione principale e alla casa data in uso gratuito non abbiano alcun altro immobile in Italia. Molti Comuni, invece, hanno in questi anni riconosciuto aliquote agevolate ai comodati a prescindere dal fatto che il proprietario avesse o meno altri immobili, in base a regole che ora i sindaci non possono cambiare per lo stop agli aumenti tributari imposto per il 2016 dalla stessa manovra.


In questo quadro, prendiamo il caso di un Comune che abbia previsto l’Imu al 10,6 per mille per le seconde case, e al 7,6 per mille per i comodati. In questo caso, l’aliquota di riferimento per la casa in comodato è sempre quella agevolata dal Comune, dunque il 7,6 per mille, ma il pagamento finale dipende dalla condizione del proprietario: se rientra nei rigidi parametri fissati dalla Legge di Stabilità, e quindi non possiede alcun altro immobile oltre all’abitazione principale e a quella concessa a figli o genitori, l’aliquota agevolata si applica sull’imponibile ridotto del 50%, e quindi produce un pagamento dimezzato rispetto al 2015, altrimenti continua a riguardare tutta la base imponibile: in questo caso, quindi, il conto sarà uguale a quello dell’anno scorso, perché lo sconto previsto in manovra non si applica.


Vale la pena di sottolineare, al riguardo, che un’intepretazione letterale della manovra porta a far cadere il beneficio nel caso di qualsiasi altro possesso di immobili al di fuori dell’abitazione principale e di quella data in comodato. In altri termini, basterebbe anche lo 0,1% di un terreno agricolo per far cadere il beneficio. Sul punto, sarebbe utile qualche chiarimento da parte dell’amministrazione finanziaria, anche per evitare il verificarsi di situazioni al limite del paradosso.


Diverso è il caso dei Comuni che fino a ieri avevano previsto l’assimilazione delle case in comodato all’abitazione principale. La manovra ha abolito questa possibilità, per cui le abitazioni concesse in uso gratuito rientrano fra le seconde case, a meno che il Comune decida per il 2016 un’aliquota agevolata.
Anche in questo caso, il dimezzamento della base imponibile dipende dai parametri nazionali sul possesso della sola abitazione principale e di quella data in comodato. Al riguardo, visti i molti dubbi che continuano a serpeggiare fra i contribuenti, è utile ricordare che il possesso di più abitazioni date in comodato non soddisfa i requisiti chiesti dalla manovra, per cui un proprietario che per esempio conceda in uso gratuito una casa a un figlio e un’altra al secondo figlio non ottiene lo sconto su nessuno dei due immobili.


Un meccanismo simile riguarda le case concesse a canone concordato, per le quali la manovra prevede uno sconto del 25% sull’imposta: se il Comune ha previsto per questi immobili un’aliquota agevolata, lo sconto si applica all’imposta calcolata su questo parametro.


Fonte articolo: Quotidiano Condominio, IlSole24Ore, vetrina web.

Cosa manca al canone concordato per decollare

Lo sconto del 25% su Imu e Tasi per le case affittate a canone concordato è un segnale importante, ma sul fronte degli affitti - per proprietari e inquilini - si poteva fare di più.


Da un lato, arrivando a fissare un generale tetto alle imposte municipali che gravano sugli immobili locati a canone calmierato. Dall'altro, continuando ad alimentare e rinsaldando il Fondo di sostegno alla locazione, a favore delle famiglie in difficoltà.

 

1. Lo sconto sulle imposte locali. 
Con la riduzione del 25% di Imu e Tasi per gli alloggi concessi con contratto concordato e il divieto per i Comuni di alzare quest'anno le relative aliquote fissate nel 2015, la Legge di Stabilità porta un certo sollievo al mercato degli affitti a prezzi sostenibili. Nel complesso, si tratta di una misura "che rappresenta quell'inversione di tendenza nella tassazione degli immobili locati che Confedilizia chiedeva da tempo", dichiara il presidente dell'organizzazione, Giorgio Spaziani Testa. "La consideriamo, insieme alle altre misure di riduzione delle imposte sulla casa, un ottimo punto di partenza per un cammino, che dovrà proseguire, di graduale ma continua correzione degli errori compiuti sull'immobiliare a partire dalla manovra Monti".


