Chi subentra come nuovo condòmino assume i debiti del vecchio?

Chi subentra nei diritti di un condomino non può essere oberato da debiti che riguardano gestione molto precedenti al suo acquisto.


In tal senso è molto chiaro l'art. 63, quarto comma, disp. att. c.c.

 

Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente.
Inutile dire che sovente i debiti del venditore, per sua morosità o per fatti legati ad appropriazioni dell'amministratore, sono oggetto di contenzioso tra il nuovo condòmino ed il condominio.
Una sentenza resa dal Tribunale di Treviso è particolarmente utile in relazione a tre aspetti della questione:

  • - valutazione concreta del biennio di riferimento;
  • - considerazione dei così detti riporti, ossia dei debiti di anni precedenti inseriti nell'ultimo rendiconto;
  • - profili di validità delle delibere che decidono in queste materie.

Anno in corso e quello precedente alla compravendita

Il dictum normativo appare chiaro, eppure alcune volte potrebbe generare dubbi.
Esempio: la vendita avviene nel maggio 2014. Anno in corso, 2014, anno precedente 2013. Supponiamo che la gestione annuale del condominio sia così strutturata 01.06.2012 – 31.05.2013 e 01.06.2013 – 31.05.2014.


Cosa bisogna intendere per anno? Quello solare o quello di gestione? Il Tribunale di Treviso ha risposta, sulla scorta di precedenti pronunciamenti, affermando che è “pacifica la giurisprudenza di merito nel ritenere che la locuzione "anno in corso e... quello precedente" vada intesa nel senso di anno di gestione in corso e anno di gestione precedente (cfr. Trib. Bolzano 10/06/1999 in Giur. Di Merito, 2000, 15)” (Trib. Treviso 18 ottobre 2016 n. 2554).


In questo caso, quindi, l'anno precedente parte dall'1 giugno 2012. Fin qui possono essere chieste al nuovo condòmino, in via solidale, le somme dovute dal suo dante causa.
Se nel 2010 ho un debito verso il condominio e non lo pago e l'amministratore non agisce per il recupero, alla chiusura dei conti dell'anno 2011 egli dovrà indicarlo nel rendiconto di questo periodo come credito del condominio verso un condòmino.


Tale indicazione basta a far considerare quella somma come dovuta in ragione dell'approvazione del rendiconto dell'anno 2011?
Secondo il Tribunale di Treviso no: si tratta di una mera indicazione di natura contabile. Insomma si dice quanti crediti ha il condominio e perché.
Ciò ha una conseguenza: nel caso di compravendita l'inserimento del debito nel rendiconto approvato dal nuovo condòmino non può avere effetto nei suoi confronti.
In tal senso, si legge in sentenza,l'assemblea non può in alcun modo ampliare la solidarietà passiva del neo proprietario oltre tale biennio previsto per legge, pena la nullità della delibera assembleare (Tribunale di Torino, sentenza 19.11.2009 n. 7873). Il pagamento dei riporti degli esercizi precedenti potranno essere richiesti esclusivamente al precedente proprietario”.


Conseguenze sulle delibere che riconoscono i capo a nuovi condòmini debiti per loro predecessori

Se io approvo un rendiconto con debiti riguardanti il mio dante causa e riferiti ad un periodo temporale escluso da quello per cui è previsto il vincolo di solidarietà, non possono essermi comunque richieste tali somme e qualora la delibera le intestasse a me, essa sarebbe nulla per violazione dell'art. 63, quarto comma disp. att. c.c.


Fonte articolo: Condominioweb.com

Infiltrazioni nell'appartamento appena acquistato: chi paga?

In tema di infiltrazioni in condominio e più nello specifico di macchie presenti in un'unità immobiliare oggetto di compravendita, l'esistenza di tali infiltrazioni conosciute dagli acquirenti da prima dell'acquisto esclude la possibilità di una responsabilità per vizi occulti ai sensi degli artt. 1490-1491 c.c.


Questa in sostanza la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 22699 depositata in cancelleria il 28 settembre 2017.

