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Mutuo: ecco quanto tempo serve per ottenerlo

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Ecco la ricerca di Facile.it e Mutui.it, che hanno seguito l’iter di un campione di quasi 1.800 pratiche concluse fra il 2016 ed il 2017, dalla prima richiesta di informazioni fino all’effettiva erogazione il sole sorge e tramonta 134 volte, ovvero servono circa 4 mesi e mezzo.

L’analisi ha evidenziato che esistono differenze importanti nei tempi sia in base alla tipologia di mutuo richiesto – si oscilla fra i 115 giorni del finanziamento per liquidità ai 140 di quello legato alla surroga, in assoluto il più lento – sia in base alla regione in cui si presenta la richiesta di mutuo.

Le più veloci e le più lente

Secondo i dati elaborati da Facile.it e Mutui.it, se si osservano le sole pratiche legate all’acquisto della prima casa, la regione in cui gli aspiranti mutuatari devono aspettare più a lungo è l’Umbria con un tempo medio, fra la prima richiesta di informazioni e l’effettiva erogazione, di ben 153 giorni. Appena sotto la soglia dei 5 mesi la Sardegna ed il Piemonte (entrambe 147 giorni); sopra la media italiana anche Calabria (143 giorni), Puglia (139), Campania (138) e Lombardia (135).

Curiosamente, però, la maglia nera in ambito provinciale è conquistata da Pisa che, con ben 204 giorni di media, è il posto in cui è stato necessario il tempo maggiore per arrivare alla conclusione dell’acquisto immobiliare tramite mutuo.

Osservando la classifica in senso opposto, i mutuatari più fortunati sembrano essere quelli residenti nel Friuli Venezia Giulia, “costretti” ad attendere solo 94 giorni prima di entrare nella loro nuova casa.

Alle loro spalle i richiedenti del Trentino Alto Adige (112 giorni), della Liguria (115) e del Veneto (120 giorni).

Il primato del Friuli Venezia Giulia si conferma anche a livello provinciale con Udine e Gorizia ai primi due posti della classifica delle province più rapide (82 ed 83 giorni in media).

Valori richiesti ed LTV

L’analisi dei due portali ha indagato anche le cifre richieste in media per acquistare la prima casa ed il rapporto fra valore dell’immobile ed importo del mutuo erogato.

In base al primo parametro le richieste di importo maggiore sono state presentate inTrentino Alto Adige con valori appena inferiori ai 151.000 euro; a seguire nel Lazio (145.600 euro) e in Lombardia (134.750 euro), ma sono Sicilia e Campania le regioni in cui pare i mutuatari abbiamo maggiore necessità dell’aiuto della banca dal momento che la cifra che si richiede servirà a finanziare, rispettivamente, il 73% ed il 71% del valore dell’immobile.

I cittadini stranieri in Italia

Gli stranieri che richiedono un mutuo per comprare casa nel nostro Paese sono sempre di più e, per questo motivo, Facile.it e Mutui.it hanno indagato anche se ci siano variazioni nei tempi a seconda della nazionalità del richiedente.

Se per un italiano i tempi medi per concludere un acquisto con mutuo prima casa sono pari a 134 giorni, questo valore si abbassa a 117 se il richiedente ha nazionalità di uno stato europeo non aderente alla moneta unica né facente parte dell’Unione e a 104 se la sua nazionalità è extra europea.

Non bisogna, però, farsi prendere da facili moralismi; il dato va considerato alla luce di forti differenze culturali; un cittadino straniero che sceglie di acquistare casa in Italia tenderà a rivolgersi all’Istituto di credito solo dopo aver effettivamente individuato l’immobile e questo, come abbiamo visto, riduce notevolmente i tempi.

Anche per quello che riguarda le cifre richieste, si evidenziano forti differenze; per un italiano in media 130.000 euro, 107.000 per un europeo “non comunitario” e 102.000 per un extra europeo.

Fonte: Casa.it http://blog.casa.it/2017/07/24/mutuo-tempi-di-erogazione/

 

 

Tari: quali rimborsi chiedere?

I rimborsi della Tari cresciuta con i calcoli illegittimi su box e cantine possono guardare indietro fino al 2014, data di nascita del tributo, e le richieste vanno presentate in carta semplice, senza troppe formalità; a patto di indicare tutti i dati che servono a "identificare il contribuente, l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso", specificando anche la pertinenza che ha generato l’errore.

 

Da escludere rimborsi per la Tares 

Arrivano, e hanno la forma ufficiale della circolare, le istruzioni del Ministero dell’Economia per sciogliere il ginepraio creato dai calcoli sbagliati sul tributo rifiuti. Curiosamente il Ministero, pur ricordando il termine di cinque anni per la prescrizione, esclude la possibilità di chiedere rimborsi anche per il 2013, quando era in vigore un tributo (la Tares) caratterizzato dalle regole poi ereditate dalla Tari, come spiega la stessa circolare. Fuori dal problema, e quindi dai rimborsi, è anche la "Tari puntuale", applicata finora in meno di 300 Comuni che provano a misurare davvero la quantità dei rifiuti prima di calcolare la bolletta.