Proprio Imu e Tasi hanno d'altra parte aggravato il peso della tassazione sulle case locate. "Ma stabilire un'aliquota agevolata fissa del 4 per mille, come avevamo proposto ed era stato prospettato in fase di discussione del Ddl, sarebbe stato più chiaro e conveniente per tutti. Molto - prosegue il presidente di Confedilizia - dipende infatti dalle scelte iniziali fatte dai Comuni: se il livello è troppo alto, non basta questo sconto a rendere appetibili i “concordati”.


2. Le scarse agevolazioni Imu-Tasi offerte dai Comuni. 
Al successo della formula del concordato partecipano diversi elementi, a partire dalla revisione e l'aggiornamento degli accordi territoriali, cui spetta delineare le fasce di oscillazione dei canoni agevolati. E nel corso dell'ultimo anno diversi accordi sono stati svecchiati, se non addirittura “risvegliati” da un letargo che aveva estinto i contratti concordati dal panorama delle locazioni: come nel caso di Milano, dove a giugno 2015 si è firmato un nuovo testo (a 16 anni dal primo, inservibile), e dove agli affitti calmierati si applica un'aliquota Imu-Tasi al 7,3 per mille, al posto del 10,4 di quelli liberi.


Qui sta un nodo centrale, perché la tassazione concorre a pieno a determinare il successo della formula concordata. Ma spesso le riduzioni offerte dai Comuni si rivelano inadeguate, e le imposte locali finiscono con l'annullare ogni possibile vantaggio possa ad esempio derivare dall'incrocio tra canoni “equilibrati” e cedolare secca al 10 per cento. "Siamo giunti al punto di considerare agevolate anche aliquote tra l'8 e il 9 per mille, che superano il massimo previsto qualche anno fa (con l'Ici, ndr) e si applicano oltretutto a una base imponibile più alta", commenta Spaziani Testa.


Basta leggere le delibere sul sito delle Finanze: se nel 2015 le città capoluogo di provincia hanno deciso per gli “immobili diversi” un'aliquota media Imu-Tasi del 10,4 per mille, quella sugli affitti concordati si è attestata all'8,6, dimostrandosi ancora troppo alta.
In sintesi, la Legge di Stabilità porta “dall'alto” una riduzione che i Comuni - se avessero voluto spingere in tal senso - avrebbero potuto compiere autonomamente. E a riprova si possono prendere i casi estremi di Roma (dove l'aliquota è al massimo, all'11,4) e Bari (dove invece è stata fissata al 4 per mille).


3. Il mancato rifinanziamento del Fondo di sostegno alla locazione.
Il tentativo del Governo di regolare la dinamica degli affitti, introducendo questo sconto dopo aver già ridotto la cedolare secca dal 15 al 10%, è apprezzabile anche a parere del segretario del Sunia, Daniele Barbieri. Che però lamenta l’assenza di interventi diretti per gli inquilini nella Legge di Stabilità, e in particolare il mancato rifinanziamento del Fondo nazionale di sostegno alla locazione, istituito dalla legge 431/98 e dedicato alle famiglie meno abbienti, in difficoltà nel pagamento dei canoni.


"Dall'azzeramento del 2013 si è passati ai 200 milioni stanziati per il 2014 e 2015, e si è tornati al completo azzeramento per il 2016", sottolinea Barbieri. "Nonostante lo stesso Governo qualche mese fa, rispondendo a un'interrogazione parlamentare tramite il viceministro Del Basso De Caro, avesse affermato la piena necessità del Fondo. La cui dote, inoltre, non andrebbe affidata a provvedimenti una tantum come per il biennio 2014-2015: perché gli interventi spot creano incertezza - prosegue Barbieri - e lo stesso si può dire della cedolare secca al 10% che tornerà al 15% nel 2018, mentre insistiamo per renderla strutturale".


