Aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille sulla Tasi

Torna la super Tasi. L’addizionale dello 0,8 per mille che i Comuni possono applicare alle seconde case, facendo così arrivare la soglia massima di prelievo complessivo sugli immobili (Tasi+Imu) dal 10,6 all’11,4 per mille, sarà in vigore anche per il 2016.


Alla fine, dunque, hanno vinto i Sindaci che da questa quota aggiuntiva di Tasi l’anno scorso hanno incassato circa 350 milioni di euro e che hanno vincolato il premier Matteo Renzi alla promessa fatta prima del varo della legge di stabilità: i Comuni, aveva detto il premier, non avrebbero perso nemmeno un euro dall’abolizione delle tasse sulla prima casa. E così è stato. 


A farne le spese saranno come al solito i contribuenti per i quali il conto potrebbe essere molto più salato del gettito prodotto l’anno scorso dall’addizionale Tasi. Fino all’anno scorso, infatti, questa poteva essere applicata solo dai Comuni che avevano previsto e finanziato detrazioni a favore dei proprietari di prime case. Ora, eliminata la Tasi sulle abitazioni principali, viene meno questa condizione. E dunque l’addizionale potrà essere applicata senza vincoli. Tranne quello di non superare il tetto dell’11,4 per mille. Confedilizia stima che il conto per i proprietari immobiliari potrebbe aggirarsi intorno ai 2 miliardi di euro.


La bozza riveduta e corretta della manovra, dopo il dietrofront annunciato da Renzi, conferma il ritorno dell’Imu sulle prime case di lusso (categorie A1, A8, A9) che continueranno a pagare anche la Tasi, abolita invece per le abitazioni principali appartenenti alle altre categorie catastali.


La Tasi non sarà più pagata dagli inquilini ma solo se hanno destinato l’immobile ad abitazione principale. Diversamente dovranno pagarla. I proprietari che danno in affitto un’abitazione dovranno pagare la quota di Tasi stabilita dal Comune con regolamento (può variare dal 70 al 90%). Nei municipi che nel 2015 non hanno deliberato nulla, i locatori pagheranno il 90% del tributo.


Fonte articolo: http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201510212044538624&chkAgenzie=ITALIAOGGI&titolo=Torna%20la%20super%20Tasi 

Tassa unica sulle seconde case: le possibili soluzioni




Si fa strada anche nel Governo l’idea di fondere Imu e Tasi su seconde case e altri immobili, chiudendo definitivamente la sfortunata esperienza del tributo sui «servizi indivisibili». A certificare che l’ipotesi è sul tavolo è il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, che intervenendo ieri alla bicamerale sul federalismo fiscale ha fatto il punto anche sull’andamento della voluntary disclosure.


Il matrimonio fra Imu e Tasi semplificherebbe la vita dei proprietari, che oggi sono costretti a pagare con doppi moduli e doppi calcoli quella che nei fatti è la stessa imposta con due nomi diversi. Sulla strada della fusione, però, c’è un ostacolo, più di “immagine” che di sostanza: oggi l’Imu ha un’aliquota massima del 10,6 per mille, a cui i Comuni, secondo il meccanismo cervellotico della doppia imposta, possono aggiungere uno 0,8 per mille di Tasi a patto di riservare qualche detrazione alle abitazioni principali. 

 

L’unione di Imu e Tasi sotto un cappello unico potrebbe allora portare l’aliquota massima all’11,4 per mille. Si tratta dello stesso livello effettivo raggiunto dall’accoppiata nei Comuni che hanno spinto al massimo le aliquote, e quindi non porterebbe aumenti generalizzati a carico dei contribuenti. Su un terreno minato come quello del Fisco sul mattone, però, ritoccare un parametro può dare argomenti a una polemica (infondata) sullo scambio fra tagli fiscali alla prima casa e aumenti sugli altri immobili, rischio che Renzi vuole ovviamente evitare soprattutto intorno a una delle mosse chiave per l’immagine della "manovra che taglia le tasse". Sarebbe da evitare, inoltre, la possibilità di arrivare all’11,4 per mille nei Comuni che non hanno introdotto la super-Tasi, e che quindi finora non hanno chiesto più del 10,6 per mille ai contribuenti.