Rischio rincari per i contribuenti 

Ma ripartiamo da capo. L’errore, come ricordato in queste settimane da Il Sole 24 Ore alla luce della risposta del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta al question time presentato in commissione Finanze alla Camera da Giuseppe L’Abbate del Movimento 5 Stelle, riguarda i criteri seguiti in una serie di Comuni, grandi e piccoli, per applicare la "quota variabile" del tributo.


Accanto alla "quota fissa", che va moltiplicata per i metri quadrati, la Tari prevede infatti una parte variabile, che cambia in base al numero degli abitanti dell’immobile e serve a parametrare il conto alla quantità di rifiuti prodotti. Proprio questa funzione della parte variabile, ribadisce il dipartimento Finanze, determina il meccanismo per il calcolo, che deve applicare la quota variabile una sola volta anche quando l’appartamento è completato da cantine, box e solai. Nei Comuni con l’errore, la quota variabile è stata invece ripetuta per ogni pertinenza autonoma dal punto di vista catastale, gonfiando il conto finale.


Il meccanismo non ha “arricchito” i Sindaci, perché la Tari è misurata in base ai costi del servizio indicati nei piani economico-finanziari dei gestori, e questo apre un problema su come finanziare i rimborsi; con il rischio che gli euro di ritorno nelle tasche dei contribuenti colpiti dal calcolo sbagliato siano spalmati come richieste aggiuntive su tutti gli altri.


Cantiere aperto per i regolamenti locali 

Di questo la circolare non si occupa, perché la sua competenza punta solo a dire l’ultima parola su norme, obblighi dei Comuni e diritti dei contribuenti. I Sindaci sono chiamati a modificare i regolamenti sbagliati, e i cittadini a verificare le bollette perché le discipline locali spesso "non contengono un’espressa e univoca previsione" sui calcoli.


Unica utenza per abitazione e pertinenze 

In effetti il caos è parecchio, ma la circolare spiega che quella giusta è solo la via maestra, e che l’ "utenza domestica deve intendersi comprensiva sia delle superfici adibite a civile abitazione sia delle relative pertinenze". Tradotto, significa che casa, garage, cantina e solaio sono un tutt’uno: la somma della loro superficie serve a calcolare la quota fissa, e la quota variabile va aggiunta una volta sola. Finiscono così in fuorigioco tutti i calcoli alternativi dei Comuni, e considerati corretti dalla nota Anci di mercoledì: a partire dai regolamenti che trattano i garage come utenza "non domestiche". Gli effetti in bolletta sono minori rispetto a quelli delle pertinenze moltiplicate: ma restano illegittimi.


Fonte articolo: IlSole24ore.com

Il bonus mobili rientra nel pacchetto casa 2018

Il bonus mobili rientra nel perimetro della nuova legge di Bilancio.


Con una proroga secca dal 2017 al 2018 per la misura che, dalla sua introduzione nel giugno 2013 fino a tutto il 2016, è stata capace di muovere una spesa pari a oltre 4,5 miliardi di euro, secondo le stime di FederlegnoArredo. 

Il pacchetto della manovra dedicato alla casa, ormai assestato, incassa questa ennesima novità. Il testo del Ddl, atteso in Parlamento tra domani e giovedì, si prepara così a restituire un quadro delle agevolazioni fiscali profondamente rinnovato, dopo gli interventi del Governo, tra conferme, bonus totalmente nuovi e sconti riformati. 


In questa cornice il rinnovo del bonus mobili arriva dopo che, nelle prime bozze della manovra, la misura era stata tagliata. Adesso, mentre il lavoro dei tecnici dell’esecutivo è ancora in corso, riappare in una versione che conferma l’assetto che finora ha funzionato così bene: chi realizza un intervento di ristrutturazione edilizia a partire dal primo gennaio del 2017 potrà agganciare al rinnovamento della sua abitazione anche la detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici in classe non inferiore alla A+. Le spese per l’arredo dovranno essere sostenute nel 2018 e avranno un tetto massimo di 10mila euro. La sostanza, allora, è che viene confermato in blocco l’assetto attuale. Quindi, come avviene già adesso, lo sconto andrà diviso in dieci rate annuali. 


Fonte articolo: IlSole24ore, vetrina web

Stabilità: tutti gli incentivi sulla casa al vaglio del Governo

Totale detraibilità della diagnosi sismica degli edifici e miglioramento delle detrazioni per gli interventi di messa in sicurezza antisismica e efficientamento energetico degli edifici.


Sono le novità che potrebbero approdare nella Legge di Bilancio secondo quanto anticipato dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, durante il convegno "Ecobonus e Sismabonus – La grande occasione per la sicurezza e l’efficienza energetica della casa" organizzato dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance).

 

"Sismabonus ed Ecobonus - ha affermato Delrio - andranno migliorate con la legge di Stabilità prossima, ma sono già disponibili: ci auguriamo che vengano utilizzate specialmente nelle zone sismiche a più alta pericolosità e in tutta Italia".
 
“Gli italiani – ha aggiunto - devono investire molto su questa misura che il Governo ha messo in campo, perché valorizzerà sia la sicurezza che la casa. Il nostro territorio è molto fragile, perché ci sono case dove non andavano costruite, per la sua conformazione, per la sua storia, con il 75% degli edifici risalenti a prima delle norme sismiche. Insomma, si tratta di un Paese che è in coma e in stato di rianimazione e in cui gli infermieri e i medici lo trattano come un malato che ha l'influenza”. 