Anche la presenza del Fondo si lega al buon esito e allo sviluppo dei contratti concordati. A Bologna, ad esempio, il bando del contributo per l'affitto è scaduto il 28 novembre scorso e delle circa 3.500 domande presentate - raccontano dal Sunia – circa tre quarti si riferiscono proprio a locazioni calmierate.


4. I numeri imponenti del disagio abitativo.
Ma è la generale emergenza abitativa a non dover essere sottovalutata, come evidenzia uno studio Nomisma condotto per Federcasa. Sono infatti "quasi 1,8 milioni le famiglie in locazione che, versando oggi in una condizione di disagio abitativo (incidenza del canone sul reddito familiare superiore al 30%), corrono un concreto rischio di scivolamento verso forme di morosità e di possibile marginalizzazione sociale", ha spiegato il direttore generale, Luca Dondi. Si tratta perlopiù di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera abbastanza omogenea.


"Se non vi sono dubbi che il fenomeno risulti più accentuato nei grandi centri, dall'analisi non sembrano emergere zone franche, con una diffusione che interessa anche capoluoghi di medie dimensioni e centri minori. In tale quadro - continua Dondi - la dotazione di edilizia residenziale pubblica si conferma del tutto insufficiente, consentendo di salvaguardare appena 700 mila nuclei familiari, vale a dire poco più di un terzo di quelli che attualmente versano in una situazione problematica".


A fronte della vastità del problema abitativo, le risposte pubbliche - afferma lo studio di Nomisma - sono state fino qui complessivamente inadeguate: sia i piani di recupero e ristrutturazione degli immobili Erp inutilizzati, sia la continua invocazione al concorso privato attraverso il sistema dei fondi immobiliari e all'intervento dalla Cassa Depositi e Prestiti. Ma è insufficiente anche l'alleggerimento fiscale (sul reddito e sulla proprietà) "riconosciuto ai proprietari di abitazioni concesse in locazione a canone “concordato”, soprattutto laddove gli accordi territoriali che disciplinano tale opzione sono talmente obsoleti da renderla di fatto inutilizzabile".


Fonte articolo: Casa24-IlSole24Ore

La Guida al saldo Imu-Tasi


Vicina la scadenza per il saldo di Imu e Tasi 2015: il calcolo dell'importo da pagare per la seconda rata dei due tributi è ancora una volta affidato ai contribuenti stessi. Non essendo tale calcolo semplicissimo, ecco una guida passo dopo passo per calcolare Tasi e Imu correttamente in occasione della scadenza del 16 dicembre 2015, entro la quale andrà versato il saldo dei due tributi.


Calcolo Tasi 2015, tra aliquote, detrazioni e inquilini: tutti i passaggi.
Per calcolare la Tasi 2015 per pagare la seconda rata in scadenza a dicembre occorre partire dalla rendita catastale dell'immobile, che può essere trovata nella visura o nel rogito. Se si vive in affitto la si può trovare indicata anche nel contratto di locazione; rimandiamo comunque gli inquilini all'articolo dedicato al pagamento Tasi per chi vive in affitto.

 

Il calcolo della Tasi per il saldo inizia rivalutando la rendita catastale del 5%, moltiplicando ovvero la cifra per 1,05.
Il secondo passaggio consiste nel moltiplicare la cifra per uno dei coefficienti fissi correlati al tipo di immobile per il quale si deve pagare la tassa. I coefficienti sono 160 per case e altri fabbricati in gruppo catastale A, 140 per quelli dei gruppi B, C3, C4 e C5, 55 per i negozi, 80 per gli immobili dei gruppi A10 e D5, 65 per gli altri immobili del gruppo catastale D.


