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Mutui casa: una norma per le banche

Ormai siamo ai dettagli. Salvo scossoni l’Italia si avvia a introdurre la “direttiva mutui” con delle importanti modifiche rispetto al testo iniziale.


Quanto alla possibilità per le banche di reintrodurre la penale su rimborso/estinzione anticipata (eliminata da una delle lenzuolate dell’allora ministro per le Attività produttive Pier Luigi Bersani) c’è stato un dietrofront: le banche non potranno reintrodurla. Anche perché questo penalizzerebbe le surroghe, che nel 2015 sono state la “killer application” del settore, aggiudicandosi un terzo del mercato totale e oltre il 65% del mercato dei mutui sul web (dati Mutuionline.it).

 

Sull’altro punto, quello relativo a cosa accade al mutuatario insolvente, il testo che il Parlamento si appresta ad approvare, modifica la direttiva. Nella direttiva UE si indica che dopo 7 rate, anche non consecutive, la banca può espropriare l’immobile. Si tratta di un cambiamento profondo rispetto a quanto accade finora (e continuerà ad accadere dato che la direttiva e la legge non sono retroattive, quindi non riguardano chi sta pagando ora un mutuo). Il filtro giudiziale scompare. La banca può espropriare l’immobile di un mutuatario insolvente anche senza il ricorso al giudice (al momento accade che la palla viene passata al giudice che decide caso per caso e che, nella maggior parte dei casi, si arriva alla vendita all’asta dell’immobile pignorato mediamente dopo sette anni dall’inadempienza che ha spinto la banca a rivolgersi al giudice per recuperare il credito).


La “versione italiana” della direttiva non è riuscita a conservare il filtro giudiziale (che scomparirà comunque) ma allunga il margine prima dell’esproprio: da 7 a 18 rate. Quindi, nella logica del compromesso tra i due interessi in causa (quello delle banche di rientrare prima rispetto agli attuali sette anni del credito e quello dei debitori insolventi di continuare ad essere tutelati evitando il più possibile l’ipotesi peggiore, ovvero quella di perdere la casa) si è arrivati a questo punto: le banche conservano la possibilità di espropriare l’immobile senza l’intervento (e le lungaggini) del giudice. Ma solo dopo 18 mesi di rate, anche non consecutive, non pagate (va anche detto che a tutela del mutuatario esistono anche dei fondi statali che consentono di eliminare la quota capitale dalla rata per 12 mesi e/o di sospendere il pagamento delle rate per 18 mesi).


A questo punto, quale sarà la reazione delle banche? Faranno degli sconti o aumenteranno invece lo spread? Come cambieranno le perizie?
"Se il testo del decreto verrà confermato, le banche e i mutuatari potranno prevedere - in caso di mancato pagamento di 18 rate del mutuo e solo per i futuri contratti di mutuo - la possibilità di estinzione del debito residuo del mutuo tramite il trasferimento della proprietà dell'immobile o utilizzando i proventi della vendita dell'immobile stesso - spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it -. La valutazione dell'immobile per la vendita sarebbe effettuata da un perito scelto di comune accordo fra banca e debitore insolvente e la vendita dell'immobile – anche ad un valore inferiore al valore del debito da restituire alla banca - comporterebbe la completa estinzione del debito in essere nei confronti della banca. In caso di eccedenza del ricavato della vendita dell'immobile rispetto al debito da rimborsare alla banca, la differenza sarebbe chiaramente riconosciuta al debitore insolvente. In questo modo viene sancita la possibilità di definire una alternativa all'usuale processo legale-giudiziale di "repossession" o esproprio dell'immobile dato in garanzia all'operazione di mutuo in caso di incaglio del finanziamento".


"Il processo esecutivo storico evidenziava da sempre delle complessità e lungaggini che aumentavano considerevolmente il rischio di credito per gli istituti bancari. Il processo di recupero del credito storicamente poteva durare anche oltre i tre anni dal momento del suo avvio e in molti casi, a conti fatti, si concludeva per la banca con una perdita di una porzione molto significativa del capitale residuo dovuto da parte del debitore insolvente.
In funzione dello stato dell'immobile e dell'andamento delle aste giudiziarie questa perdita poteva addirittura arrivare a superare il 50% del debito da recuperare. Il processo di repossession – dal pignoramento dell'immobile, all'autorizzazione alla vendita forzata da parte del giudice, l'organizzazione dell'asta e incasso competenze – in alcune aree geografiche italiane poteva facilmente superare anche i quattro anni di durata. Nel momento in cui un potenziale mutuatario e la banca finanziatrice possono prevedere delle clausole contrattuali in grado di ridurre in maniera significativa tempi e rischi di perdite per la banca da mancata restituzione del finanziamento, il rischio di credito di quello specifico contratto di mutuo viene chiaramente a ridursi per l'istituto erogante".


Sempre secondo Rossini di Mutuisupermarket: "Il conto economico migliora e la marginalità del singolo finanziamento aumenta immediatamente. Se questo è vero, appare del tutto ragionevole potersi aspettare in caso di applicazione delle nuove clausole uno spread scontato che sia in grado di fattorizzare il minor costo del rischio di credito. Parimenti, dato il minor rischio credito su questi nuovi contratti, la banca potrebbe parallelamente allentare i propri criteri creditizi per certi tipi di operazione (per esempio per finanziamenti con rapporti rata/reddito che superano di poco i limiti delle policy creditizie interne) o potrebbe prendersi dei rischi in più offrendo mutui con percentuali di intervento che superino la soglia dell'80%".


Vedremo cosa accadrà effettivamente; questa analisi rafforza ulteriormente l'idea che si tratti di una legge ad hoc per le banche; perchè non intervenire in altro modo, ad esempio direttamente sull'iter processuale legale-giudiziale di "repossession" (o esproprio dell'immobile) accorciandone i tempi?


Fonte articolo: IlSole24ore.com



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