Per stimolare maggiormente gli investimenti si dovrà quindi correggere il tiro.
 

Sismabonus

Secondo Delrio è fondamentale un "salto di qualità", una sorta di alleanza per risolvere "un tema che non si risolve con le buone iniziative individuali".
Dato che una casa a rischio sismico, ha sottolineato, rappresenta un rischio per sé stessi e per gli altri, “noi dobbiamo prima di tutto classificarla”. Parte da questo presupposto la proposta di rendere completamente detraibile la diagnosi sismica degli edifici.


Al momento la diagnosi sismica è detraibile solo se contestuale al lavoro di adeguamento o miglioramento antisismico. Se, invece, un proprietario vuole conoscere il livello di rischio del suo immobile, ma rimanda i lavori, non ha diritto a nessuna agevolazione.


"Cercheremo – ha aggiunto - di migliorare il fatto che chi non ha tasse da scaricare possa cedere il suo credito ad altri intermediari finanziari e di unire sempre di più il bonus energetico a quello sismico in maniera da fare unici cantieri nei condomìni".

Allo studio anche l'estensione delle agevolazioni all'edilizia popolare.

Ecobonus

Saranno confermate con qualche modifica anche le detrazioni per i lavori di efficientamento energetico degli edifici. L'intenzione è emersa anche in un intervento del Ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, che al Cersaie ha anticipato che scomparirà la detrazione fissa del 65% e saranno introdotte delle aliquote variabili in base agli obiettivi di risparmio energetico ottenuto. Sarà quindi eliminata la detrazione secca e verranno incentivati maggiormente gli interventi di riqualificazione profonda. Per i condomìni si starebbe pensando a una riduzione dell’incentivo e ad alcune restrizioni delle modalità di accesso.

Il Governo proporrà inoltre l’estensione del bonus ai lavori su giardini condominiali e balconi e agli interventi per la rimozione dell’amianto dai tetti. 
 

Efficienza energetica e antisismica, le richieste di Ance

Gli edili hanno sottolineato che su 12,2 milioni di edifici abitativi, il 70% è energivoro, mentre 11,1 milioni di edifici (di tutte le destinazioni d’uso) sono a rischio sismico.
Per invertire la rotta l’Ance ha chiesto la proroga fino al 2020 della detrazione Irpef del 50% dell’Iva sull’acquisto di abitazioni in classe energetica A o B e la proroga fino al 2021 della detrazione per gli interventi di riqualificazione energetica eseguiti sugli edifici esistenti.


L'Ance ha affermato inoltre che sarebbe necessario estendere il sismabonus per l’acquisto di case antisismiche (oggi riconosciuto solo nelle zone 1) alle zone sismiche 2 e 3 e agli edifici produttivi.
Per quanto riguarda i capannoni industriali, gli edili hanno chiesto di elevare il tetto del sismabonus, che al momento è di 96mila euro, come per le abitazioni, ma è considerato troppo basso.


Per fotografare meglio la situazione dei bonus disponibili, l'Ance durante il convegno ha diffuso il vademecum "Ecobonus e Sismabonus - Guida Pratica alle agevolazioni".

Riforma del Catasto

L’Unione Europea continua a raccomandare all’Italia la riforma del Catasto. Tutto per trasferire la tassazione dai fattori produttivi alle rendite. Nell’agenda del Governo torna quindi l’intenzione di abbandonare l’attuale sistema di classificazione, basato sui vani, per abbracciare quello basato sui metri quadri e su indicatori che, valutando la localizzazione e le caratteristiche dell’immobile, siano in grado di stimarne l’effettivo valore.


La riforma del Catasto è l’obiettivo di un disegno di legge presentato lo scorso aprile, ma ancora fermo in Senato.
Per consentire il riequilibrio della pressione fiscale, il Governo sta valutando la reintroduzione dell’imposta sulla prima casa per i redditi alti. L’imposta sulla prima casa colpisce già, lo ricordiamo, le abitazioni di lusso (accatastate come A1, A8 e A9). 


Fonti articolo: 1. Edilportale.com, 2. Edilportale.com

Affitti, prezzi cresciuti del 4% in un anno; perchè?

L'anno accademico è in arrivo. Con una sorpresa sgradita per i fuori sede italiani: i canoni di affitto delle 14 città più popolate da universitari sono cresciuti del 4% nell'arco di un anno e del 9% su scala triennale, con una media di 416 euro per la stanza singola e 302 euro per le doppie in condivisione.


A rivelarlo è l'ufficio studi di Immobiliare.it dopo un'analisi che ha coinvolto i Comuni che attraggono più studenti dall'esterno. 

CITTÀ E PREZZI

Il podio del "caro affitto" vede in cima Milano con singole a 528 euro (+4% rispetto al 2016) e doppie a 388 euro (+12%), seguita da Roma (singole stabili a 439 euro ma doppie in crescita dell'11%, a 333 euro) e Firenze (singola a 401 euro e doppia a 284 euro, con un incremento del 13 e del 14%). In quarta posizione si ripresenta Bologna, anche se il risultato non è da incorniciare: prezzi in aumento a +8,5%, con 355 euro al mese per una singola e 260 per una doppia.