L’alternativa passerebbe dalla ricerca di una copertura in più anche per l’addio alla Tasi fuori dall’abitazione principale, che però costa più di 1,2 miliardi. Si tratta di un obiettivo improbo, tanto più che fra abitazione principale, imbullonati e terreni l’operazione Imu-Tasi vale 5 miliardi. Una parte della copertura potrebbe arrivare dall’Imu (3,8 miliardi) pagata allo Stato da capannoni, alberghi e centri commerciali, con un meccanismo che superi i problemi di distribuzione fra Comuni ricchi di questi immobili e Comuni che invece non ne hanno.


Anche questa cifra è stata fornita ieri da Zanetti alla commissione, e comprende la quota destinata a superare il problema "imbullonati". Da questo punto di vista, spiega Zanetti, l’obiettivo è quello di scrivere nella manovra che nei capannoni la "stima diretta" con cui si calcola la rendita catastale deve escludere "macchinari, congegni, attrezzature e altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo". Se tradotta in legge, questa definizione potrebbe avere un ventaglio di applicazione piuttosto ampio, che per evitare paradossi dovrà ovviamente essere riferito anche alle stime già effettuate che hanno creato il problema. 


Il terzo capitolo è quello dei terreni agricoli: Zanetti da per certa l’abolizione del pasticcio costruito l’anno scorso intorno ai Comuni "montani, parzialmente montani e non montani" (la scadenza per il pagamento è al 30 ottobre, ma tutta la partita è ancora sotto esame al Tar che deciderà il 4 novembre), ma conferma anche il lavoro del Governo (annunciato a Milano meno di un mese fa dallo stesso Renzi) su "interventi più radicali" che in pratica dovrebbero far uscire l’Imu da tutti i terreni.


I Sindaci, dal canto loro, dovrebbero ottenere dalla manovra un indennizzo integrale sul mancato gettito, ma anche un rinvio delle regole sul "pareggio di bilancio" che rischiano di bloccare ogni possibilità di investimento locale, Regioni comprese (come raccontato sul Sole 24 Ore del 28 settembre).
La mossa dovrebbe passare da un pronunciamento del Parlamento, che con il via libera al Def ha appena approvato lo slittamento del pareggio al 2018 per il bilancio statale, che permetterebbe di sostituire il Patto di stabilità con vincoli più semplici. L’idea corre su due binari: concentrare obiettivi e sanzioni sul saldo finale di competenza, e mettere in moto un meccanismo in grado di sbloccare parzialmente gli "avanzi", cioè i risparmi bloccati dal Patto attuale.


Questa misura rappresenterebbe un atto di attenzione verso i cosiddetti Comuni "virtuosi", e potrebbe non essere la sola: quest’anno il 20% del fondo di solidarietà comunale è stato assegnato sulla base di capacità fiscali e fabbisogni standard, ma la norma è pensata per essere progressiva e la manovra potrebbe far salire questa quota. Per arrivare a regime, però, occorre accelerare nella raccolta dei nuovi dati sugli «standard», che molti Comuni non hanno ancora inviato.


Resta da risolvere poi il problema dei tagli aggiuntivi da un miliardo che farebbero saltare Province e Città metropolitane. La sorte di questi enti rimane legata al complicato gioco delle coperture, e la prospettiva più probabile è quella di una riduzione dei tagli, che però difficilmente verranno azzerati.


Fonte articolo: Il Sole 24 Ore, vetrina, web

Sacconi sull'immobiliare: occorre responsabilizzare i Comuni



La crescita può essere solo il risultato di una diffusa mobilitazione di tutta la nazione, di tutte le sue attività produttive di beni come di servizi, di tutti i suoi lavori dipendenti o indipendenti. Ma la nazione appare ancora bloccata dall’eccessivo prelievo fiscale nella sua propensione a consumare, investire ed assumere. In particolare essa si è sviluppata più di altre, a torto o a ragione, intorno al mattone come testimonia il suo straordinario tasso mediano di patrimonializzazione attraverso la proprietà immobiliare. 