 

I fatti di causa: due persone chiamano in giudizio chi gli ha venduto l'appartamento con due box e cantina per chiedere il risarcimento del danno in relazione a delle infiltrazioni che quest'ultimo avrebbe taciuto al momento dell'acquisto. Vizio occulto, insomma.
In primo grado il Tribunale gli dava ragione, mentre l'esito del giudizio d'appello ribaltava quello di prime cure. Nessuna responsabilità e domanda originariamente posta da rigettarsi, per giunta con condanna alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Che cos'È un vizio occulto e quando può configurarsi?

Un vizio occulto è quel difetto del bene oggetto di compravendita che non si nota - né è possibile notare con la normale avvedutezza - e che comporta un danno per chi l'ha comprato. Danno consistente nella necessità di eliminare il pregiudizio com'anche nel maggior esborso effettuato per acquistarlo.

Vediamo le principali ipotesi di vizi occulti nell'ambito di un appartamento:

  • - mal funzionamento dell'impianto idrico;
  • - mal funzionamento dell'impianto elettrico;
  • - infiltrazioni occultate mediante accurata pitturazione;
  • - infiltrazioni nascoste dalla presenza di mobili in prossimità delle pareti;
  • umidità estesa occultata con pitturazione degli ambienti interessati.

Queste solo alcune delle caratteristiche del vizio occulto.

L'occultamento del vizio da parte del venditore fa sì che non sia necessaria denuncia - da effettuarsi negli altri casi entro otto giorni dalla scoperta - ferma restando la necessità di agire in giudizio entro un anno dallo scoperta (art. 1495 c.c.).

Quando la garanzia per simili problematiche non è dovuta?

Ai sensi dell'art. 1491 del codice civile la garanzia non è dovuta e al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa. Non solo, dice la norma: nessuna garanzia anche quando se i vizi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
Come dire: davanti ad un goffo occultamento potrebbe non darsi luogo ad alcuna responsabilità del venditore.


Nel caso risolto dalla sentenza n. 22699, chi aveva acquistato l'appartamento e poi proposto la causa era perfettamente a conoscenza delle circostanze. Tale fatto era inoppugnabile. Gli attori, si legge in sentenza, in quanto già condòmini avevano "finanche concorso a deliberare il conferimento di un incarico tecnico per l'accertamento, per l'appunto, delle perdite d'acqua a piano terra".


Fonte articolo: Condominio.web

Perchè le pratiche di mutuo si bloccano nella metà dei casi?

Metà delle pratiche si blocca ancora prima di iniziare per mancanza dei documenti.


E in un terzo dei casi si scoprono difformità edilizie o catastali, che possono anche compromettere la trattativa.

Ecco che cosa accade quando le banche affidano una valutazione immobiliare per istruire una pratica di mutuo. È quanto emerge da un’analisi basata su un campione enorme, circa 300mila operazioni, che Assovib, associazione che rappresenta le principali società del settore, ha anticipato a Casa24 Plus. Uno studio che fa emergere una situazione ancora oscura a livello di corrispondenza tra patrimonio edilizio e catasto.


Sul totale delle perizie analizzate, il 65% riguardava pratiche di nuovi mutui. Nel restante 35% si trattava di rivalutazioni periodiche, anche queste a servizio del mondo bancario, per immobili collegati a crediti in bonis, sofferenze o Npl. "Questo secondo gruppo è oggettivamente problematico perché si tratta di recuperare documentazione spesso datata e frammentaria. Stupisce, invece, la farraginosità ancora frequente riscontrata nelle nuove richieste di finanziamento", dice Francesco Simone, responsabile del Comitato tecnico-scientifico dell’associazione.


Che cosa trovano la società quando la banca invia i documenti? Nel 44% dei casi l’incartamento è incompleto, perché mancano certificati all’apparenza semplici come la visura o la planimetria catastale aggiornate e l’atto di provenienza della casa. Un intoppo che in media allunga l’iter di 11 giorni. Ma soprattutto, nel 17,5% dei casi si riscontra una difformità edilizia (e quindi anche catastale) e in un altro 18,5% un problema solo catastale: in totale un 36% di situazioni da sanare.