Crescono del 2% i canoni richiesti a Siena, dove per la singola si spendono 336 euro e per la doppia 245 euro a posto letto. Chi sceglie Venezia per studiare o lavorare deve metter in conto una spesa più alta dell’anno scorso: +6% per le singole (333 euro) e +10% per un posto in doppia (252 euro).
Superano di poco i 300 euro i costi per le singole a Napoli, Pisa e Pavia; ma nel capoluogo partenopeo si è assistito a un maggiore aumento dei prezzi delle doppie, cresciuti del 14% in un anno (240 euro al mese).


Le due città più economiche si rilevano essere Palermo (199 euro la singola e 160 la doppia, anche se i costi sono cresciuti del 10%) e Catania: 196 euro e 147 euro, in questo caso però in discesa del 2% rispetto a un anno fa.


Perché i prezzi crescono (soprattutto per le doppie)

Il quadro è anche parziale, perché in città come Milano e Roma si raggiungono costi di oltre 600 e 500 euro per le stanza singole. Ma la crescita più significativa è, in proporzione, quelle delle doppie: nella stessa Milano il rincaro anno su anno (+12%) è pari a tre volte quello delle stanze singole (+4%), mentre a Roma il gap si fa più evidente con prezzi stabili per le stanze "private" e in aumento dell'11% nel caso delle camere in condivisione.


Ma da cosa dipende la crescita dei canoni, con la sua impennata negli ultimi tre anni? A quanto spiegano da Immobiliare.it, l'aumento di prezzo degli alloggi per studenti deriva dalla "concorrenza" di una categoria vicina a livello anagrafico: i giovani lavoratori. Contratti a tempo, rapporti di lavoro freelance e redditi poco sopra i mille euro mensili hanno reso più conveniente optare per abitazioni condivise, piuttosto che puntare direttamente su un immobile privato. 


Per farsene un'idea basta dare un occhio alle retribuzioni medie di un target che dovrebbe essere privilegiato, almeno sulla carta: i laureati. Secondo i dati del consorzio interuniversitario AlmaLaura, un neo-dottore guadagna una media di 1.138 euro netti a un anno dal titolo. Nella sola Milano, basta l'affitto di una singola (528 euro) ad erodere quasi metà dello stipendio. Con un monolocale, affittato anche per 800 euro mensili, si rischierebbe di versare in affitto oltre il 70% delle proprie entrate.


Da qui il ripiego sull'home sharing e il rialzo, conseguente, sulla media dei costi. Come spiega Carlo Giordano, Amministratore delegato di Immobiliare.it, "il tasso di coabitazione dei lavoratori cresce a ritmo superiore di quello degli studenti – dice – Ed essendo i lavoratori più esigenti, è normale che ci sia un aumento dei costi». La logica, prosegue Giordano, è quella di un compromesso: "Insomma – dice – va bene accettare per una casa condivisa, ma "almeno" in stanze singole e pagando di più per alcuni servizi".


Dalle detrazioni alle strategie di ricerca, come si ammortizzano i costi 

Il prezzo intero può essere comunque ammortizzato, se si tengono in considerazione alcuni accorgimenti. Il primo sconto è di natura fiscale, con la detrazione del 19% che scatta per tutti gli affitti pagati dai genitori di studenti iscritti in atenei di città ad almeno 100 chilometri di distanza dal Comune di origine. La misura si applica fino a un tetto di 2.633 euro di spesa, per un risparmio effettivo massimo di circa 500 euro.


In chiave più strategica vale il fattore del tempismo e di un bilancio tra costo e ubicazione dell'alloggio: "Prima di tutto bisogna iniziare a cercare con almeno due-tre mesi di anticipo, per non trovarsi ad accettare costi eccessivi- dice – E comunque, valutare bene aspetti come la mobilità: vale davvero la pena escludere un alloggio per evitarsi 10 minuti di metro, in città come Milano? Se si accetta questo, si può arrivare a risparmiare anche 100 euro al mese".


Fonti articolo: IlSole24ore.com, Helpconsumatori.it

Tutto quello che c'è da sapere sull'Ape, anche nelle compravendite

L’Ape, l’attestato di prestazione energetica, è la carta di identità energetica di un immobile. A cosa serve? Cosa contiete?


Ecco tutte le risposte nella guida di seguito.

 

Ape: cos’è

L’Ape è il documento energetico di un edificio che deve contenere specifici elementi quali:

- la prestazione energetica globale sia in termini di energia primaria totale che di energia primaria non rinnovabile, attraverso i rispettivi indici;

- la classe energetica determinata attraverso l’indice di prestazione energetica globale, espresso in energia primaria non rinnovabile;

- la qualità energetica del fabbricato ai fini del contenimento dei consumi energetici per il riscaldamento e il raffrescamento, attraverso gli indici di prestazione termica utile per la climatizzazione invernale ed estiva dell’edificio;

- i valori di riferimento, quali i requisiti minimi di efficienza energetica vigenti a norma di legge;

- le emissioni di anidride carbonica;

- l’energia esportata;

- le raccomandazioni per il miglioramento dell’efficienza energetica con le proposte degli interventi più significativi ed economicamente convenienti, distinguendo gli interventi di ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione energetica.