La propensione a radicare la famiglia, le richieste di garanzie reali del sistema creditizio, i ritardi del mercato mobiliare hanno concorso all’acquisto popolare di case, negozi, capannoni, terreni. Siamo una owners community! (ndr siamo una comunità di proprietari). Piaccia o non piaccia.

 

 

Possiamo ragionare a lungo se tutto ciò abbia limitato la nostra efficienza complessiva ma ora dobbiamo prendere atto che il repentino spostamento del pendolo da una tassazione di favore ad una di sfavore ha trasformato il bene-rifugio in un bene-prigione, la fonte di sicurezza in una ragione di insicurezza. E, soprattutto, la ricchezza della nazione si è in conseguenza rivelata congelata, illiquida, con tutte le conseguenze che conosciamo. Non si tratta quindi solo di detassare la prima casa, ma più in generale di ricondurre a responsabilità la propensione delle amministrazioni comunali a scaricare sulla proprietà immobiliare le loro incapacità ed inefficienze. 


Applichiamo quindi i fabbisogni standard già disponibili per tutte le funzioni di ciascun Comune nel senso di combinarli con una capacità fiscale idonea a finanziarli e di ricavarne l’algoritmo di equilibrio, superato il quale il comune viene immediatamente sottoposto a commissariamento - con tanto di fallimento politico e ineleggibilità degli amministratori - in funzione di un rigoroso piano di rientro. È ragionevole supporre che esso funzioni da deterrente per una gestione oculata, e magari associata, delle funzioni municipali prevenendo l’abuso della tassazione ed un dissesto dell’ente tale da richiedere ingenti risorse di risanamento come oggi accade. 


La Local Tax deve rappresentare l’occasione per una compiuta attuazione del federalismo municipale e non lo strumento di un circolo vizioso senza limite nel nome di una autonomia irresponsabile.
A ciò dovrebbe aggiungersi una diversa distribuzione del carico fiscale tra proprietari ed inquilini in modo che questi ultimi avvertano tutto il necessario sinallagma tra dimensione del prelievo e qualità del servizio pubblico locale. Un simile percorso determina insomma una tassazione ben più moderata senza bisogno di copertura perché l’amministrazione locale può garantire le funzioni che le competono razionalizzando i costi fissi di produzione anche attraverso la gestione associata con gli altri comuni corrispondenti ad un idoneo bacino di utenza. 


Evitiamo poi di contrapporre scioccamente la detassazione degli immobili a quella del lavoro nondimeno necessaria. Quest’ultima si rivela utile ad incoraggiare la propensione ad assumere se è strutturale e ragionevole. Temo che l’azzeramento dei contributi sui contratti permanenti si rivelerà essere stato fonte più di comportamenti distorsivi che di nuova occupazione e comunque non è ragionevole caricare a lungo sul bilancio dello Stato la sostenibilità del sistema previdenziale. Gli operatori potrebbero invece apprezzare una riduzione strutturale di quella parte dei contributi che oggi è sproporzionata rispetto alle prestazioni. Penso all’assicurazione contro gli infortuni, agli ammortizzatori sociali, all’indennità di malattia in alcuni settori come il commercio. 


Il costo indiretto del lavoro deve quindi essere ridotto ove ve ne sono le ragioni di equilibrio con i benefici e non sulla base di un inverosimile premio a carico della fiscalità generale.
Non dimentichiamo poi la esigenza di riportare ad una dimensione sensibile la tassazione “secca” e agevolata del salario variabile definito dalla contrattazione di prossimità in modo da sospingere contemporaneamente i redditi e la produttività. Si tratta di ampliare la platea dei beneficiari in modo da ricomprendere tutto il lavoro operaio ed impiegatizio e di innalzare la misura del salario detassato al livello degli accordi migliori come quello definito nel gruppo FCA.


In conclusione, la Legge di Stabilità può essere lo strumento idoneo per contenere contemporaneamente il prelievo fiscale sulla proprietà e sul lavoro rispettando i parametri dell’Unione.