Terzo step per calcolare la Tasi 2015 è la moltiplicazione della cifra ottenuta per l'aliquota appropriata decisa dal comune in cui si trova l'immobile. Per trovare le delibere contenenti le aliquote di qualsiasi comune è possibile effettuare una ricerca sul sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Il calcolo continua sottraendo dalla cifra ottenuta l'importo delle detrazioni Tasi 2015 alle quali si ha eventualmente diritto (anch'esse indicate nella delibera comunale).
L'importo complessivo da pagare va diviso per due per conoscere l'importo della seconda rata Tasi, in caso di inquilini a essi spetterà pagare una quota di tributo compresa tra il 10 e il 30% (in quasi tutti i casi).


Calcolo Imu 2015 per la seconda rata di dicembre: la guida essenziale.
Per calcolare la base imponibile dell'Imu 2015 si possono seguire i primi step indicati per la Tasi, ovvero: rivalutazione rendita catastale, moltiplicazione della cifra per i coefficienti fissi degli immobili per l'Imu, moltiplicazione della cifra per l'aliquota Imu appropriata, decisa sempre dal comune e reperibile sempre sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze. Una volta fatto questo si deve sempre controllare nel caso (più raro per l'Imu) dell'esistenza di detrazioni o sconti decisi dal comune, quindi dividere per due per ottenere l'importo da pagare per la seconda rata Imu 2015.


Occorre pagare il saldo Imu e Tasi 2015 entro il 16 dicembre per non incorrere in more e sanzioni; nel caso si debba pagare l'Imu sui terreni agricoli ricordiamo che a seconda della classificazione dei Comuni (montani, parzialmente montani, non montani), variano gli obblighi da parte dei contribuenti.


Consigliamo a tutti coloro che devono pagare i due tributi di controllare i calcoli di Imu e Tasi 2015 effettuati passo dopo passo con gli importi da pagare restituiti dai calcolatori online dedicati ai due tributi, per essere certi di non aver commesso errori. Tra i migliori calcolatori online di Imu e Tasi ricordiamo qui quello presente su Amministrazionicomunali.it e quello presente su Riscotel.it. 


Fonte articolo: http://it.blastingnews.com/tasse/2015/12/calcolo-imu-e-tasi-2015-per-l-importo-da-pagare-per-la-seconda-rata-00686493.html

L'appuntamento con la Tasi e le aliquote dei Comuni

Mentre l’attenzione viene catalizzata dall’addio alla Tasi sulla prima casa e dallo stop agli aumenti delle imposte locali – destinati a scattare dal 2016 – sarà bene non perdere di vista l’appuntamento del 16 dicembre. Data in cui più di 25 milioni di proprietari sono chiamati a versare il saldo di Imu e Tasi per il 2015. E la notizia è che per il quarto anno di fila il conto sarà mediamente più caro di quello pagato l’anno scorso.


Su 19,8 milioni di abitazioni principali l’aliquota media della Tasi applicata dai Comuni italiani cresce dell’11% rispetto al 2014, passando dall’1,88 al 2,09 per mille. 

Per una casa con una rendita catastale di 600 euro significa pagare 211 euro anziché 189, senza considerare eventuali agevolazioni, che potrebbero alleviare l’esborso ma che sono obbligatorie solo oltre il 2,5 per mille.
I dati sono stati rilevati dal Caf Acli per Il Sole 24 Ore del lunedì analizzando le delibere sul sito delle Finanze, e dimostrano come sulle prime case si concentrino i maggiori rincari in percentuale. Di fatto, sugli altri immobili, l’aumento medio annuo è nell’ordine del 2%, con una punta del 2,4% sulle case sfitte: per l’alloggio dell’esempio di prima l’esborso per Imu e Tasi passa da 935 a 990 euro.


I ritardatari. 
Nel calcolo delle aliquote “fanno media” anche le delibere approvate da 866 Comuni dopo il 30 luglio. Per renderle applicabili al Senato è stato introdotto un emendamento al Ddl di Stabilità, che però non dovrebbe essere confermato alla Camera. La situazione, quindi, resta incerta. 