Chi deve redigerlo

A redigere l’attestato di prestazione energetica deve essere un tecnico abilitato che deve misurare le caratteristiche energetiche dell’immobile, i consumi, la produzione di acqua calda, il raffrescamento e riscaldamento degli ambienti, il tipo di impianto. Eventuali sistemi di produzione di energia rinnovabile.


La validità

L’Ape ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio ed è aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che riguardi elementi edilizi o impianti tecnici in maniera tale da modificare la classe energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare.


L’Ape negli annunci immobiliari

Quando si deve vendere l’immobile o concederlo in locazione occorre riportare nei relativi annunci immobiliari, l’indice di prestazione energetica dell’involucro edilizio e globale dell’edificio o dell’unità immobiliare e la classe energetica corrispondente. Tutte queste informazioni sono contenute proprio nell’Ape. Se mancano tali informazioni il responsabile dell’annuncio è punito con una sanzione da 500 a 3mila euro.


L’Ape nella compravendita e locazione

E’ necessario allegare al contratto di compravendita o a quello di locazione l’Ape altrimenti si rischia la nullità del contratto stesso. Tale obbligo vale anche in caso di trasferimento a titolo oneroso (permuta, rendita, ecc) o a titolo gratuito (donazione) degli immobili.


Per quanto riguarda la compravendita, prima del trasferimento dell’immobile e comunque sin dal momento della trattativa, il proprietario deve, a sue spese, far redigere l’Attestato e mostrarlo all’acquirente. Al momento del passaggio di proprietà, l’APE andrà consegnato al nuovo proprietario. Nell’atto di vendita inoltre va apposta una specifica clausola con la quale l’acquirente dichiara di aver ricevuto le  informazioni  e  la documentazione,   comprensiva   dell’attestato,   in   ordine    alla prestazione  energetica  dell’immobile. Infine l’Ape va allegato al contratto di vendita, altrimenti il proprietario inadempiente rischia una sanzione tra i 3000 ed i 18000 euro.


Per quanto riguarda il nuovo contratto di locazione, in esso va apposta una specifica clausola con la quale il conduttore dichiara di aver ricevuto informazioni riguarda l’attestato di prestazione energetica. In caso di affitto di singole unità immobiliari l’APE può non essere allegato al contratto ma va comunque obbligatoriamente redatto. Come in caso di compravendita, il proprietario (locatario) deve mostrare l’attestato di prestazione energetica durante le fasi di contrattazione e consegnarlo all’affittuario al momento della registrazione del contratto. In merito alle locazioni inoltre è previsto l’obbligo di allegare l’Ape anche ai contratti di affitti brevi, come quelli turistici.


Chi paga il certificato energetico? 

In caso di compravendita immobiliare, il pagamento dell’APE spetta normalmente al venditore salvo diversi accordi tra le parti. In caso di affitto il costo del certificato APE è sostenuto dal proprietario e non dall’affittuario.


Quando è escluso l’Ape

Per legge sono esclusi dall’obbligo dell’Ape in caso di compravendita o locazione i seguenti immobili:

- fabbricati isolati con superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati;

- edifici adibiti a luoghi di culto;

- manufatti come ruderi;

- edifici il cui utilizzo non prevede l’installazione e l’impiego di sistemi tecnici come box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, ecc.;

- edifici per cui non è necessario assicurare un comfort abitativo perché no destinati alla permanenza di persone quali garage, depositi, cantine, ecc.;

- edifici venduti al rustico.


Fonte articolo: Cosedicasa.com

 

 

Il mercato dell'arredamento in ripresa grazie al bonus mobili

Quando il premier Paolo Gentiloni visiterà il Salone del Mobile di Milano, il bonus mobili sarà in cima alla lista degli argomenti da affrontare durante l’incontro con il presidente di FederlegnoArredo Emanuele Orsini.


È una misura fiscale che permette di detrarre dall’Irpef il 50% del prezzo d’acquisto degli arredi abbinati ai lavori di ristrutturazione, e ha giocato un ruolo determinante nella ripartenza del mercato interno dell’arredamento.

 

Mercato che, dopo un crollo di quasi il 40% tra il 2007 e il 2014, ha invertito la rotta nel 2015 e registrato un importante consolidamento l’anno scorso, con una crescita del 3,1% a quota 9,8 miliardi di euro.


Secondo i dati delle dichiarazioni dei redditi 2016 (anno d’imposta 2015), nei due anni e mezzo della sua applicazione il bonus è stato utilizzato da 573mila contribuenti italiani, che hanno generato acquisti di mobili e grandi elettrodomestici per un totale di 3,14 miliardi di euro, con una spesa media di 5.472 euro.
Un ottimo risultato, secondo il presidente di FederlegnoArredo, che evidenzia come questi numeri si siano tradotti in aziende salvate dal fallimento, soprattutto quelle più piccole e piccole, che nel mercato italiano hanno ancora il loro bacino di consumi principale. Senza contare i posti di lavoro messi in sicurezza: 10mila solo nel primo anno e mezzo.