"La casistica è varia. Ad esempio, cambi di destinazioni d’uso dei vani non aggiornati al catasto, aumenti di volumetrie non aggiornati o addirittura non autorizzati, in qualche caso anche nuove porzioni di fabbricato abusive – continua il responsabile Assovib –. Le possibilità di rimediare variano naturalmente a seconda del caso. Una camera trasformata in bagno si recupera agevolmente con una denunciata tardiva, così come una veranda illegale si può far smontare con una spesa contenuta. Mentre l’aggiunta di metri quadrati non autorizzati è più complicata e in quei casi banca e proprietario valutano più a fondo. In linea di principio le banche non rischiano a immettere nel circuito del credito immobili abusivi".


Perché succede? Un po’ tutti gli attori in campo sono coinvolti, compresi i proprietari, colpevoli talvolta per noncuranza, altre volte intenzionalmente. "Sono migliaia i casi in cui i privati non siano in possesso dell’atto di proprietà, magari perché il notaio non l’aveva spedito subito e si sono scordati di richiederlo. E sono tanti coloro i quali hanno effettuato dei lavori regolarmente denunciati al Comune, senza poi comunicarlo al catasto. Un passaggio che non va in automatico, ma che deve essere espletato a fine lavori e comporta un costo in più, anche di 6-700 euro, che magari si preferisce evitare".


"Succede anche che siano le banche a sottovalutare l’importanza di un documento e quindi a non richiederlo all’aspirante mutuatario, finendo così per allungare la pratica" aggiunge Simone. Tutto questo, nonostante Abi, Assovib e altre associazioni del settore abbiano lavorato mesi per mettere a punto le “Linee Guida Abi per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie”, non un obbligo di legge, ma un codice di autoregolamentazione dettato dalla cosiddetta “Direttiva mutui” 2014/17/Ue. Insomma, c’è ancora molto da fare. "Maggior cultura della valutazione immobiliare – chiosano da Assovib – sarebbe auspicabile a tutti i livelli delle filiera".


Fonti articolo: IlSole24ore, vetrina web

Come vendere casa al giusto prezzo?

Vendere casa al più alto prezzo possibile ma in un tempo ragionevole. 


È l’equilibrio a cui dovrebbe razionalmente puntare chi mette sul mercato un immobile. 

 

L’obiettivo principale è naturalmente massimizzare l’incasso, ma questo nella stragrande maggioranza dei casi non si realizza partendo da richieste fuori mercato, pensando magari che "tanto poi si fa sempre in tempo a scendere di prezzo".
Anche prendendo in considerazione i casi in cui non si ha bisogno di liquidità in tempi brevi, magari per effettuare un altro acquisto, si deve infatti tenere conto che un immobile che resta per molto tempo sul mercato può portare a sospetti (spesso infondati) sulla bontà dell’affare.


In primo luogo si può pensare che non sia stato ancora acquistato per qualche difetto o irregolarità, e non semplicemente perché il prezzo non è in linea con il mercato. Inoltre si rischia di perdere la possibilità di chiudere l’affare con chi "scarta" l’immobile a causa di una quotazione non ritenuta congrua, scegliendo nello stesso tempo altre soluzioni e uscendo quindi dal novero dei potenziali acquirenti. Evenienza assai dannosa soprattutto in contesti piccoli o per tipi di case che escono dai parametri medi di mercato e che quindi hanno una platea ridotta di interessati all’acquisto.
Stesso rischio si può ipotizzare per immobili che subiscono rapidi e consistenti sconti. Soprattutto in un contesto dove i tempi di vendita sono già elevati.