La maggior parte delle delibere tardive sono in aumento, ma non è sempre così. Tra i nove capoluoghi ritardatari, ad esempio, Andria, Matera e Terni hanno alzato le aliquote, mentre Lanusei le ha ridotte.
L’effetto finale delle decisioni 2015, quindi, potrà essere valutato solo a consuntivo. Anche se l’Ifel ne dà, per ora, una misura contenuta: "La nostra stima è che i rincari avranno effetto per 190 milioni di euro e gli sconti per 60, con un aumento effettivo di 70 milioni", afferma Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e delegato Anci per la finanza locale.


Gli sconti modesti.
"Al di là delle incertezze e degli aumenti, colpisce la scarsa differenziazione tra un tipo di fabbricato e l’altro", commenta Paolo Conti, direttore del Caf Acli. "Dove il prelievo è più elevato – prosegue – tende a esserlo su tutti gli immobili, come succede in genere nelle città sopra i 50mila abitanti. Ma ciò dimostra il fallimento del federalismo, perché significa che le condizioni di finanza locale o i valori catastali impediscono di articolare una vera politica fiscale".


Anche quando gli amministratori hanno voluto usare la mano leggera, si vede tutta la difficoltà di introdurre sconti robusti. Sulle case in uso gratuito ai figli le aliquote medie crescono dello 0,3%, mentre sugli affitti concordati scendono dell’1,1%: troppo poco per ridare appeal a questa formula contrattuale, che va anche incontro agli inquilini a basso reddito. E non è un caso che proprio per i canoni agevolati il Senato abbia inserito nel Ddl di Stabilità per il 2016 uno sconto del 25% su Imu e Tasi.


"Siamo soddisfatti che la maggioranza, insieme a gran parte dell’opposizione, abbia finalmente inserito la riduzione del prelievo sugli affitti per il 2016 tra le proprie priorità – osserva Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. "In questo senso giudichiamo positivamente, anche se si potrebbe fare di più, e con oneri ridottissimi, la riduzione del 25% della tassazione delle locazioni a canone concordato, che fino a quattro anni fa in molte città erano esenti da Ici o tassate con aliquote dell’1 o 2 per mille".


Le distorsioni. 
Alcuni dei Comuni che hanno aumentato la tassazione finora l’hanno fatto usando la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille introdotta per finanziare le detrazioni sulla prima casa. Maggiorazione che sarà mantenuta anche nel 2016, nonostante l’eliminazione del prelievo sulle abitazioni principali. "A ben vedere questa componente andrebbe eliminata, visto che finora era, per legge, utilizzabile solo per finanziare detrazioni sulla prima casa", rileva Spaziani Testa.


Il risultato indiretto, invece, è che chi alzato il prelievo nel 2015 vedrà in qualche modo consolidata la propria posizione nel 2016. Osserva Castelli: "Stiamo tornando a un sistema in cui lo Stato trasferisce risorse ai Comuni. Attenzione, però, perché si rischia di premiare chi ha alzato le tasse sulla prima casa, che si vedrà rimborsato tutto il maggior gettito, e non chi le ha contenute. Se si sceglie la finanza derivata, andrà studiato un meccanismo che permetta di legare i trasferimenti alla buona amministrazione, e non al livello di pressione fiscale».


Fonte articolo: Il Sole24Ore vetrina web.

Visure catastali: cosa cambia per la Tari


L’inserimento della superficie catastale nelle visure dei fabbricati "ordinari" non influisce sul prelievo del Fisco. A sottolinearlo l’Anci, che intervenendo a tal proposito ha precisato: "La pubblicazione delle superfici nei dati catastali accessibili a tutti i cittadini è certamente un utile elemento di trasparenza e di miglioramento della significatività degli archivi catastali, a lungo perseguito, che ha però un’influenza pressoché nulla sui prelievi fiscali".