L’analisi del Sole 24 Ore sui dati ufficiali evidenzia tuttavia un leggero calo (o, meglio, un assestamento) dei nuovi beneficiari della detrazione: nel 2014 se ne erano aggiunti 202mila, nel 2015 sono stati 197mila (-2,8%). Nello stesso anno, però, la spesa portata in detrazione è comunque aumentata (+4,1%), così come l’importo medio dello sconto fiscale, pari a 297 euro, per una spesa media di 5.940 euro.


L’impressione, insomma, è che il bonus mobili abbinato alle ristrutturazioni abbia trovato una propria dimensione naturale e che le regole, così come sono definite, non consentano una grande crescita ulteriore. Del resto, tra il 2013 e il 2015 l’utilizzo del bonus mobili è cresciuto meno della detrazione sui lavori edilizi, cui deve essere per forza abbinato (+13,7% contro +17,5%): un altro elemento su cui meditare.


Va detto anche che l’uso dell’agevolazione è rimasto praticamente invariato nel 2015 in alcune zone strategiche come la Lombardia, da dove arriva un quinto dei beneficiari, mentre – a livello reddituale – è addirittura cresciuto del 6,8% nella fascia tra i 29mila e i 55mila euro, quella intermedia.


Il presidente di FederlegnoArredo mette però l’accento sull’aspetto positivo di questi dati: un bonus costantemente intorno ai 200mila nuovi beneficiari l’anno sarebbe un traino importante per il settore. "Ma per sfruttarne pienamente le potenzialità, strumenti di questo genere devono avere una certa durata nel tempo – osserva Orsini –. Il bonus si è rivelato un sostegno formidabile per l’economia e per l’occupazione, a costo zero per lo Stato".


Per questo FederlegnoArredo chiederà al Governo una sua stabilizzazione, ma anche un suo rafforzamento. A partire dal recupero della detrazione destinata alle giovani coppie, che – introdotta nel 2016 e già eliminata a fine anno – ha avuto troppo poco tempo per mettere in moto concreti benefici per l’economia. Così come l’estensione dell’incentivo a porte e pavimenti in legno (finora esclusi da qualsiasi detrazione) e l’eliminazione del vincolo – introdotto con la proroga a fine 2017 – secondo cui i lavori cui viene abbinato l’acquisto degli arredi devono essere iniziati dal 2016 in poi.


Fonte articolo: IlSole24Ore.com

Prospettive 2017: residenziale oltre 550.000 compravendite, prezzi in rialzo nelle grandi città

Per l’immobiliare il 2016 si è chiuso con un bilancio positivo. I dati evidenziano che nei primi nove mesi c’è stato un incremento medio delle transazioni del 20,3%.


Nomisma stima che l’anno passato si sia chiuso con 517.164 transazioni. Se lo scenario resterà positivo il 2017 registrerà 552.602 compravendite, in rialzo del 6.9% sul 2016.

Milano resta la città con le maggiori prospettive di recupero; qui i prezzi starebbero già registrando alcuni lievi incrementi. Insieme al capoluogo lombardo anche Roma guida il mercato con trend concreti. Altre città come Torino, Bologna, Genova e Firenze vivono tendenze positive per le vendite ma registrano prezzi fermi.


La domanda dinamica e l’offerta che inizia a diminuire, soprattutto sugli immobili di qualità, potrà determinare un’ulteriore contrazione delle tempistiche di vendita e un minore margine di trattativa soprattutto su queste tipologie immobiliari. "Sia il segmento della prima casa sia quello a uso investimento e casa vacanza saranno vivaci - dice Megliola -. Ma se l’immobile è da ristrutturare o presenta degli elementi negativi si venderà solo dopo ulteriori ribassi di prezzo" - dice Fabiana Megliola, responsabile ufficio studi Tecnocasa.


Sempre più marginale è l’acquisto della seconda casa per la prima volta. "È un bisogno scomparso rispetto a dieci anni fa - dice ancora Giordano -. Ed è qui che la crisi di prezzo è molto più sentita. Per i giovani anche l’acquisto della prima casa non è un bisogno pressante, vista la mobilità che ormai li contraddistingue". Anche nel caso delle separazioni la domanda diventa locativa. La domanda abitativa diventa principalmente urbana.
Il mercato della locazione sta migliorando perché i proprietari hanno trovato metodi più sicuri. Formule nuove come la locazione per tempi brevi o per studenti cambiano il panorama.

Uffici: chiuso l’anno con scambi a 3,5 miliardi 

Il comparto non residenziale (commercial) dovrebbe chiudere il 2016, secondo i dati preliminari di Cbre, con volumi pari a 8,9 miliardi di euro, superiori del 9% al totale 2015. Il volume del quarto trimestre è invece superiore del 107% rispetto al trimestre precedente e superiore del 18% rispetto agli ultimi tre mesi dello scorso anno.


Nel 2017, secondo i maggiori esperti, si potrebbe replicare il risultato del 2016, inaspettato perché non influenzato dalle attese e dall’esito del Referendum. Buone le prospettive per gli uffici che nel 2016 ha totalizzato scambi per 3,52 miliardi di euro (1,527 miliardi nell’ultimo trimestre dell’anno).
Gli esperti sono concordi nel dire che per il settore office si conferma l’importanza degli aspetti qualitativi. 


"Per gli immobili “prime” in centro i prezzi sono aumentati molto, anche del 30% - dice Gabriele Bonfiglioli managing director di Coima Sgr -. Il mercato resta asimmetrico, con altre tipologie di immobili da valorizzare, per i quali gli yield sono più elevati. Ma valorizzarli diventa una strategia interessante".