Presidente commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi.


Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-04/ridurre-tasse-mattone-responsabilizzare-sindaci-063700.shtml?uuid=AC19ypr&refresh_ce=1

Dl Enti Locali: proroga IMU sui terreni

La prima rata dell’Imu terreni agricoli 2015 potrà essere tranquillamente pagata entro il prossimo 30 ottobre senza incorrere in sanzioni o multe: lo ha definitivamente deciso un emendamento al decreto enti locali (dl 78/2015) presentato martedì notte da Antonio Azzolini alla Commissione Bilancio del Senato.

Questa data di pagamento della rata Imu terreni agricoli è una vera manna dal cielo per i contribuenti, che dopo tutta la telenovela dell'anno scorso, conclusosi solo il 31 marzo con il termine ultimo per pagare tutta l’Imu terreni agricoli 2014 senza interessi e sanzioni (la scadenza in realtà  era il 10 febbraio), rischiavano di essere chiamati alla cassa meno di tre mesi dopo per versare l'acconto 2015 entro il 16 giugno.

Questo emendamento quindi riapre i termini per pagare la prima rata Imu terreni agricoli e da più tempo ai proprietari, chiamati ad applicare le novità previste dal dl 4/2015 per questo anno di imposta, tra cui la detrazione fino a 200 euro a favore dei comuni appartenenti alla cosiddetta "collina svantaggiata".


Le regole del gioco
L’Imu terreni agricoli si paga in base ai criteri di classificazione Istat che definiscono una divisione tra Comuni montani, parzialmente montani e non montani.


Chi paga e chi no
- nei Comuni classificati dall'Istat come montani l'Imu terreni agricoli non si paga;
- nei Comuni parzialmente montani sono esclusi dal pagamento solo i terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali;
- nei Comuni non montani si ha un'applicazione generalizzata.


Il criterio ISTAT
Il testo ufficiale pubblicato in Gazzetta prevede che a decorrere dal 2015 l'esenzione dall'Imu terreni agricoli si applica:

- ai terreni agricoli, nonchè a quelli non coltivati, ubicati nei Comuni classificati come totalmente montani, come riportato dall'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'Istat;

  • - ai terreni agricoli, nonchè a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo del 29 marzo 2004 n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni classificati come parzialmente montani, come riportato dall'elenco dei Comuni italiani predisposto dall'Istat.
  • In totale quindi sono 3456, i comuni italiani considerati montani e quindi esenti completamente dal pagamento, mentre 655 sono parzialmente montani ed esenti solo se di proprietà di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali. Tutti gli altri, quindi, dovranno pagare. Qui trovate l'elenco excel dell'Istat che classifica tutti i comuni.

  • Fonte articolo: http://www.comuni.it/2015/07/imu-terreni-agricoli-approvato-pagamento-entro-30-ottobre-multe/#

Accesso gratuito alle planimetrie per i Comuni

L'Agenzia delle Entrate ha messo a disposizione dei Comuni l'accesso gratuito alle planimetrie catastali degli immobili, per i controlli urbanistici e la gestione della fiscalità immobiliare locale.

Le conseguenze operative
L'apertura dell'Agenzia è quindi molto importante perché oggi i Comuni hanno la possibilità di acquisire con estrema velocità la planimetria catastale del fabbricato, accedendo al Portale Sister, già utilizzato dai Comuni per le visure catastali e per quanto attiene al mondo catastale, compreso l'invio di dati all'Agenzia stessa, come quelli relativi al mancato accatastamento degli immobili (procedura 336 di cui alla legge 311/2004), al controllo dei Docfa (articolo 34 quinquies del Dl 4/2006) o alla verifica delle domande di ruralità di cui al Dl 70/2011. 