Tuttavia non si può certo rischiare di svendere l’immobile. Ecco perché la cosa più difficile per chi si appresta a vendere è cercare di presentarsi sulla piazza con una proposta di prezzo corretta e coerente con la concorrenza. Di conseguenza il primo suggerimento che si può dare a chi vende casa è di prendersi un po’ di tempo per individuare la giusta quotazione. Il che, attenzione, non per forza dovrà coincidere con il prezzo finale che si intende realizzare. Se come detto, non si deve esagerare con la richiesta iniziale, bisogna lasciare anche spazio a un margine di trattativa, che in genere è presente, soprattutto nella congiuntura attuale caratterizzata da molta offerta sul mercato e prezzi in via di stabilizzazione dopo un lungo periodo di calo. Lo "sconto" medio si aggira attorno al 15%, ma molto dipende da prezzi di partenza troppo alti e si tratta di un dato variabile da zona a zona.


Trovare il prezzo giusto può essere più facile se ci si rivolge a un’agenzia – è una delle prime scelte che ci si trova ad affrontare quando si decide di vendere – che conoscendo la piazza di riferimento potrà effettuare una corretta valutazione dell’immobile. Comunque è consigliabile non arrivare del tutto impreparati all’appuntamento. E in ogni caso è bene moltiplicare il più possibile i canali di vendita e preparare al meglio sia l’annuncio sia l’appartamento stesso alle visite.


Il primo passo per farsi un’idea dei prezzi è cercare sui siti di annunci e sulle pubblicazioni cartacee le quotazioni degli immobili simili a quello che si vuol mettere in vendita, scartando i prezzi che si scostano troppo dalla media verso l’alto e verso il basso e tenendo in mente le considerazioni fatte poco sopra. Si possono poi consultare via internet le quotazioni Omi (Osservatorio immobiliare dell'Agenzia delle Entrate) e i borsini immobiliari della propria zona.


Una volta che ci si è fatta l’idea del prezzo medio al mq (anche se la casa si vende sempre "a corpo" e non "a misura") bisogna poi valutare gli elementi che possono aumentare o diminuire il valore della propria abitazione (locali accessori, box, piano alto, esposizione, terrazzi, spese condominiali, classe energetica, ascensore eccetera). Una volta fissato il prezzo teorico di vendita va poi stabilire fino a quanto si è disposti a scendere qualora arrivino, come in genere succede, offerte al ribasso. Si può ovviamente decidere caso per caso, ma è bene stabilire una soglia per essere più pronti a una eventuale trattativa. E per definire i patti con l’eventuale agente immobiliare. 


Perché poi la trattativa vada in porto è importante poter soddisfare tutte le richieste di chi è interessato alla casa. È quindi consigliabile preparare con cura tutti i documenti utili a dare la più completa informazione fin dal primo momento. Inutile infatti nascondere alcuni elementi base: se l’acquirente non è uno sprovveduto ed è interessato all’immobile chiederà probabilmente documenti che se non già pronti dovranno essere forniti successivamente, con perdita di tempo di tutte le parti coinvolte. Una lista non esaustiva delle "carte" da preparare potrebbe comprendere:

- l’atto di provenienza (cioè quello ricevuto dal notaio nel momento del precedente acquisto, della donazione o dell’eredità);

- dall’atto emerge anche la rendita che determina le tasse che il compratore deve pagare; 

- una piantina conforme dell’immobile (vedi scheda) ed eventuale visura catastale;

- l’Ape (Attestato di prestazione energetica): è obbligatorio dal momento della pubblicazione dell’annuncio di vendita;

- il regolamento condominiale e il bilancio delle spese comuni (chi vende è tenuto a pagare fino al momento del rogito e per spese straordinarie già deliberate); 

- le certificazioni di sicurezza degli impianti.


Se non si ha nulla da nascondere, quindi, è evidente il vantaggio nella trattativa che sarà riconosciuta dalla controparte in termini di correttezza e di fiducia. Del resto, nascondere difetti della casa può essere una buon motivo per l’acquirente per ritirarsi dall'affare (o anche, nei casi più gravi, per far valere le proprie ragioni davanti al giudice). Il proprietario è responsabile dell’immobile fino alla vendita, quindi va valutata con attenzione la consegna anticipata delle chiavi.