"A consuntivo del 2016 i due mercati di Milano e Roma chiuderanno in positivo in termini di assorbimento - dicono da Gabetti -. Porta Nuova si conferma uno dei quartieri emergenti nella realtà milanese. A Roma la zona più attiva rimane l’Eur".
È sempre nel segmento office che si è conclusa la maggiore vendita del 2016: il portafoglio da 500 milioni di euro che Intesa Sanpaolo ha ceduto a Poste Vita, Generali e Banca Imi.


Retail: prevista una crescita del 20% 

Il segmento retail, nonostante la crisi economica e la situazione critica dei consumi, si è rivelato nel 2016 una asset class di riferimento. I grandi investitori internazionali sono tornati a investire in centri commerciali e nelle High street italiane, una nicchia quest’ultima di successo perché ritenuta non correlata a variabili che potrebbero mettere in pericolo la tenuta del real estate.


Nelle città come Milano, Firenze e Venezia, i flussi turistici garantiscono lo shopping.
"Il retail nel 2016 pesa intorno ai 2,2 miliardi di euro - dice Davide Dalmiglio, head of Capital Markets di JLL in Italia -. Nell’ultimo trimestre c’è stata una buona accelerazione, che pensiamo continui anche nel 2017, con velocità differenti. Il segmento High street continuerà a dominare la scena, i centri commerciali saranno sempre un’asset class interessante ma riteniamo che non avranno una crescita di valori come le vie dello shopping. I volumi potrebbero crescere l’anno prossimo del 20%".


Quali i trend? "L’interesse verso asset di qualità nel Sud - dice Dalmiglio -, ma anche verso retail park e l’attenzione per centri commerciali dominanti e di grandi dimensioni".
Secondo il Cncc, consiglio nazionale dei centri commerciali, la sfida adesso è riportare lo shopping center in città, come avviene in alcune capitali europee. Un progetto al quale Cncc sta lavorando con il Demanio per fare incontrare investitori e Stato, il quale potrebbe mettere a disposizione immobili dimessi ma in posizioni appetibili.


Fonti articolo: 1. Ilsole24ore.com, 2. Ilsole24ore.com

 

 

Italiani e mercato immobiliare: "600mila compravendite idonee per il nostro Paese"

Stando anche alle recenti notizie da parte dell’Istat, il mercato immobiliare sta dando segni di ripresa non solo nell’ambito dei contratti di compravendita, aumentate fino al 21,8% (rispetto al periodo aprile-giugno dello scorso anno), ma anche di finanziamenti, mutui e obbligazioni varie con costituzione di ipoteca immobiliare (stipulati con banche o altri soggetti).


Lo stesso Notariato segnala un dato positivo con un incremento degli atti notarili maggiore nelle città metropolitane, +33,5%, rispetto ai piccoli centri, +26,0% (contro +29,2% della media complessiva). 

Il 2016 è un anno di svolta per il mercato residenziale che registra anche nell'ultimo trimestre crescite a due cifre delle compravendite. E anche se difficilmente si raggiungeranno i livelli del 2006, con 800mila transazioni, "un livello di 500-600mila compravendite è il più idoneo a un Paese come l'Italia", dove a cambiare è la domanda abitativa. "Ciò sia perché c'è una fascia di popolazione che ha ancora bisogno di un'abitazione principale, sia per il naturale ricambio che ci può essere nel corso di una vita". E dove, però, "il patrimonio immobiliare non è idoneo a rispondere alle mutate esigenze". A dirlo è Gianni Guerrieri, direttore centrale dell'Osservatorio sul Mercato Immobilare dell'Agenzia delle Entrate (Omise).


Infatti "sulla domanda abitativa influiscono sia i fabbisogni derivanti dall'allungamento della vita (molti anziani rimangano in due o da soli) sia dal fatto che ci sono molte famiglie mononucleari e questo spinge a un fabbisogno abitativo transeunte. Non è più la famiglia che si forma e rimane insieme per trent'anni, ma è transitoria. Le abitazioni non sono idonee alle attuali esigenze abitative, sia per gli anziani, ma anche per le giovani coppie che utilizzano gli spazi in maniera diversa da quanto facevano le famiglie tradizionali".


Emergono notevoli miglioramenti anche per i segmenti commerciale, produttivo e terziario che toccano diverse aree geografiche. Per quale motivo? A favore i prezzi in calo e i tassi di interesse sui mutui piuttosto bassi. Ma vediamo meglio i settori in maniera distinta:

- Segmento residenziale: ha un tasso di crescita pari al +23,1% per il sesto semestre consecutivo. Mentre le compravendite non residenziali hanno registrato un +16,4%.

- Segmento produttivo: all’interno del comparto non residenziale ha il più alto tasso di crescita, pari al +28,7%. A questa consistente crescita segue quella delle abitazioni, pari al +22,9%.

- Segmento commerciale: pur continuando a crescere, +12,9%, non presenta comunque un tasso migliore rispetto al semestre precedente.

- Segmento terziario: oggi ha un tasso di crescita pari al +14,7%, mentre per decenni registrava tassi negativi o tendenti allo zero. 
 