L'utilizzo delle planimetrie catastali è importante soprattutto per la gestione della Tari la quale si applica in base «alla superficie calpestabile», visto che si è per ora abbandonato il criterio della tassazione sulla base dell'80% della superficie catastale, utilizzabile solo in sede di accertamento. Oltre alla Tari le planimetrie rappresentano un utile strumento per il controllo della conformità edilizia, ovvero tra quanto concessionato dal Comune e quanto dichiarato all'Agenzia e ciò ovviamente assume anche rilevanza fiscale, perché un ampliamento di un fabbricato non dichiarato in catasto porta a un aumento della rendita catastale e quindi dell'Imu. E non occorre dimenticarsi che l'articolo 2, comma 12 del Dlgs 23/2011 prevede che il 75% delle sanzioni irrogate dall'Agenzia per l'inadempimento degli obblighi di dichiarazione degli immobili, e delle variazioni degli stessi, è devoluto al Comune ove sono ubicati gli immobili.
Al di là però di quanto può essere utile per il Comune avere gratuitamente a disposizione le planimetrie, al pari di quanto avviene già con le visure catastali, quello che rileva è che si riconosce sempre di più l'importanza dei Comuni nei processi di controllo del territorio.

La battaglia
Su questo tema si era registrato in passato uno scontro tra i Comuni e l'Agenzia delle Entrate, la quale per la fornitura delle planimetrie pretendeva il pagamento di una somma, nonostante diverse previsioni normative già imponevano la fornitura gratuita (si veda la delibera della Corte dei conti dell'Emilia-Romagna 37/2013). In particolare, si ricorda che l'articolo 50 del Dlgs 82/2005 prevede che qualunque dato trattato da una Pa, nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali, deve essere reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l'utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell'amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest'ultima, salvo che per la prestazione di elaborazioni aggiuntive; il successivo articolo 59 precisa, poi, che nell'ambito dei dati territoriali di interesse nazionale rientra la banca dati catastale gestita dall'agenzia delle Entrate. Il problema dell'accesso alle planimetrie si poneva soprattutto per gli immobili accatasti prima del 2006, perché a decorrere da quell'anno l'Agenzia invia ai Comuni i «Docfa» e con questi anche le planimetrie degli immobili.

Fonte articolo: http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/art/fisco-e-contabilita/2015-05-11/dalle-entrate-planimetrie-catastali-gratis-gli-accertamenti-201909.php?uuid=ABkDhpd

Accordo Governo - Comuni: anticipo da 1,2 miliardi del gettito Imu

Dopo tanto trattare, dovrebbe vedere la luce lunedì prossimo il decreto enti locali, che è nato ormai tre mesi fa per tradurre in pratica l’intesa di febbraio sulla riforma del Patto di stabilità ma nel suo cantiere infinito si sta trasformando in un provvedimento omnibus per la finanza locale: omnibus ma non abbastanza, almeno nella sua versione iniziale, per risolvere tutti i nodi, a partire dalla replica del Fondo Tasi che l’anno scorso ha finanziato le detrazioni per l’abitazione principale in 1.800 Comuni, e che resterà ancora per un po’ al centro di calcoli e discussioni. In sospeso rimane anche l’ormai mitico addio di Equitalia alla riscossione locale, perché una nuova proroga manterrà il limbo attuale fino a fine anno.

L’incontro di ieri fra Governo e sindaci, l’ennesimo della serie, ha comunque sbloccato la situazione, con soddisfazione per gli amministratori locali. "Sono state trovate soluzioni positive a molti problemi - ha detto all’uscita il presidente dell’Anci Piero Fassino - e ora la redazione dei bilanci potrà essere più serena". In effetti le buone notizie non mancano. Entro una settimana dalla sua entrata in vigore, quindi (se tutto va come previsto) prima della fine del mese, ai Comuni arriverà un’anticipo da 1,2 miliardi del gettito Imu, per aiutare le casse in sofferenza. Gli obiettivi del Patto di stabilità saranno individuati secondo il meccanismo scritto nell’intesa di febbraio, quindi togliendo dalla base di calcolo quadriennale (con esclusione dell’anno di picco di spesa) le uscite per rifiuti e trasporto locale, e soprattutto saranno “intercambiabili” con il fondo crediti che ogni ente deve determinare sulla base delle proprie difficoltà di riscossione.
In pratica il meccanismo di base, affinato da “premi” per chi ha ridotto la spesa corrente e si è mostrato più efficiente nella riscossione, servirà a calcolare l’obiettivo lordo, da cui sarà detratto l’importo del fondo crediti: un sistema che dà a ogni ente più margini di autonomia per decidere se sopportare un obiettivo di Patto più alto (che incide sugli investimenti) oppure un fondo crediti più ricco (che frena la spesa corrente).