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

Compravendita: i doveri del notaio verso le parti

Quando si realizza una compravendita immobiliare, il notaio deve effettuare alcune attività di controllo di legalità.


Vediamo, nel dettaglio, di cosa si tratta.

  • 1. Il notaio deve accertare l’identità personale delle parti che intervengono nell’atto e la loro capacità di compierlo attraverso la verifica del regime patrimoniale tra i coniugi (comunione legale dei beni o separazione), della legittimazione ad intervenire, in caso di stranieri, minori, interdetti, inabilitati o beneficiari di amministrazione di sostegno, ecc.

  • 2. Il notaio deve verificare per legge l’inesistenza di precedenti ipoteche o vincoli o pignoramenti presso l’Ufficio del Territorio dell’Agenzia delle Entrate e la regolarità urbanistica e catastale degli immobili. Deve verificare, inoltre, che l’immobile oggetto della vendita non sia sottoposto a discipline peculiari, ad esempio in tema di edilizia residenziale pubblica o a diritto di prelazione a favore di determinati soggetti o se si tratta di beni di interesse storico, artistico, archeologico.

  • 3. Il notaio deve individuare il regime fiscale relativo al caso concreto e verificare la sussistenza di requisiti per eventuali benefici fiscali.

  • 4. Il notaio deve controllare che la prestazione energetica degli immobili sia certificata in base alle norme nazionali e regionali in materia. Per la vendita di edifici dotati di impianti è obbligatoria la dotazione e spesso anche l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica (Ape), predisposto da un certificatore iscritto in un apposito albo e che indica in sostanza la classe energetica di consumo dell’immobile quanto al riscaldamento.

  • 5. Il notaio deve verificare l’osservanza delle norme in materia di antiriciclaggio, tracciabilità dei pagamenti e sulle provvigioni corrisposte a titolo di intermediazione a eventuali agenzie immobiliari.

La provvigione spetta al mediatore anche se la compravendita non si conclude

La clausola inserita nel contratto di mediazione “ad affare fatto” non comporta il venir meno della provvigione da corrispondere all'agente anche se poi la vendita non si perfeziona.


A dirlo è una recente ordinanza della Corte di Cassazione, come spiegato dall'Avv. Giuseppe Donato Nuzzo. 

 

Ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione è sufficiente anche la sottoscrizione del preliminare tra le parti, indipendentemente dalla mancata conclusione del contratto definitivo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21575 del 18 settembre 2017.

Accolto il ricorso del mediatore: il diritto alla provvigione sorge per aver messo in relazione le parti.


Il caso – Il titolare di un'agenzia immobiliare ricorreva contro la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Venezia gli aveva negato il pagamento di 3.000,00 euro a titolo di provvigione dovuta per l'attività di mediazione svolta.
Secondo i giudici territoriali, la clausola inserita nel contratto di mediazione, secondo cui "resta inteso che il compenso sopra indicato non sarà dovuto in caso di mancata vendita" configurerebbe una condizione sospensiva, che subordinava il compenso del mediatore al positivo esito della compravendita.

E poiché, nel caso di specie, le parti, dopo il preliminare, non avevano stipulato il rogito definitivo, tale condizione non si sarebbe verificata.


La Corte ricorda anzitutto che, ai sensi dell'art. 1754 c.c., si qualifica mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione dell'affare, risultando idonea, al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione, anche l'esplicazione della semplice attività consistente nella ricerca ed indicazione dell'altro contraente o nellasegnalazione dell'affare.


Ciò vuol dire che, perché sorga il diritto del mediatore al compenso, è sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera dallo stesso svolta per l'avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e, poi, valorizzata dalle parti. Il fondamento del diritto al compenso è dunque da ricercarsi nell'attività di mediazione, che si concreta nella messa in relazione delle parti, costituisca l'antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell'affare.


Nel caso di specie, dunque, la conclusione dell'affare è senz'altro integrata dalla conclusione del contratto preliminare di vendita intervenuto tra le parti, mentre, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione, sono indifferenti le vicende successive che hanno condotto le parti a non concludere il contratto definitivo.