 

Rendite catastali invariate.
L’Associazione nazionale dei Comuni italiani ha poi fatto sapere: "Per ciò che più direttamente riguarda le tasse comunali la generale revisione delle rendite catastali e il superamento delle attuali disparità di trattamento fiscale ai fini dell’Imu e della Tasi (oltre che dell’imposta di registro) necessita dell’attuazione della Riforma del Catasto, prevista dalla Delega fiscale, ma non attivata dal Governo. Le rendite catastali restano quindi invariate e sempre riferite ‘vano’ e non alla superficie degli immobili come previsto dalla riforma".

 

Il prelievo Tari.
L’Anci ha quindi spiegato: "D’altra parte, l’utilizzo generalizzato ai fini del prelievo sui rifiuti (Tari) delle superfici catastali, che potrebbe essere attivato nel prossimo futuro sulla base di leggi già vigenti, determinerebbe il passaggio dalla "superficie calpestabile", attualmente adottata in base alle dichiarazioni dei contribuenti, alla nuova superficie catastale "a fini Tari", con modestissimi effetti redistributivi".

Concludendo: "Va ricordato infatti che l’ammontare complessivo del prelievo Tari è strettamente legato al costo del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti sostenuto da ciascun Comune e che già da oltre un decennio (in base alla legge n.311/2004) i Comuni utilizzano le superfici elaborate sulla base delle planimetrie catastali come riferimento per l’effettuazione dei controlli sulla correttezza delle dichiarazioni".


La superficie catastale nelle visure.
Ricordiamo che, come reso noto dall’Agenzia delle Entrate, è ora disponibile la superficie catastale nelle visure delle unità immobiliari censite in categorie dei Gruppi A, B e C. Ad essere interessati 57 milioni di immobili. Fino a qualche giorno fa il dato era visibile solo nelle applicazioni degli uffici.

Di fatto cosa è cambiato? Oltre ai dati identificativi dell’immobile (Comune, sezione urbana, foglio, particella, subalterno), e ai dati di classamento (zona censuaria, categoria  catastale, classe, consistenza, rendita), viene ora riportata direttamente in visura anche la superficie catastale, calcolata come stabilito dal Dpr n. 138/1998. Per gli stessi immobili è, inoltre, riportata la superficie ai fini Tari che, per le sole destinazioni abitative, non tiene conto di balconi, terrazzi e altre aree scoperte di pertinenza.


Fonti articolo: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2015/11/11/118211-dati-catastali-anci-la-pubblicazione-della-superficie-non-influisce-sul-prelievo

Introdotti i metri quadri nelle visure catastali

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Non solo vani. Nelle visure catastali fanno il loro debutto i metri quadri. Per 57 milioni di immobili il "documento di riconoscimento" rilasciato dall'Agenzia delle Entrate conterrà nero su bianco anche il dato relativo alle superficie. Una rivoluzione che semplifica anche il calcolo della tassa sui rifiuti.


Nel comunicato diffuso dal Fisco si legge che "L'Agenzia delle Entrate rende disponibile la superficie catastale nelle visure delle unità immobiliari censite nelle categorie dei gruppi A, B e C. Una novità che semplifica la vita ai proprietari di 57 milioni di immobili, mettendo a loro disposizione un dato finora visibile solo nelle applicazioni degli uffici". Arriva direttamente in visura anche la superficie ai fini Tari, per consentire ai cittadini di verificare con facilità la base imponibile utilizzata per il calcolo della tassa rifiuti".

 

Metri quadri visura catastale.
Oltre ai dati identificativi dell'immobile (sezione urbana, foglio, particella, subalterno, Comune) e ai dati di classamento (zona censuaria ed eventuale microzona, categoria catastale, classe, consistenza, rendita), da oggi sarà riportata direttamente in visura anche la superficie catastale. 57 milioni di unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, iscritte in catasto e corredate di planimetria.