Sempre in termini di Patto, si alleggeriscono le sanzioni per chi non l’ha rispettato nel 2014. In generale, il taglio di risorse sarà pari al 20% dello sforamento (e non al 100% come prevedono le norme attuali), ma per Province e Città metropolitane ci saranno tutele aggiuntive: se più conveniente per l’ente, potrebbe essere applicato un tetto “alternativo” (2% delle entrate), e soprattutto saranno stoppate le sanzioni che impediscono i rinnovi dei contratti a termine, rendendo applicabile la clausola prevista nel Milleproroghe anche nelle tante Province che l’anno scorso non hanno rispettato i vincoli di finanza pubblica.
Sempre in fatto di sanzioni, in cantiere c’è anche una revisione di quella prevista per le amministrazioni troppo lente nei pagamenti: chi l’anno scorso ha fatto aspettare in media i propri fornitori per più di 90 giorni, infatti, si vede bloccata ogni possibilità di assunzione, e dal calcolo dovrebbero uscire i pagamenti liberati dai vari decreti sblocca-debiti, che per loro natura sono arretrati e quindi alzano l’indicatore sul tempo medio. Anche in questo caso, dovrebbe spuntare inoltre qualche clausola di favore in più, da dedicare agli enti di area vasta e a quelli in dissesto.


Nel fitto lavorio per sbrogliare un po’ la matassa dei conti locali, si prevede poi la possibilità di aderire ai piani di rinegoziazione dei mutui anche per chi è in esercizio provvisorio, dal momento che il termine per i bilanci preventivi è stato spostato al 30 luglio. I risparmi ottenuti aderendo ai programmi appena lanciati da Cassa depositi e prestiti, poi, sarebbero utilizzabili anche per la spesa corrente quando la mossa serve a «sopperire a gravissime situazioni di mancanza di liquidità non altrimenti fronteggiabili». Qualche chance in più dovrebbe inoltre aggiungersi per l’utilizzo dei proventi da alienazioni.

Riassumendo:

1. PATTO DI STABILITA'
Il decreto attua la riforma che modifica la base di calcolo e premia gli enti che hanno tagliato la spesa e sono efficienti nella riscossione. Dall’obiettivo lordo andrà detratta la somma congelata nel fondo crediti dubbi, proporzionale al tasso di mancata riscossione.


2. SANZIONI
Per chi non ha rispettato il Patto nel 2014, la sanzione sarà pari al 20% dello sforamento. Tetto “alternativo” (2% delle entrate) per Province e Città metropolitane, esentate anche dalla sanzione che blocca i rinnovi dei contratti flessibili.


3. PAGAMENTI
Le norme impediscono le assunzioni a qualsiasi titolo agli enti che hanno registrato nel 2014 un tempo medio per i pagamenti superiore a 90 giorni. Dal calcolo dovrebbero uscire le poste oggetto delle operazioni sblocca-debiti. Salvaguardie aggiuntive sono previste per enti di area vasta e amministrazioni in dissesto.


4. MUTUI
Apertura della possibilità di aderire alla rinegoziazione dei mutui anche per gli enti che non hanno ancora approvato il preventivo. Possibilità di utilizzo dei risparmi anche per finanziare la spesa corrente.


5. RISCOSSIONE
Nuova proroga (al 31 dicembre) della presenza di Equitalia, in attesa del decreto attuativo della delega fiscale.

Fonte articolo: http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2015-05-13/comuni-arriva-l-anticipo-salva-casse-12-miliardi-gettito-imu-214551.shtml?uuid=ABGSLwfD

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