Alla conclusione del preliminare va riconosciuto l'effetto dell'insorgere del diritto alla provvigione, indipendentemente dalla scadenza o meno del mandato. Secondo i giudici di Piazza Cavour, inoltre, è errata l'interpretazione della clausola inserita nel contratto di mediazionefornita dalla corte d'appello, perché contraria ai principi di correttezza e buona fede e che si presta a "comportamenti elusivi" che "tolgono effetto allo stesso contratto di incarico".


Per la Suprema Corte, invece, "appare ragionevole ritenere che l'espressione “il compenso non sarà dovuto in caso di mancata vendita” debba essere intesa quale vendita non in senso giuridico, ma in senso economico, quale mancata conclusione dell'affare".


Fonte articolo: Idealista.it

Comprare casa nuova o da ristrutturare?

Se siete alla ricerca della casa dei vostri sogni sappiate che comprare un'abitazione nuova o ristrutturare una casa vecchia non è solo una questione di budget.


Sono da considerare, oltre ai costi, la qualità dell’abitare, le garanzie, l’estetica finale e l’attitudine personale.

Ecco un breve vademecum con 3 motivi per comprare nuovo, 3 motivi per acquistare da ristrutturare e le garanzie previste dal Codice Civile per chi compra.


ACQUISTARE IL NUOVO

1. Nuovo per minimizzare i tempi. Se per attitudine siete poco pazienti o andate in ansia di fronte alle incognite, comprare un’abitazione nuova direttamente dal costruttore è sicuramente la scelta più facile perché potrete visionare l’abitazione rendendovi conto della qualità dei materiali, dell’illuminazione degli ambienti, della grandezza dei vani e non avrete che da divertirvi a scegliere gli arredi.


2. Nuovo “sulla carta” per personalizzare risparmiando. Se l’edificio è ancora in fase di costruzione avrete la possibilità di comprare ad un prezzo leggermente inferiore rispetto al finito, mettendo in conto però il tempo necessario all’esecuzione dei lavori mancanti, e potrete anche effettuare modifiche ai materiali o alla disposizione delle pareti interne però senza alterare le strutture portanti e l’ubicazione degli scarichi condominiali per bagni e cucine.


3. Nuovo per un’abitazione moderna ed efficiente. Le nuove abitazioni sono più efficienti energeticamente e già dal 2021 saranno nZEB (a consumo quasi zero), sono sempre più tecnologiche e caratterizzate da materiali innovativi. Le soluzioni architettoniche delle costruzioni più moderne si spingono poi verso forme e proporzioni in grado di coniugare bellezza estetica e tecnologie intelligenti.


ACQUISTARE PER RISTRUTTURARE

1. Ristrutturare per creare ambienti dal fascino unico. Le vecchie case, costruite con tecniche e gusti di un’altra epoca, suscitano interesse perché ricoperte da una patina del tempo che non si può riprodurre in una nuova abitazione. Ristrutturare è una scelta ideale per i creativi che desiderano un’abitazione che rifletta il proprio gusto e che sia unica e inconfondibile.


2. Ristrutturare per godere di volumi e spazi più ampi. Le abitazioni costruite sino agli anni’60 del secolo scorso sono caratterizzate, rispetto a quelle più recenti, da stanze e finestre più ampie, soffitti più alti e dotate di spazi aggiuntivi come ingressi ripostigli e studi mentre le nuove costruzioni sono solitamente calibrate dalle dimensioni minime di legge. Per chi sta riscoprendo il piacere di vivere la casa, i grandi spazi di un’abitazione vecchia da ristrutturare sono l’ideale.