In quali città sono aumentate le compravendite di immobili?

Secondo quanto analizzato dalle Entrate, le compravendite di immobili ad uso residenziale sono aumentate in maniera evidente in particolare nelle grandi città, riportando i seguenti tassi di crescita:

Bologna: +33,5%

Milano: +29,7%

Napoli: +25,3%

Torino: 24,3%

Firenze: 23,3%

Roma: +12,4%

Palermo: +12%

Si tenga conto anche di questa suddivisione comprendente diverse aree territoriali del Paese, con relativi dati dell’incremento delle vendite nel settore immobiliare: Nordovest +20,7%; Isole +16,5%; Sud +16,3%; Centro +15,8%.

Prezzi e mutui più convenienti

Sembra che a invogliare un numero crescente di italiani ad investire per l’acquisto di una nuova abitazione, siano soprattutto dei mutui molto più convenienti e più frequentemente erogati da parte delle banche. Si registra, inoltre, che mentre i mercati intermedi oggi detengono il primato sulla percentuale delle compravendite intermediate, sostenute da credito, che si aggira intorno al 70%, i mercati metropolitani si aggirano invece attorno al 60%.


Un sondaggio di Banca Italia Tecnoborsa effettuato sempre sul residenziale sottolinea che la quota di acquisti finanziati con mutuo ipotecario raggiunge il 76,1% contro il precedente 73,8%. Stessa sorte per il rapporto tra prestito e valore dell’immobile, ora al 73,8% dal 69,3% dell’indagine precedente. 


Ma la ripresa del mercato da che cosa è supportata? In particolare, è agevolata dal calo dei prezzi di vendita. A tal proposito, è opportuno evidenziare alcuni dati salienti circa l’ultima variazione annuale dei prezzi caratterizzanti l’anno 2015/2016: essa risultata compresa tra il -3,5% dei capannoni e il -1,5% delle abitazioni nuove; mentre le abitazioni usate, gli uffici e i negozi, hanno fatto registrare flessioni rispettivamente del 2%, 2,1% e 2,3%.

Affitto a canone concordato: è il più richiesto tra i giovani 

Anche la locazione della casa da acquistare, rappresenta una componente rilevante del mercato immobiliare italiano. In merito, si precisa che la curiosità e richiesta di locazione dell’abitazione proviene in larga parte dai giovani. Si tratta sia di giovani che sono in cerca di una soluzione congeniale, all’insegna dell’indipendenza, una volta distaccati dai loro familiari, sia di giovani che si sono sposati o si sono trasferiti, soprattutto nel Mezzogiorno o Centro Nord, per questioni lavorative o formative. Negli ultimi due anni, tra le tipologie di contratti stipulati per la locazione quello che ha avuto la maggiore diffusione è l’affitto a canone concordato, che rappresenta oggi il 44,1% del totale. 


Fonti articolo: Visureitalia.comIdealista.itMutuionline.it

Agevolazioni prima casa estesi a 12 mesi

Con la nuova Legge di Stabilità le agevolazioni fiscali della “prima casa” potranno essere essere applicate, in certi casi, anche laddove si sia proprietari di un immobile che già gode di tali agevolazioni, a patto che esso venga venduto entro un anno dal nuovo acquisto agevolato


Tale regola, entrata in vigore a partire dal 1 gennaio va a sostituire il precedente iter giuridico, che condizionava le agevolazioni alla dismissione dell’immobile “prima casa” entro il momento di stipula del nuovo contratto.

La Legge di Stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha introdotto un nuovo presupposto applicativo dell'agevolazione “prima casa”: infatti, l'articolo 1, comma 55, aggiungendo il nuovo comma 4-bis alla nota II-bis, tariffa, parte prima, allegata al Dpr 26 aprile 1986, numero 131 (il testo unico dell'imposta di registro), in certi casi permette ora al contribuente che intenda nuovamente beneficiare dell'agevolazione “prima casa”, ma che abbia la titolarità di un diritto impediente l'avvalimento dell'agevolazione stessa, di non dover più dismettere (come accadeva fino al 31 dicembre 2015) detta titolarità entro il momento di stipula del nuovo acquisto agevolato, ma di poter effettuare detta dismissione entro un anno dalla data del nuovo acquisto agevolato. 


Addentrandosi più nello specifico, i presupposti necessari per avvalersi delle agevolazioni “prima casa” sono i seguenti:

  1. L’acquirente non deve essere “titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni”;


  2. L’acquirente non deve essere “titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare”.

 

Quelle sopra menzionate sono dunque le situazioni di “prepossidenza” tali da impedire le agevolazioni “prima casa” in un nuovo acquisto immobiliare: una situazione che può essere sbloccata dalla dismissione entro un anno nei casi in cui tale “prepossidenza” sia stata provocata da un acquisto effettuato con le agevolazioni.


Non sarà possibile, invece, godere di questo anno di tempo (successivo al nuovo acquisto) disponibile per dismettere la prepossidenza nei casi in cui essa non derivi dall’acquisto effettuato con le agevolazioni (ad esempio se si tratta di un acquisto per successione ereditaria o un acquisto mediante un contratto di compravendita non agevolato).


Fonti articolo: IlSole24Ore.com e Wallstreetitalia.com

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