Metri quadri tariffa rifiuti.
Le visure si arricchiscono di un'altra informazione importante per i cittadini: la superficie ai fini Tari, che, per le sole destinazioni abitative, non tiene conto di balconi, terrazzi e altre aree scoperte di pertinenza e accessorie. Ciascun proprietario avrà così a portata di mano anche questa informazione, già fornita dall'Agenzia delle Entrate ai Comuni grazie ai flussi di interscambio dati già attivi, per poter verificare la base imponibile utilizzata per il calcolo del tributo sui rifiuti.


In caso di incoerenza tra la planimetria e la superficie calcolata, inoltre, i contribuenti potranno inviare le proprie osservazioni, attraverso il sito dell'Agenzia, e contribuire quindi a migliorare la qualità delle banche dati condivise tra Fisco ed enti locali. Già dal 2013 i Comuni possono segnalare errori di superficie riscontrati su immobili presenti nella banca dati catastale.


Aggiornamento banche dati.
La novità, che arriva al termine di un periodo di sperimentazione che ha coinvolto gli uffici provinciali - Territorio di Brindisi, Foggia e Ravenna - lascia al momento fuori, in attesa delle opportune verifiche nell'ambito delle attività di allineamento delle banche dati, gli immobili che presentano un dato di superficie "incoerente".
Quanto agli immobili non dotati di planimetria, che risalgono perlopiù alla prima fase di censimento del Catasto edilizio urbano, e sono di conseguenza privi anche del dato relativo alla superficie, i proprietari possono presentare una dichiarazione di aggiornamento catastale, con procedura Docfa, per l'inserimento in atti della piantina catastale. Una regolarizzazione che, per l'attuale normativa, è d'obbligo se si è intenzionati a vendere.


Fonte articolo: http://www.idealista.it/news/immobiliare/residenziale/2015/11/09/118186-agenzia-delle-entrate-nelle-visure-catastali-debuttano-i-metri-quadri-addio-ai

Niente Imu seconde case se ci abitano i figli

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Sono molti i genitori che, per garantire una rendita ai propri figli o fare in modo che abbiano una casa nella città in cui vanno a studiare decidono di investire in una seconda casa.


Ad oggi questi investimenti, registrati come seconde case nella stragrande maggioranza dei casi, sono soggette al pagamento dell’Imu, ma è al vaglio una proposta che prevede l’esenzione dalla tassa se l’immobile è concesso in comodato d’uso a un parente di primo grado a cominciare, ovviamente, dai figli.

 

Ad annunciare la possibile modifica alla Legge di Stabilità attualmente in discussione al Senato è stata una delle relatrici, la senatrice Federica Chiavaroli. Di certo la proposta, come le altre che si stanno analizzando in aula, dovranno affrontare la non ignorabile difficoltà delle scarse risorse. Per finanziare questa abolizione e gli altri cambiamenti al vaglio la disponibilità economica è di appena 300 milioni di euro. Oggettivamente non tantissimi.


La modifica annunciata dalla senatrice Chiavaroli non è stata ancora analizzata da un punto di vista finanziario, ma è ritenuto un cambiamento importante perché, secondo dati ufficiali dell’Istat, riguarderebbe circa l’8% dei cittadini italiani.


Fra i provvedimenti che potrebbero entrare a far parte della Legge di Stabilità anche quello che prevede l’introduzione di alcune agevolazioni fiscali per chi dà in affitto un immobile a canone concordato.


Rimane invece ancora aperto e piuttosto acceso lo scontro sui Comuni. Ancora una volta, nonostante le dichiarazioni del ministro Padoan, il presidente dell’ Anci Piero Fassino si è recato a Roma per battere i pugni sul tavolo e portare all’attenzione del Governo centrale le forti perplessità e i timori che l’abolizione della Tasi genera in sede all’associazione che rappresenta.


Fonti articolo: http://news.immobiliare.it/niente-imu-sulla-seconda-casa-se-ci-abitano-i-figli-24567

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