3. Ristrutturare per beneficiare delle agevolazioni fiscali. Le agevolazioni fiscali attive hanno lo scopo di invogliare le persone a recuperare l’esistente diminuendo il consumo di risorse non rinnovabili come il suolo, l’ambiente e l’energia. In quest’ottica il riuso e l’efficientamento delle vecchie abitazioni è la chiave della sostenibilità edilizia italiana per cui chi ristruttura nel 2017 può scegliere tra bonus ristrutturazioni al 50%, ecobonus al 65%, sismabonus dal 50% al 80%, I.V.A. agevolata, bonus arredi e conto termico 2.0.

LE GARANZIE

Ed infine… le garanzie del Codice Civile per chi compra (nuovo e da ristrutturare). Sia che acquistiate nuovo dal costruttore che da ristrutturare tenente presente che il Codice Civile prevede delle garanzie specifiche a tutela della bontà della cosa compravenduta.  In particolare gli articoli 1667 e 1669 del Codice Civile tutelano per dieci anni chi acquista nuovo dal costruttore da vizi occulti, ossia gli danno la possibilità di richiedere alla ditta il pagamento dei danni causati da errori nella costruzione che non erano visibili al momento dell’acquisto.


L’articolo 1490 del Codice Civile tutela invece chi compra per la durata di un anno (sia nuovo che da ristrutturare) da vizi che diminuiscano il valore della cosa ossia da condizioni non note all’acquirente al momento del rogito che incidono sulla qualità della casa a tal punto da diminuirne in maniera quantificabile il valore.  Attenzione: per non perdere le garanzie previste dal Codice Civile è necessario contestare il vizio tempestivamente dalla scoperta.

Fonte articolo: Idealista.it

Chi verifica se c'è ipoteca sulla casa che si sta acquistando?

Tra i compiti del notaio non vi è solo quello di redigere il contratto e verificare le dichiarazioni delle parti; non vi è solo quello di controllare le firme e le dichiarazioni delle parti, registrare la compravendita, trascriverla nei pubblici registri immobiliari e pagare le tasse (coi soldi che gli hai dato tu).


Il notaio è anche tenuto a verificare se, sulla casa da trasferire, vi siano vincoli e gravami come ipoteche e pignoramenti (oltre ovviamente ad accertarsi che sia davvero di proprietà del venditore).

 A tal fine, non può fidarsi di ciò che gli dicono le parti: se anche il venditore presenta una visura ipocatastale, è compito del professionista fare delle autonome verifiche per assicurare all’acquirente che l’atto è efficace e ha effetto.


Quindi, se la vendita ha ad oggetto una casa con un pegno o un’ipoteca è vero che ad essere responsabile è il venditore, ma l’acquirente può agire per il risarcimento del danno anche nei confronti del notaio che ha compiuto il rogito.
Secondo la sentenza della Suprema Corte, il notaio incaricato della stesura di un atto pubblico, avente ad oggetto il trasferimento della proprietà immobiliare, ha l’obbligo contrattuale di verificare lo stato giuridico del bene trasferito, onde garantire alle parti il conseguimento dello scopo tipico dell’atto stipulato e del risultato voluto dalle stesse.


Il notaio può essere dispensato da tale obbligo di verifica solo se, al momento del conferimento del mandato, le parti lo hanno dispensato da una tale verifica.
Se il notaio non adempie a tale obbligo di controllo diventa personalmente responsabile per inadempimento.


In ogni caso, l’obbligo di verifica che compete al notaio e la responsabilità di questi e del venditore non toglie la possibilità che chi acquista, il giorno prima di firmare il rogito, vada all’Ufficio del Territorio presso l’Agenzia dell’Entrate e richieda una visura ipocatastale che dirà tutto del bene che si sta per comprare e metterà al riparo da brutte sorprese.

IL DEPOSITO PREZZO

In tutto questo, la riforma contenuta nella recente legge sulla concorrenza ha stabilito che, se una delle parti glielo chiede, il notaio è tenuto a tenere in deposito le somme dovute per la compravendita e a consegnarle al venditore solo nel momento in cui, eseguita la trascrizione dell’atto, si accorge che non vi sono ostacoli al trasferimento della proprietà. Ne abbiamo parlato in questo articolo.


Fonte articolo: Laleggepertutti.it

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